Il maestro Mario Lodi

Mario Lodi cominciò a insegnare nella scuola primaria nell’immediato dopoguerra, quando il nostro Paese era da ricostruire sulle macerie dei bombardamenti e da far rinascere a seguito dei danni provocati dalla dittatura. L’infanzia era tristemente provata non meno delle persone adulte, a scuola bambini e bambine non andavano volentieri, portavano i loro lutti da elaborare e i problemi economici delle famiglie. Lodi credeva in una scuola libera e democratica e li osservava chiedendosi come potesse agire per far breccia nella loro attenzione, motivarli alla frequenza e, soprattutto, farli crescere come cittadini e cittadine consapevoli dei diritti e dei doveri previsti dalla nostra Costituzione.
Nella didattica vigevano ancora modalità autoritarie e strettamente nozionistiche, perciò era guardato con sospetto, ma lui diventò presto un esponente di spicco del Mce (Movimento di cooperazione educativa), che si rifaceva ai metodi di Célestin Freinet: testo libero, giornalino di classe, corrispondenza interscolastica e ricerca ambientale. Lodi riconobbe anche centralità al linguaggio grafico-pittorico, lasciò spazio alla musica, al teatro e all’espressione di emozioni e paure, in costante dialogo con le sue classi.
C’è speranza se questo accade al Vho (1963) e Il paese sbagliato (1971) sono resoconti minuziosi delle attività che proponeva e, tra le righe, si legge la fatica di operare le scelte adeguate alla situazione e la solitudine di compiere un percorso talmente nuovo da essere fatalmente incompreso.
Un altro suo libro di grande successo è Cipì (1972), la storia del passero eroico diventata ormai un classico della letteratura per l’infanzia, racconto nato dall’osservazione quotidiana delle bambine e dei bambini, dai vetri della loro aula, alla scoperta del dramma della vita.
Mario Lodi era nato a Piàdena, in provincia di Cremona, il 17 febbraio del 1922 e si diplomò all’Istituto magistrale nel 1940 ma, per la sua posizione politica, finì in carcere. Nel 1948 ottenne la nomina nei ruoli della scuola elementare e cominciò la sua attività di docenza a S. Giovanni in Croce, passò poi a Vho, dove rimase fino al pensionamento. All’insegnamento affiancò sempre una ricca produzione narrativa e saggistica, si occupò di biblioteche e collaborò a riviste.
Ricevette importanti premi letterari e riconoscimenti, tra cui la laurea ad honorem, conferitagli dall’Università di Bologna nel 1999, la nomina di cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 2003 e il Premio Unicef nel 2005.
Si è spento il 2 marzo del 2014 e la sua eredità di pensiero e opere è mantenuta viva dalla Casa delle Arti e del Gioco che fondò a Drizzona, nel 1989, oggi punto di riferimento per la formazione di professionisti/e dell’educazione. La scuola primaria di Piàdena, dal 2015, ha preso il suo nome.
Mario Lodi, con Gianni Rodari, è stato il mio faro pedagogico, non perché sia riuscita a insegnare come Lodi e usare la fantasia come Rodari; tuttavia grazie a loro sentivo che si poteva cambiare il modo di fare scuola perché qualcuno era riuscito a farlo, nonostante l’ostilità di colleghi, colleghe e direttori didattici, l’incomprensione dei genitori e i balzelli di leggi e circolari avverse.
Il maestro Mario Lodi ha tolto alla “missione” docente tutta la sua pomposa retorica, assegnandole invece un senso più creativo e laico.

 

 

Articolo di Laura Bertolotti

BERTOLOTTI

Laureata in Scienze della Formazione a Padova, già insegnante, ha lavorato nella redazione di una rivista occupandosi della rubrica Libri. Attualmente si dedica alla promozione della lettura con recensioni, articoli su riviste (Leggere Donna, Leggendaria), presentazioni di libri, conferenze su autrici del passato e contemporanee, e si dedica al coordinamento di gruppi di lettura.

 

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