“Una donna libera, una pioniera della modernità, una delle personalità di spicco del mondo del design del XX secolo che ha contribuito a definire una nuova arte di vivere”. Con queste parole viene presentata Charlotte Perriand sul sito della bellissima Fondazione Vuitton che le ha dedicato una grande esposizione inaugurata il 2 ottobre 2019 e che si chiuderà il 28 febbraio 2020.
(https://www.fondationlouisvuitton.fr/fr/expositions/exposition/charlotte-perriand.html)
Le monde nouveau de Charlotte Perriand è il titolo dell’esposizione che esprime in maniera perfetta l’opera dell’architetta e designer parigina, nata nel 1903 e morta nel 1996, che ha vissuto pienamente i grandi eventi del ventesimo secolo e ha partecipato in prima persona alla rivoluzione del design e dell’architettura d’interni immaginando un nuovo modo di vivere la quotidianità all’interno della quale anche la donna avesse un nuovo ruolo.
Charlotte fu affascinata dalla cultura industriale che si sviluppava in Francia, come nel resto dell’Occidente, e dall’influenza che questa poteva avere sui modi di abitare e di progettare con nuovi materiali: acciaio, alluminio, vetro; trascorse lunghi periodi in Giappone, la cui cultura e produzione artigianale influenzarono moltissimo il suo lavoro soprattutto attraverso l’uso dei materiali tradizionali quali bambù, legno, lacca, ceramica, ferro; nel 1929, come la sua collega Eileen Gray, fu tra coloro che fondarono l’Union des Artistes Modernes, e nel 1933 si trovava a bordo della Patris II, in navigazione tra Atene e Marsiglia, per il IV Congresso del Congrès Internationaux d’Architecture Moderne.
Nel corso della sua lunga e intensa vita professionale lavorò con Fernand Legèr, fu amica di Calder, Mirò e Picasso. Aprì uno studio di progettazione a Parigi con J. Prouvé, P. Jeanneret e G. Blanchon. Collaborò con Junzo Sakakura, Lucio Costa, M. Elisa Costa, Oscar Niemeyer, Burle Marx continuando a proporre innovazioni nei più diversi contesti, dagli interni delle Unitè d’Habitation a Marsiglia (qui introdusse una cucina integrata nel soggiorno, separata solo da un alto bancone, che, nota nella sua autobiografia, era rivoluzionaria perché “permetteva alla padrona di casa di stare con la famiglia e gli amici mentre cucinava. Sono finiti i tempi in cui una donna era completamente isolata come una schiava all’estremità settentrionale di un corridoio”), agli appartamenti alla Citè Universitaire di Parigi, a quelli nelle residenze turistiche in Alta Savoia, tutte espressioni della sua visione dell’abitare, continuando a lavorare e progettare oltre i novant’anni di età. Fino alla Maison du Thé realizzata nel 1993 all’interno del Festival Culturale del Giappone organizzato a Parigi dall’UNESCO.

Ma soprattutto lavorò con Le Corbusier. Nel 1927 la giovane Charlotte, con una cartella di disegni sotto il braccio, fece il suo ingresso nel prestigioso atelier di Le Corbusier e Pierre Jeanneret, al 35 di rue de Sèvres. Lei stessa raccontò che Le Corbusier le si avvicinò, gettò un’occhiata veloce ai suoi disegni e commentò sarcastico: «Qui non si ricamano cuscini…». Immediatamente dopo però fu conquistato dal suo Bar sous le toit esposto al Salon d’Automne, interamente costruito in rame nichelato e alluminio anodizzato, e la scelse come collaboratrice del suo studio.

Cominciò così una collaborazione che portò alla nascita di icone del design come la chaise longue LC4 o la poltrona LC3.
È proprio la chaise longue che ci trasporta in altro tipo di riflessioni: quanto del lavoro attributo a Le Corbu non è invece da attribuire a Perriand? In realtà la LC4 e la LC3 fanno parte della LC Collection, la cui vera autrice è stata Perriand, che aveva avuto il compito di progettare i mobili, dato che Le Corbusier non aveva tempo per questi dettagli. Li aveva liquidati come “blah, blah, blah, blah”, come ci racconta questo interessante articolo del Guardian dedicato all’esposizione in corso a Parigi (https://www.theguardian.com/artanddesign/2019/oct/07/charlotte-perriand-le-corbusier-design) e come possiamo verificare, approfondendo (https://en.wikipedia.org/wiki/Le_Corbusier%27s_Furniture).

Insomma il grande architetto non aveva poi tanto tempo per i complementi d’arredo che affidò alla giovane architetta ma se noi oggi “googliamo” chaise longue LC4 abbiamo 28 ricorrenze su Le Corbusier e solo 3 su Perriand. Non è un segreto e non è una mia ipotesi, fu lei la reale ideatrice. Era stata lei ad avere avuto la grande intuizione che l’arte è ovunque, anche in un vaso, una casseruola, un tappeto o un bicchiere che ha portato alla fama indiscussa di Le Corbusier divenuto celebre per gli edifici da lui progettati ma anche per i complementi d’arredo affidati a Charlotte in quanto facenti parte del blah blah che a lui non interessava.
Ancora, questo interessantissimo articolo racconta quanto del suo lavoro è passato alla storia come attribuito al celebre architetto: https://www.core77.com/posts/54404/Charlotte-Perriands-Utilitarian-Beauty
Viene spontaneo chiedersi quali altre meraviglie avrebbe potuto lasciarci Charlotte Perriand se avesse ricevuto incarichi anche per la progettazione di edifici e in quante altre opere di Le Corbusier ci sia stata la sua mano. Una riflessione che viene indirettamente proposta nella mostra alla Fondazione Vuitton da questa bellissima foto “inventata” dalla rivista Elle nel 1950: le donne avevano ricevuto il diritto di voto in Francia nel 1944 e la rivista immaginò, “con tante scuse ai ministri in carica”, il primo Consiglio dei Ministri interamente composto da donne, con Charlotte Perriand al Ministero della Ricostruzione!
Inoltre, è interessante rilevare che è stata recentemente messa in luce la simpatia per il fascismo e l’antisemitismo di Le Corbusier. Fu probabilmente questa la causa dell’allontanarsi da lui di Charlotte negli anni Trenta, quando si unì all’Association des Ecrivains et Artistes Révolutionnaires. La figlia Pernette racconta che la madre aveva smesso di lavorare con Le Corbusier nel 1937. “Si separarono temporaneamente, soprattutto per motivi politici”, spiega Pernette. Charlotte è diventata molto politicizzata negli anni ’30, così come molti intellettuali si sono uniti contro l’ascesa del fascismo. L’approccio di Perriand all’architettura era collaborativo, mentre Le Corbusier era più autoritario e individualista”.

Concludo sottolineando che alla voce Charlotte Perriand su Wikipedia compare la parola “Architetto”, ahimè. Contestualmente alla pubblicazione di quest’articolo verrà proposta dalla Presidente di Tf Maria Pia Ercolini una rettifica. Il mondo nuovo di Charlotte Perriand ha bisogno di parole nuove per esprimere il nuovo sguardo femminile sul mondo, finalmente libero da pregiudizi; ancora una volta abbiamo la conferma di quanto il linguaggio influenzi il pensiero e la consapevolezza dei meriti delle donne. Il maschile indistinto le relega nell’ombra e il femminile può consegnare loro la nuova autorevolezza, oltre il bla bla.
Articolo di Donatella Caione
Editrice, ama dare visibilità alle bambine, educare alle emozioni e all’identità; far conoscere la storia delle donne del passato e/o di culture diverse; contrastare gli stereotipi di genere e abituare all’uso del linguaggio sessuato. Svolge laboratori di educazione alla lettura nelle scuole, librerie, biblioteche. Si occupa inoltre di tematiche legate alla salute delle donne e alla prevenzione della violenza di genere.