L’industria alimentare è un settore formato dalle imprese atte alla lavorazione e alla trasformazione di prodotti agricoli, zootecnici, divenuta fondamentale per la nostra società. Nel corso del tempo ha subito notevoli cambiamenti legati soprattutto alle evoluzioni degli stili di vita nei paesi più sviluppati.

Le sue radici si potrebbero legare alle prime forme di agricoltura e produzione alimentare, ovvero quando le comunità hanno iniziato a sviluppare metodi di conservazione degli alimenti, come l’essiccazione e la fermentazione, per garantire una fornitura di cibo durante i periodi di scarsità. Tuttavia, si può parlare davvero di industria alimentare quando, tra il XVIII e il XX secolo, nella produzione di cibo subentrano i processi industriali che hanno generato una particolare rivoluzione dei consumi e della cultura alimentare.

I cambiamenti sono stati numerosi, portando a una distribuzione del cibo su larga scala, benché con le solite differenze tra paesi più ricchi e più poveri: via via le macchine hanno sostituito il lavoro manuale e l’introduzione della chimica in agricoltura, lo scardinamento delle distanze con le ferrovie e le navi a vapore, i nuovi sistemi di conservazione, proprio a questo periodo si ascrive l’invenzione del frigorifero brevettato nel 1851 da John Gorrie e perfezionato in seguito da Franz Windhausen, Ferdinand Carré e Charles Tellier. Il cambiamento più profondo è certamente legato alla meccanizzazione e all’automazione dei processi di produzione che hanno attivato profonde modificazioni nei meccanismi di produzione e di trasformazione del cibo, cambiando lentamente e inesorabilmente i modelli di riferimento tradizionali nei vari paesi. Il padre dell’industria conserviera è ritenuto François Appert, nella sua fabbrica di conserve adottò un processo di sterilizzazione legato certamente alle ricerche sui microbi di Pasteur: le carni e le verdure, già cotte, venivano riposte in contenitori di vetro sigillato e poi sottoposte di nuovo a bollitura all’interno del recipiente.

Militari e marinai furono i suoi maggiori clienti per le spedizioni di guerra e i rifornimenti di bordo; a tal proposito, nel 1810 pubblica un manuale dal titolo L’Arte di conservare tutte le sostanze animali e vegetali, tradotto anche in inglese e tedesco. Tra il 1830 e il 1840 l’inglese Peter Durand sperimenta per la prima volta i recipienti di latta, anche in Germania si sviluppa l’industria dei cibi in scatola con Daubert e Hahn che operano una radicale trasformazione della stessa agricoltura orientando le scelte compatibili con le tecniche conserviere, coltivando cibi che sembravano loro più facilmente conservabili come gli asparagi. Negli Stati Uniti l’industria conserviera si sviluppa durante la Guerra di secessione, per gli approvvigionamenti militari. In Italia il primo industriale conserviero è il torinese Francesco Cirio, dapprima esportatore di prodotti freschi sui vagoni frigoriferi e poi fabbricante di piselli in scatola, solamente agli inizi del Novecento svilupperà la produzione di pomodori pelati.
L’industria si sviluppa avendo come condizione fondamentale l’assorbimento graduale delle attività precedenti, conquistando così progressivamente il territorio. Ad esempio, il grano macinato dal mugnaio tradizionale, protagonista di racconti e leggende, proviene da una zona vicina al mulino, l’acqua e il vento che muovono le pale sono gratuiti e le eventuali riparazioni sono poco costose. Al contrario, il grano prodotto in Inghilterra nella seconda metà del XIX secolo proveniva da regioni remote, come gli Stati Uniti e l’Ucraina che garantivano il 15% del fabbisogno nel 1850 e l’85% nel 1914, richiedendo il trasporto su lunghe distanze. Nonostante ciò, questo grano arrivava sul mercato inglese a prezzi concorrenziali rispetto al grano locale, grazie alla riduzione dei costi di trasporto e ai modesti margini di guadagno di questi paesi. Il cambiamento dell’area di approvvigionamento delle materie prime, soprattutto per il grano, ha avuto conseguenze significative perché nulla era più gratuito. Le grandi industrie di macinazione, concentrate vicino ai porti, tendevano a eliminare i “piccoli mulini”. Questa concentrazione economica si inseriva in un processo di espansione e allo stesso tempo di restringimento dello spazio: il grano proveniva da terre situate a migliaia di chilometri di distanza, ma il basso costo di produzione e il calo dei costi di trasporto avvicinavano le zone di produzione a quelle di consumo. La classe operaia, trovandosi di fronte a una crescente varietà di prodotti, ha gradualmente modificato la propria dieta sia in termini quantitativi che qualitativi rispetto al passato: i cereali hanno perso importanza di fronte all’aumento del consumo di carne, ma tra questi il consumo di frumento è cresciuto. Durante il XIX secolo, per la prima volta nella storia, la farina e il pane bianco hanno smesso di essere un lusso riservato a poche persone e sono diventati progressivamente un alimento accessibile a tutta la popolazione.

Si sono così diffusi nuovi stili e gusti alimentari rispetto al passato, portando a un ampio utilizzo di prodotti alimentari, per esempio l’introduzione della catena di montaggio e delle nuove tecnologie di confezionamento ha reso possibile la produzione rapida di cibi confezionati e pronti per il consumo, consentendo una maggiore disponibilità di cibo a prezzi accessibili alle masse, nonché la fondazione di industrie e dei relativi marchi riconosciuti via via a livello globale, come Heinz, Swift, Nestlé.

i Water Polo della Saiwa
Altra importante innovazione si è avuta nella produzione del latte, infatti si è intensificata la produzione del latte pastorizzato e sterilizzato e, successivamente, del latte omogeneizzato che migliora e prolunga la distribuzione a grandi distanze anche per via della lunga scadenza, senza ricorrere alla refrigerazione durante il trasporto che invece occorre per il latte pastorizzato. Altro settore importante è quello enologico per il quale si è sviluppata la lavorazione centralizzata delle uve in grandi stabilimenti e cantine, consentendo una maggiore resa in vino delle uve e un prodotto di migliore qualità ancora a un costo minore. La “conquista del freddo” ha altresì contribuito a un sempre maggiore consumo anche di quei cibi che per secoli erano stati tipici delle tavole di chi era più abbiente, si pensi appunto alla carne e al pesce, addirittura la prima è diventata un alimento diffuso per via delle importazioni dall’Argentina o dall’Australia, le cui immense pianure sono diventate vere e proprie dispensa per gli Europei.
Tuttavia, se il miglioramento delle produzioni e delle conservazioni e il minor costo dovuto alla delocalizzazione del sistema alimentare hanno permesso la sconfitta della fame in Europa, ciò è avvenuto con lo sfruttamento dei paesi colonizzati o controllati politicamente le cui risorse vengono interamente impiegate per i consumi dei più ricchi e potenti del mondo.
Importante nell’industria alimentare è stato ed è il ruolo delle donne che gestiscono fattorie, aziende agricole e hanno trasformato e migliorato questo ambito in molte parti del mondo; svolgendo un compito fondamentale nella sicurezza e nella sostenibilità, in cui la loro dedizione ha permesso di mantenere viva la diversità delle colture e preservare le pratiche agricole sostenibili. Esse attuano una funzione significativa nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie e prodotti più salutari, alternative vegetariane e vegane e tecniche di conservazione che riducono lo spreco alimentare. Inoltre, stanno assumendo posizioni sempre più di leadership anche nel settore della ristorazione, della produzione alimentare e della distribuzione. Sono anche impegnate nella promozione di diete, affrontando sfide come l’obesità e le malattie correlate all’alimentazione, promuovendo una maggiore sensibilizzazione sull’importanza di scelte alimentari nel rispetto dell’ambiente, della tutela delle persone e una consapevolezza di una nutrizione equilibrata, sviluppando prodotti più sani e bilanciati. Inoltre molte organizzazioni non governative o organizzazioni internazionali sono guidate dalle donne per affrontare le questioni cruciali legate alla fame, alla malnutrizione e al cibo sicuro e sano.

Negli ultimi decenni l’industria alimentare ha continuato a evolversi sviluppando nuove tecnologie di produzione, come la biotecnologia e l’ingegneria genetica che hanno creato alimenti modificati geneticamente per affrontare sfide come la scarsità di risorse e le malattie delle colture e per soddisfare le preferenze e le esigenze dei consumatori. È passata da semplici forme di produzione e conservazione dei cibi alle complesse reti di distribuzione e commercializzazione, attraverso l’innovazione tecnologica la produzione di massa è diventata uno dei settori chiave dell’economia mondiale.
Ciononostante, in un mondo in cui i bisogni e i profitti hanno un’influenza sempre maggiore, insieme alla crescente preoccupazione per la produttività e la devastazione ambientale, i consumatori e le consumatrici stanno diventando sempre più consapevoli dell’origine degli alimenti, delle pratiche di produzione, della riduzione degli sprechi e della trasparenza nelle catene di approvvigionamento. Oggi l’unica sfida attuabile è la sostenibilità ambientale e la responsabilità sociale, temi centrali per un futuro migliore, ed è solo possibile con una collaborazione globale e un impegno congiunto, affinché si possa garantire un sistema alimentare conciliabile con l’abbondanza di cibo e l’equilibrio ecologico, la crescita economica con la sicurezza dei consumi e la solidarietà tra i popoli.
***
Articolo di Giovanna Martorana

Vive a Palermo e lavora nell’ambito dell’arte contemporanea, collaborando con alcuni spazi espositivi della sua città e promuovendo progetti culturali. Le sue passioni sono la lettura, l’archeologia e il podismo.

Un commento