Da questo interrogativo prende avvio e spunto il convegno organizzato dal Dottorato di ricerca in Scienze documentarie, linguistiche e letterarie che si è tenuto il 27 e 28 Settembre presso l’Aula Odeion della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Sapienza di Roma, con l’intenzione di contribuire a una riflessione sulla realtà attuale e sulle strategie da perseguire per lo sviluppo delle biblioteche con lo sguardo rivolto a indagare i percorsi compiuti nel passato, più e meno vicino degli istituti bibliotecari.
Alberto Petrucciani, nella presentazione del convegno Quello che vorremmo sapere, e perché, sull’uso e gli utenti delle biblioteche, ieri e oggi sottolinea l’importanza della svolta impressa dai recenti orientamenti di ricerca che hanno spostato l’asse d’osservazione da una storia “autoreferenziale” delle raccolte librarie a un’indagine mirata al contesto istituzionale, e soprattutto a quello sociale e politico con un’attenzione sulla storia della professione dei bibliotecari e delle bibliotecarie, sugli usi e sul pubblico dei servizi bibliotecari. Parallelamente la storia del libro, dopo essersi a lungo concentrata sulla fase della produzione ora non può non rivolgersi sempre più verso lo studio della circolazione, della diffusione e della lettura.
A partire da queste premesse il convegno si è aperto nella prima sessione, intitolata Biblioteche, lettori, storia, attualità: orizzonti aperti, con uno sguardo al panorama internazionale, illustrato da interventi sulle biblioteche nel mondo islamico, sulla formazione delle comunità di lettura nel Settecento nell’America anglofona, sui progetti di ricerca e i database internazionali dedicati alla storia della lettura tra l’età moderna e quella contemporanea, con riferimento all’esperienza britannica del Reading Experience Database 1450-1945, sulle differenze e le relazioni di classe e di genere che varcano la soglia della biblioteca e ne condizionano l’uso. Al centro delle questioni di più bruciante attualità sono, ovunque, le biblioteche pubbliche alle quali è dedicata la seconda sessione del convegno Le biblioteche pubbliche oggi tra irrilevanza, conflittualità e consumerismo. Il fuoco di osservazione è portato soprattutto a esperienze e fenomeni sociali che coinvolgono l’utenza dei servizi bibliotecari: i recenti casi di roghi dolosi di biblioteche nelle periferie francesi, il rapporto con l’utente nel discorso professionale e nella pratica, il “continente inesplorato” (Lorenzo Baldacchini) dell’utenza delle biblioteche pubbliche italiane, la narrazione sulle biblioteche e “i mondi lessicali sottesi alle narrazioni di utenti, non utenti, opinion leader e addetti ai lavori” (Chiara Faggiolani e Anna Galluzzi).
Nella seconda giornata del convegno sono stati presentati alcuni casi di studio raggruppati nella sessione Domande, risposte e nuove domande della ricerca storica sull’uso delle biblioteche e in quella seguente Luoghi della lettura collettiva e cultura del Novecento: ricerche per una mappa. Si tratta di indagini a carattere storico che spaziano dall’antichità a tutto il Novecento, ma si soffermano in particolare su alcune importanti esperienze italiane del XIX e XX secolo. Dalle peculiarità “dell’uso pubblico” delle biblioteche antiche, questione controversa e difficile da definire e da esplorare attraverso le fonti disponibili, all’utenza della Biblioteca Apostolica Vaticana, alle vicende delle raccolte librarie dei Gesuiti, specie di quella del Collegio Romano, l’istituto di formazione più importante in Italia, requisita dallo Stato nel 1873 a seguito dell’annessione di Roma, al ruolo svolto dagli istituti di cultura stranieri a Roma a fine Ottocento, prima che la nuova capitale venisse dotata di un servizio pubblico. Inoltre si è parlato delle molte identità della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera trasformatasi nel corso dei secoli da biblioteca principesca della casata bavarese dei Wittelsbach in una biblioteca universale di livello internazionale; parlando anche dei percorsi attraverso i quali la storia delle biblioteche si è costituita come uno specifico campo di ricerca apertosi di recente agli apporti provenienti dagli studi filologici, archeologici, storico-letterari, e recentemente antropologici e sociologici.
I luoghi e momenti della lettura collettiva su cui si sono soffermate le relazioni della sessione finale sono i più diversi: l’esperienza di quegli spazi di socialità dotati anche di una collezione libraria sorti tra fine Settecento e inizio Ottocento e noti come “gabinetti di lettura”, il fiorentino Gabinetto Vieusseux come luogo di incubazione della novecentesca cultura delle riviste, il ruolo e le finalità di due importanti biblioteche italiane all’inizio del Novecento, la Nazionale di Firenze e la Popolare Comunale di Bologna, indagate attraverso la ricostruzione dei percorsi di lettura di due utenti, rispettivamente Carlo Michelstaedter a Firenze e Alessandro Asor Rosa a Bologna, le letture di internati e confinati durante il fascismo ammessi a frequentare la Biblioteca Provinciale di Potenza. «Io, le biblioteche, le odiavo» la frase pronunciata da Natalia Ginzburg, che dà il titolo all’intervento finale (Domenico Scarpa) diventa emblematica dell’atteggiamento di amore/odio di molti scrittori con i luoghi e gli oggetti della propria esperienza letteraria ed esistenziale.
Dal contributo dei molti studiosi di diversa provenienza il convegno si è rivelato un’importante occasione di riflessione sul ruolo sociale e sulle prospettive di crescita dei servizi bibliotecari e non privo di interesse anche per un pubblico colto ma non “addetto ai lavori”.
Articolo di Eleonora De Longis
Nata a Roma nel 1987, si è laureata in Filologia, letterature e storia del mondo antico presso l’Università di Roma Sapienza e ha conseguito un dottorato di ricerca in Scienze documentarie, filologiche e letterarie presso la stessa università. Oltre che di archivistica e letteratura della tarda antichità, oggetto della sua formazione universitaria, si interessa di storia delle donne e di critica teatrale.