San Donà di Piave. Una toponomastica partecipata

Ho conosciuto Annamaria Bardellotto al Netwok Day di Rimini l’8 settembre 2018, nell’incontro per la creazione di una rete femminista per i diritti, la Rebel Network, di cui è socia fondatrice. Tra i vari interventi spiccava quello molto applaudito di Laura Boldrini che alla parola “compattiamoci” invitava gruppi, associazioni, coppie e singole ad arginare la misoginia, sempre più palese in politica, e la deriva autoritaria accompagnata da discorsi d’odio e di razzismo.

A distanza di un anno ci siamo ritrovate nella sua città, San Donà di Piave, dove ha organizzato come SNOQ e in collaborazione con la Commissione per le Pari Opportunità, il convegno Toponomastica inclusiva: sulle vie della parità che suggella la conclusione di un percorso partecipato con le associazioni femminili del territorio. L’incontro è avvenuto al Centro culturale Leonardo Da Vinci, con i saluti istituzionali della Vice Sindaca Silvia Lasfanti che ci ha accolte con molto calore.

Foto1.Convegno 11_9_2019

Gli interventi della presidente e della referente regione Veneto di Toponomastica femminile hanno aperto l’incontro e sono stati il fattore culturale su cui si è sviluppato il percorso.

Dal punto di vista toponomastico San Donà di Piave, poco più di 42 mila abitanti, è avanti. Sì, avanti anche se è una parola un po’ retrò, perché ha un indice di femminilizzazione (rapporto strade maschili e femminili) del 12,34%, tra i più alti del nostro Paese. Con le sue 499 strade, 235 sono intitolate a uomini e 29 a donne. E la buona pratica si estende alla qualità dei soggetti scelti. L’Amministrazione con a capo Francesca Zaccariotto – con delibera pubblicata in data 2 marzo 2006 – ha portato alla pubblica memoria donne del calibro di Hannah Arendt, Ipazia, Edith Stein, Laura Bassi, Maria Cunitz, Elena Cornaro Piscopia, Maria Gaetana Agnesi, Madame Marie Curie e, unico comune in tutta Italia, Rosalind Franklin la scopritrice della doppia elica del DNA.

A San Donà – dove la cultura è davvero frizzante, con eventi quotidiani di largo respiro, un centro culturale e una biblioteca molto frequentati – le donne della Commissione per le Pari Opportunità tessono relazioni intergenerazionali per creare un cammino comune: contribuire all’evoluzione della propria comunità è dovere civico e piacere personale.

Partendo da un ragionamento sul proprio territorio, dallo studio della conformazione della città, dalle aree disponibili per nuove intitolazioni, che non sono più strade ma luoghi speciali dove creare memoria collettiva, nasce la proposta di intitolare le tre rotonde di accesso alla città. Sono nuove vie di circolazione pubblica con forte valore simbolico, poste in diversi punti cardinali: esse offrono più lati per posizionarne la targa e un’aiuola centrale atta ad ospitare eventuali manufatti artistici che richiamino la vita e le opere delle figure scelte.

La scelta dei nomi da attribuire a questi, spazi deputati al riconoscimento sociale e alla memoria collettiva, vede la partecipazione di molte associazioni del territorio: AIART indica la fotografa Vivian Maier, A.N.D.O.S. la mistica, musicista, badessa e pittrice Ildegarda De Bingen, FIDAPA la matematica Maria Castellani; il gruppo di lettura Incontro ANTEAS della Cisl suggerisce Tina Anselmi e il gruppo di lettura Vascello Letterario Emily Dickinson; il Progetto Angelica opta per Marisa Belisario, Se Non Ora Quando? per la giornalista Clementina Merlin; SOROPTIMIST sceglie l’astronoma Margherita Hack per la sua capacità divulgativa e la Commissione Pari Opportunità la giornalista Ilaria Alpi.

A seguito delle proposte, studiate e presentate con calore e passione, si procede alla votazione che porterà a definire quattro nomi da proporre all’Amministrazione: tre per le porte d’accesso e uno per i giardini.

Tina Anselmi, Clementina Merlin, Ilaria Alpi e Margherita Hack raccolgono il maggior numero di preferenze.

Al di là dei nomi, ciò che mi preme sottolineare è la dinamica operativa che ha condotto al risultato, perché è soprattutto lì che si annida la buona pratica. Il percorso, durato alcuni mesi, ha coinvolto le realtà femminili e femministe locali con il grande desiderio di creare rete al di là di personalismi e localismi, agire in maniera solidale e intergenerazionale, abbracciare tessuti regionali o anche nazionali e costruire un pensiero che ci accomuna sui temi condivisi: aumentare la stima nel genere femminile, contrastare la marginalità politica delle donne, partecipare ai percorsi decisionali ogni qualvolta se ne presenti l’occasione, approfondire argomenti quali la gestazione e il linguaggio rispettoso del genere.

Il percorso stesso, dunque, diventa un valore in cui il metodo è sostanza.

E qui a San Donà è successo.

Articolo di Nadia Cario

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Laureata in Governo delle Amministrazioni, è referente per il Veneto di Toponomastica femminile. È componente dell’Esecutivo delle associazioni culturali del Comune di Padova. Collabora con gli organismi di parità locali e regionali.

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