Lo chiamano World Press Freedom Day ed è la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, indetta dall’Onu ventisei anni fa per ricordare le donne e gli uomini al servizio dell’informazione minacciati e/o uccisi per l’impegno nel loro lavoro. Conosco il problema, ci sono dentro, portando sul groppone tre minacce di morte, rimaste nel limbo delle indagini, dal 2015. Il 3 maggio saremo tutte/i chiamate/i a raccontare poi si spegneranno i riflettori e sarà di nuovo normalità. Ed è qui, in questa normalità, che striscia, avvelenando, la serpe della museruola. Alle organizzazioni criminali, ai singoli malfattori, alle mafie, oggi si aggiunge, a render difficile la vita delle croniste e dei cronisti, secondo il rapporto 2019 di Reporters Sans Frontières, una parte della politica che nutre i suoi adepti e i suoi simpatizzanti di odio e disinformazione. «L’odio trasmesso in vari Paesi dai leader politici – si legge nel Report – è riuscito a provocare passaggi all’azione più gravi e più frequenti». Nulla a che vedere con l’invito cristiano: «Chi non raccoglie con me disperde» ma piuttosto qualcosa di affine al motto mussoliniano «Chi non è con noi è contro di noi». Accade così che chi fa il mio mestiere inciampi spesso negli indici puntati contro, nei mancati rinnovi dei contratti, nei licenziamenti improvvisi oppure si becca insulti, a iosa quelli sessisti, e si vede negare la scorta. «Vari professionisti dell’informazione – è scritto nel Report – sono stati apertamente criticati per il loro lavoro da rappresentanti politici, in particolare da alcuni membri del Movimento 5 Stelle, che non hanno esitato a chiamarli infimi sciacalli e prostitute […] alcuni giornalisti sotto protezione di polizia da vari anni sono stati minacciati di non poter più avere la scorta, poiché leader politici al potere hanno dichiarato di volerla sospendere». Sotto la lente di ingrandimento di Reporters Sans Frontières i due casi più eclatanti: Sandro Ruotolo e Roberto Saviano che con la camorra non hanno avuto riguardi e che per questo vivono da anni sotto scorta. Ma c’è chi dice no, non serve, e minaccia la sospensione. C’è chi dice no ed ha un nome ed un ruolo, fa il ministro dell’interno e si chiama Salvini e risorge nella mente l’invettiva di Dante: Ahi serva Italia di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta… A fare la fotografia di un attacco costante alla libertà di stampa è anche il secondo rapporto “Democrazia a rischio: minacce e attacchi contro la libertà dei media in Europa” delle dodici Organizzazioni della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti che a febbraio denunciava «la libertà di stampa in Italia è chiaramente diminuita nel corso del 2018. L’Italia è tra i Paesi con il più alto numero di segnalazioni negative in tema di libertà d’informazione». Un’impennata che si è registrata, secondo il documento, «dopo l’insediamento ufficiale del nuovo Governo. I due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini si esprimono regolarmente attraverso i social media con una retorica particolarmente ostile verso i media» e «il vicepremier Salvini ha dichiarato di voler rimuovere la scorta di protezione al giornalista investigativo Roberto Saviano nonostante conosca le minacce alla vita dello stesso da parte di organizzazioni criminali» ed ancora «Il vicepremier Di Maio ha insultato i giornalisti e avviato una politica atta ad abolire le sovvenzioni pubbliche alla stampa». E qui la finestra si apre su Radio Radicale: «Radio Radicale – scrisse Massimo Bordin, già direttore della stessa, scomparso qualche giorno fa – non nacque per essere la radio del Partito Radicale, quanto piuttosto per tentare di dimostrare concretamente, attraverso un’opera da realizzare, come i Radicali intendono l’informazione. Creare un dato emblematico, in maniera sostanziale e non astratta, di quello che il servizio pubblico dovrebbe fare». Ascoltare Radio Radicale è per un pezzo di questa nostra Italia la possibilità di essere dentro le stanze del palazzo senza mai sedere nel palazzo, è una voce libera a cui si è deciso di non rinnovare i fondi. Un modo burocratico per chiuderle la bocca. Intanto, mentre scrivo, si moltiplicano i lanci sulla devastazione della redazione del quotidiano «Il Roma», a Napoli, dove nottetempo è stato messo tutto a soqquadro. In questa redazione lavora, tra gli altri, Fabio Postiglione, cronista di nera che da anni è vittima di intimidazioni e minacce camorristiche per le sue inchieste. «L’Italia – si legge ancora nel Rapporto europeo – è lo Stato membro dell’Ue con il più alto numero di minacce attive. La crescente violenza contro i giornalisti è particolarmente preoccupante. Il crimine organizzato rimane una delle grandi minacce. Ventuno giornalisti italiani vivono grazie alla protezione permanente della polizia. Inoltre, diversi giornalisti sono stati intimiditi e attaccati da membri di gruppi neofascisti». E torna l’odio, tornano i teppisti della parola, i manganellari delle libertà. Tornano mentre all’Ocse il rappresentate Harlem Desir ha proposto di istituire Comitati misti di garanzia in ogni paese per garantire la sicurezza personale e la continuità lavorativa dei giornalisti minacciati. Minacce, carcere, uccisioni. Il 2018 è stato l’anno in cui nel mondo sono stati uccisi 80 giornalisti, in cui sono aumentate le detenzioni, 348, più della metà delle quali concentrate in 5 Paesi: Cina, Iran, Arabia Saudita, Egitto e Turchia. La classifica di Reporters Sans Frontières indica che le condizioni dei giornalisti sono peggiorate soprattutto in Africa con un record negativo alla Repubblica Centroafricana che retrocede di 33 punti, seguita dalla Tanzania con -25 e dalla Mauritania -22. Dall’altra parte del mondo maglia nera al Nicaragua che perde 24 punti rispetto al periodo precedente e finisce alla 114esima posizione. L’Italia, nonostante tutto, guadagna 3 punti e si attesta 43esima su 180. Per essere un Paese democratico c’è poco da star contente.
Articolo di Nadia Verdile
Nadia Verdile è nata a Napoli, vive a Caserta, le sue origini sono molisane. Scrittrice e giornalista, collabora con «Il Mattino». Ha 19 libri all’attivo, molti suoi saggi sono stati pubblicati in riviste nazionali ed internazionali. Relatrice in convegni e seminari di studio, come storica, da anni, dedica le sue ricerche alla riscrittura della Storia delle Donne. È direttrice della Collana editoriale “Italiane” di Pacini Fazzi.