L’emancipazione delle donne alle Olimpiadi

I Giochi olimpici hanno accompagnato e incoraggiato l’affermazione delle donne nel panorama sportivo. Più di ogni altra manifestazione agonistica. La testimonianza diretta è data dalle ultime Olimpiadi invernali di Pyongyang, in Corea, dove le atlete sono state le vere protagoniste: Sofia Goggia in discesa, Arianna Fontana nello short track, Michela Moioli nello snowboard. Azzurre, ma non solo. Pyongyang è stato il palcoscenico di un trionfo tinto di rosa. Contro i pregiudizi di molti e di Pierre de Coubertin, il padre dei Giochi Olimpici moderni che bandiva le donne: «La partecipazione femminile sarebbe poco pratica, priva di interesse, scorretta e antiestetica». Del resto, alla fine dell’Ottocento, l’ideale era ancora quello dell’Antica Grecia, dove l’attività sportiva era riservata esclusivamente agli uomini.                     

Antica Grecia: Giochi non per tutti

Maschi, aristocratici e fisicamente impeccabili. Ecco il ritratto originario degli atleti delle Olimpiadi. I primissimi sportivi, rigorosamente cittadini greci liberi di sesso maschile, si recavano a Olimpia per confrontarsi e cimentarsi nudi nelle gare previste. E le donne? Non solo non potevano partecipare alle gare, anche la loro presenza da semplici spettatrici era vietata.

I passi avanti contro i pregiudizi

Insomma, per le donne non è stato facile trovare una strada in un mondo totalmente maschile. Tuttavia, la loro affermazione alle Olimpiadi è andata di pari passo al ruolo conquistato, con il passare del tempo, nella società. Le donne furono ammesse per la prima volta alle Olimpiadi di Parigi del 1900, anche se in modo non ufficiale, in gare di tennis, croquet, vela e golf. Nel 1908, a Londra, parteciparono 36 donne su 2008 atleti, ancora in modo non ufficiale, in gare di tiro con l’arco, pattinaggio, vela, tennis e competizioni con imbarcazioni a motore. La prima svolta arrivò ai Giochi del 1912, a Stoccolma, quando le donne furono ammesse anche alle competizioni di nuoto: l’australiana Fanny Durack vinse i 100 m stile libero (con lo stesso tempo realizzato ad Atene nel 1896 dalla medaglia d’oro maschile). Dopo la I Guerra Mondiale, ad Anversa, nel 1920, le atlete parteciparono per la prima volta in forma ufficiale alle Olimpiadi. Ecco il vero cambiamento, stimolo di molte altre conquiste. Tra il 1928 e il 1936 si aggiunsero gare femminili per le principali discipline olimpiche. Non si può non ricordare Ondina Valla che a Berlino, proprio nel 1936, divenne la prima donna italiana a vincere un oro olimpico (80 metri ostacoli).

Dal Messico a Londra

Dal 1968 in Messico ai giochi di Londra 2012: il mondo è cambiato. Proprio nell’edizione londinese, le donne hanno costituito il 45% degli atleti ed è statointrodotto il pugilato femminile, l’unica disciplina riservata ai soli uomini. I giochi di Londra vengono ricordati anche per un altro aspetto: per la prima volta tutte le Nazioni iscritte presentarono almeno una donna nella loro delegazione. Infatti, anche i Paesi di fede musulmana hanno consentito la partecipazione di alcune atlete donne. Una rivoluzione davvero impensabile fino a pochi anni prima.

Verso il 2026

Nel panorama sportivo attuale, le vittorie delle donne – fortunatamente – non sconvolgono più di tanto. O meglio, il trionfo non porta i media e l’ambiente a fare un passo indietro e a riavvolgere il nostro verso le differenze di genere del passato. Eppure, proprio la storia delle Olimpiadi rappresenta uno spunto per comprendere quanto lo sport abbia contribuito all’emancipazione femminile nella società. E quanto i Giochi olimpici abbiano aiutato le donne a valorizzarsi, a farsi valere ea migliorarsi. Un concetto da tenere a mente sempre. Per le manifestazioni sportive attuali e in vista del futuro, fino ai tanto discussi Giochi invernali del 2026.

Ringraziamo Angelica Cardoni per averci inviato queste informazioni.

In copertina: Bologna, via Ondina Valla. Foto di Maria Pia Ercolini.

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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.

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