Juana Romani, da modella a pittrice

A cento anni dalla morte di Juana Romani (Velletri, 1867 – Suresnes, 1923), dopo quasi un secolo di oblio, la figura dell’artista italiana più famosa della Belle Époque è stata da poco riscoperta.

Il 22 dicembre 2017, in occasione del 150° anniversario della nascita, presso il Convento del Carmine di Velletri è stata inaugurata la mostra Juana Romani: la petite Italienne. Da modella a pittrice nella Parigi fin-de-siècle, a cura dell’Accademia di Belle Arti di Roma, in collaborazione con la Fondazione Arte e Cultura Città di Velletri. E nel 2021 la prima retrospettiva francese al Museo Roybet Fould, a Courbevoie, alle porte di Parigi, la mostra digitale Juana Romani, modèle et peintre. Un rêve d’absolu.

Ritratto di Temistocle Romani, Juana Romani

La sua è stata una vita avventurosa e tragica. Manuela Schiavi, la madre, contrasse matrimonio con Giacinto Carlesimo nel 1867. Lo stesso anno nacque a Velletri la figlia, col nome di Giovanna Carolina Carlesimo. Giacinto entrò a far parte del brigantaggio politico prima e criminoso poi, e abbandonò moglie e figlia; Manuela, sarta, bella e analfabeta, viene assunta come domestica in casa di ricchi proprietari terrieri, i Romani, dove porta con sé la bambina. Temistocle, il figlio del padrone, si innamora di Manuela, ma la morale del tempo non poteva accettare l’unione di una povera sarta, peraltro moglie di un brigante, con un discendente di una ricca famiglia.
Nel 1877 Temistocle porta con sé madre e figlia a Parigi, dove, essendo morto in circostanze misteriose Giacinto, si sposano l’anno dopo.

Giovanna a quattordici anni inizia la sua carriera di modella cominciando a posare per le grandi scuole d’arte. È un lavoro durissimo, che la costringe ore ed ore svestita, al freddo, e in ambienti insalubri, ma le dà l’opportunità di prendere consapevolezza del proprio talento e di acquisire molte tecniche osservando i pittori che la ritraggono. Victor Prouvé la immortala nel suo Sardanapale e in numerosi studi. Raphael Collin, pittore di origine americana, la ritrae in Intimité. Jean-Jacques Henner, grande ritrattista, la dipinge in numerosi studi, Solitude, Liseuse, Hérodiade, che mettono in risalto la sua bellezza.

Liseuse (sin.) – Solitude (dex), Jean-Jacques Henner
Foto di Juana Romani (sin) – Juana Romani a lavoro (dex)

Dagli artisti per cui posa apprende l’arte della pittura, e all’età di diciannove anni smette di fare la modella per dedicarsi alla pittura. Lascia l’abitazione in cui viveva con la madre e il patrigno e si trasferisce a Montparnasse, dove vive in totale libertà di costumi, acquisisce un personalissimo stile francese che si evidenzia nell’abbigliamento, nel cambio del nome da Giovanna a Juana, e frequenta personaggi illustri, scrittori, poeti.  Nel 1888, a ventun anni, partecipa al suo primo Salon; comincia a esporre regolarmente fino al 1904. I viaggi in Italia e in Spagna consolidano le sue conoscenze e l’avvicinano all’arte fiamminga e italiana del Seicento. Al Museo del Prado Juana studia accuratamente i dipinti di Velázquez, le pose, gli incarnati, i ricchi tessuti damascati delle vesti.

Ormai è una donna completamente nuova e perfettamente integrata nella Parigi mondana, e le sue opere saranno sempre più richieste dagli esponenti dell’alta borghesia e della nobiltà, francese e internazionale.

Desdemona (sin.) – La figlia di Theodora (dex), Juana Romani

Ne La Figlia di Teodora, che rappresenta la figlia dell’imperatrice bizantina Teodora vissuta nel VI sec, è visibile il primo tentativo di uno stile personale: sfondo neutro su cui risalta il busto di donna vestita di ricchi tessuti damascati. I suoi soggetti preferiti sono figure femminili, eroiche e guerriere, seducenti, impregnate di erotismo, ma anche di malinconia, legate al mondo della letteratura o della lirica (Angelica, Graziella, Desdemona), alla storia biblica (Erodiade, Giuditta, Salomé), o sono personaggi storici a cui l’artista presta il volto suo o quello di sue amiche.

Salomé (sin) – Angelica (dex), Juana Romani
Giovanna d’Arco (sin) – Giuditta (dex), Juana Romani

La critica italiana la stronca: la sua Angelica, esposta alla Biennale di Venezia del 1901,viene definita “una figura di tisica, vestita da prete russo”. Ma la critica ufficiale in Francia riconosce il talento di Juana e l’accosta alla tradizione italiana e veneta in particolare. Ben inserita nel mondo della borghesia e aristocrazia europea, si dedica ai ritratti, come quelli della principessa Murat o della baronessa de Rothschild, di M.lle Guillemet o di Leonora d’Este. Si rifiuta di aderire ad associazioni di “femmes peintres”, ma è tra le prime a rivendicare la parità di genere con opere quali Mina da Fiesole, ritratto in cui compare come una donna nei panni del celebre scultore rinascimentale, ammiratissimo da lei, Mino da Fiesole, riuscendo così ad anticipare le moderne posizioni sull’abbattimento delle discriminazioni di genere.

Mina da Fiesole (sin) – M.lle Gillemet (centro) – Leonora d’Este (dex), Juana-Romani
Ragazzo con orecchini (sin.) – Primavera (dex), Juana Romani

Medaglia d’argento a ventidue anni nella sezione italiana di pittura all’Esposizione Universale del 1889, i suoi quadri hanno quotazioni altissime e tutti i grandi artisti la considerano loro pari. La fortuna di Juana Romani, sia di critica che di pubblico, raggiunge l’apoteosi negli anni a cavallo tra ‘800 e ‘900 e il consenso le procura innumerevoli commissioni e grandi ricchezze, che però vengono continuamente dissipate a causa delle regole richieste dal suo personaggio. Juana compare nella copertina di numerose riviste, francesi e italiane. Verso la fine dell’Ottocento promuove i colori Léfranc e nel 1902 i profumi della Lanthéric.

Juana Romani in una pubblicità per il profumo Lentheric

Nel 1901 si reca in visita ufficiale alla sua città di origine insieme al maestro Roybet, il poeta Trilussa e il suo amico Antoine Lumière, padre dei fratelli Lumière. Per l’occasione Juana regala alla cittadinanza un cinematografo. In Francia è molto apprezzata, mentre in Italia, anche se viene accolta in pompa magna, viene snobbata per il suo pariginismo. Per quanto conduca una vita di vizi e di dissipazioni, Juana non perde mai il senso di appartenenza all’Italia: organizza feste a tema come “la serata all’italiana”, dove vengono consumati prodotti del Lazio, e a Velletri, per riscattare un’infanzia infelice, fa ingenti donazioni per permettere gli studi a giovani non abbienti.

Nel 1903 cominciano le prime crisi, segni di una malattia mentale. Nel 1905 viene rinchiusa nella Maison de Santé d’Ivry-sur-Seine, vicino Parigi; il New York Times il 3 dicembre 1905 scrive: «M.lle Romani non dipingerà mai più poiché è stata colpita da una malattia mentale ed è stata ricoverata in una casa di cura … Una triste fine per una donna di talento». Dopo la morte della madre Manuela (1909), Juana sarà assistita unicamente dalla sua migliore amica Consuelo Fould e dal suo amante Roybet. Il grave stato di salute si alterna a miracolose guarigioni, specie negli anni 1913-14, quando riesce persino a tornare a lavorare. Dopo essere stata internata in diversi manicomi francesi, dopo la morte di Roybet (1920), muore il 13 giugno 1923, dimenticata da tutti.

Fior d’Alpe (sin.) – Tizianella (dex), Juana Romani

Come pittrice ha tratto ispirazione da pittori antichi come Velázquez, ma anche da pittori suoi contemporanei, come Simbolisti e soprattutto Preraffaelliti. I punti di forza della sua arte sono la maestria nel disegno e la padronanza del colore; spesso dipinge direttamente sulla tela senza disegno preliminare, e vende molte delle sue immagini prima che siano finite. I suoi ritratti non sono mai stereotipati, ma pieni di vita e di espressione.

In copertina: Ritratto di Juana Romani (part.), Ferdinand Roybet.

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Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.

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