La facciata di Porta Pia che guarda verso via XX Settembre, quella progettata da Michelangelo nella seconda metà del ‘500, mantiene il suo aspetto scenografico originario. La porta michelangiolesca concludeva il percorso rettilineo della via Pia e lo faceva in modo elegante, con superfici in laterizio ed elementi architettonici e decorativi in travertino. Intorno ville, orti e giardini di cui rimangono poche tracce, cancellate dalla febbre edilizia e speculativa post unitaria.
Quasi davanti all’ambasciata di Gran Bretagna, al numero civico 68 di via XX Settembre, ha abitato a lungo Olga Resnevič, medica, traduttrice e biografa di Eleonora Duse, compagna di vita e di passioni di Angelo Signorelli, come lei medico. Con loro le tre figlie: Maria, che diventò una celebre burattinaia oltre che scenografa e costumista, Vera ed Elena.

Olga e Angelo amarono profondamente la loro professione e allo stesso tempo ogni forma d’arte. Nella prima metà del Novecento la loro casa divenne luogo di incontro per moltissimi protagonisti della poesia, della letteratura, dello spettacolo, dell’arte, della musica. Questa quinta targa immaginaria vuole ricordare l’atmosfera e l’ambiente culturale voluti e coltivati con amore da Olga.
Per dirla con le parole della loro primogenita Maria, l’appartamento di via XX Settembre fu «meta per chiunque, romano o no, cercasse conforto e comprensione ai propri problemi di natura fisica o spirituale o anelasse alla comunione con anime affini».

Olga e Angelo si trasferirono in questa abitazione nel 1910. L’appartamento occupava due piani, il mezzanino e il seminterrato dell’edificio ed era insieme studio medico e dimora per loro e per le figlie. Un ambiente aperto su un piccolo giardino accoglieva i pazienti in attesa di essere visitati e curati; in molte delle altre stanze, per decenni, la vita di famiglia si intrecciò con quella di ospiti illustri, internazionali come Auguste Rodin, Gordon Craig, Tat’jana Tolstàja, Serge Diaghilev, la scultrice Ekaterina Barjansky,


Natalia Goncharova e Michail Larionov, o nazionali come Sibilla Aleramo, Eleonora Duse, Giorgio De Chirico e suo fratello Andrea Savino, Filippo De Pisis, Armando Spadini, Giuseppe Ungaretti, Luigi Pirandello, Filippo Tommaso Marinetti, Vincenzo Cardarelli, solo per ricordarne alcuni. Intellettuali, critici e studiosi legati alla rivista La Voce, da Papini a Prezzolini, da Emilio Cecchi ad Alberto Spaini, si incontravano nel cosiddetto salottino rosso per discutere i problemi culturali e sociali del loro tempo; ogni mercoledì nella stanza con il caminetto e nella camera delle tre figlie, quella col pianoforte, si organizzavano serate musicali in cui a esibirsi erano Alfredo Casella, Nicola Janigro e Alfred Cortot al piano, Arrigo Serato, Mario Corti e Giulio Natali al violino, il violoncellista Livio Boni, la cantante lirica Salomea Krusceniski, grande interprete pucciniana e wagneriana.

Venivano eseguiti brani di Bach, Beethoven, Brahms, chiunque poteva seguire le prove e il concerto, la porta d’ingresso della casa restava aperta per evitare che il suono del campanello disturbasse musicisti e pubblico. Anche Rodin, quando soggiornava a Roma, amava partecipare preferendo però ascoltare musiche di Bach e Beethoven; appena risuonavano le note brahmsiane abbandonava la compagnia tralasciando anche i convenevoli dei ringraziamenti e dei saluti. Nel corso di uno di questi mercoledì musicali, nel 1915, fece la comparsa Eleonora Duse accompagnata dallo scrittore Giovanni Cena. Fu l’inizio dell’intenso e duraturo rapporto con Olga.

Era una casa piena di opere d’arte, dalla collezione di reperti archeologici ‒ grande passione di Angelo ‒ ai disegni e ai dipinti di artisti italiani ancora poco conosciuti come Spadini, Depero, De Chirico, Carena e molti altri ancora. L’acquisto o la commissione di opere erano il modo premuroso e garbato di Olga e Angelo di aiutare gli amici artisti in difficoltà economiche. Quando nel 1924, nel ridotto del Teatro Nazionale, fu allestita una mostra di De Pisis, le critiche negative e l’insuccesso dell’esposizione li spinsero ad acquistare pressoché in blocco le opere del pittore.

Attraverso una scala a chiocciola si scendeva nel seminterrato dove erano la cucina e la sala da pranzo, un ambiente tutto bianco decorato con piatti colorati acquistati da Angelo Signorelli in Friuli, dove fu medico durante il primo conflitto mondiale. Il contrasto fra le pareti bianche e le vivaci decorazioni dei piatti di terracotta piacque ai pittori Michail Larionov e Natalia Goncharova, giunti a Roma al seguito della compagnia dei Balletti Russi di Sergej Diagilev.

I due pittori russi divennero in breve tempo amici di Olga e Angelo e spesso la domenica sera andavano a cena nell’appartamento di via XX Settembre. Fu durante una di quelle serate che a Larionov venne l’idea di arricchire la collezione con altri piatti decorati da Natalia. I bozzetti per le terrecotte, nelle loro intenzioni, dovevano essere inviati in Friuli ad Angelo, che li avrebbe consegnati a qualche laboratorio di ceramica per la realizzazione. Questo curioso su e giù di disegni e ceramiche lungo la Penisola alla fine non si concretizzò a causa della guerra, ma la suggestione di una camera allegramente tappezzata di immagini colorate piacque ai padroni di casa. Non potendo contare sui piatti di ceramica, decisero di appendere al loro posto i bozzetti di Natalia; in seguito trovarono collocazione nella sala da pranzo anche alcune lettere in pittura scritte da Michail Larionov ad Angelo Signorelli.
Quello di Olga fu un salotto culturale poco accademico ma molto intenso e partecipato, in cui l’affetto dei nuovi e vecchi amici si intrecciava agli interessi culturali e artistici. Neanche negli anni difficili della Prima guerra mondiale l’appartamento smise di essere il centro di una salda rete di relazioni emotive e intellettuali. Molti dei frequentatori abituali furono costretti ad andare nelle zone di guerra o partirono volontari. Olga scrisse loro costantemente, cercando di alleviarne la condizione dolorosa. Il ricordo della calda accoglienza in via XX Settembre era un toccasana per chi, lontano, viveva uno stato di perenne «tristezza dell’anima che vuole solo paesaggi di nebbia, silenzi di cose morte, voci sommesse di gente che pena», come scrisse Licurgo Baldacci nel 1916 dall’ospedale di Udine. Quegli ambienti erano lontani eppure, nella sua memoria di soldato al fronte, mantenevano intatti il fascino e l’intensità emotiva di «quando intorno all’amico samovar ci si riuniva per rinsaldare gli affetti nostri, a discutere di arte e letteratura, di politica, di guerra, e anche a fare un poco di … cordiale pettegolezzo discreto».
Fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale la casa di via XX Settembre restò un punto di riferimento culturale, nonostante la crisi nella relazione di coppia che portò Olga a soggiornare sempre più spesso lontano e Angelo a cominciare una nuova storia d’amore. Tra di loro l’affetto e la stima non vennero mai meno e questo collante, insieme al disinteresse per le convenzioni sociali, portò Olga a convivere con la nuova compagna di Angelo e la figlioletta nata dal loro rapporto, fino a quando Olga preferì per sé una nuova vita e una nuova casa ai piedi del Gianicolo.
***
Articolo di Barbara Belotti

Dopo aver insegnato per oltre trent’anni Storia dell’arte nella scuola superiore, si occupa ora di storia, cultura e didattica di genere e scrive sui temi della toponomastica femminile per diverse testate e pubblicazioni. Fa parte del Comitato scientifico della Rete per la parità e della Commissione Consultiva Toponomastica del Comune di Roma.

Un commento