Astrattiste del XX secolo

Chi ha realizzato il primo dipinto astratto? Molti fanno il nome di Kandinsky, autore di un acquerello astratto nel 1910. Ma alcuni anni prima Hilma Af Klint, una donna, un’artista svedese, vissuta tra Ottocento e Novecento e rimasta sconosciuta fino alla fine del secolo scorso, aveva già gettato le basi per un’arte in cui il colore, le forme fossero strumenti di una ricerca interiore.
Nel secondo dopoguerra l’Espressionismo astratto poi fu una corrente di pittura non figurativa che ebbe il suo centro a New York, accomunato all’Informale europeo per l’assenza di forme definite. Anche in questi movimenti le artiste ebbero una posizione subalterna rispetto ai loro colleghi, erano emarginate, e spesso, consapevolmente, promuovevano il lavoro dei compagni più che il loro. Eppure non mancarono figure di notevole spessore.

Hilma Af Klint  (Solna, Svezia, 1862 – Danderyd, 1944)
Dopo aver frequentato l’Accademia d’arte di Stoccolma, cominciò a dipingere ritratti e paesaggi in stile naturalistico. Influenzata poi da dottrine esoteriche e teosofiche, volle andare al di là del visibile per rappresentare l’invisibile, di cui l’artista era convinta fosse un tramite, una sorta di veggente capace di guardare a un mondo sconosciuto, esplorabile solo col pensiero. Con le sue opere, cariche di simbologia, nelle forme, nelle linee, nei colori, Af Klint ha tentato di visualizzare questo mondo e di guidarci alla sua scoperta. Ha lasciato oltre 1200 opere, ma in vita ha esposto solo i dipinti naturalistici, scrivendo nel testamento la sua volontà che quelli astratti fossero messi in mostra non prima di venti anni dalla sua morte. Infatti era convinta che il pubblico avesse bisogno di più tempo per arrivare a capirli. Peccava d’ottimismo, perché i suoi dipinti restarono stipati nei magazzini del Moderna Museet di Stoccolma fino alla fine degli anni Ottanta del XX secolo.

Fig. 1_The Ten Largest, Hilma af Klint
The Ten Largest, No. 3, Youth, Group IV, 1907 Hilma Af Klint

Alma Thomas (Columbus, Georgia, 1891 – Washington, 1978)
Espressionista afroamericana, insegnante d’arte, visse e lavorò principalmente a Washington, dove la famiglia si era trasferita perché vi si avvertiva meno la violenza razziale. Voleva diventare architetta, ma i limiti imposti alle donne la scoraggiarono. Fu una delle prime afroamericane a conseguire una laurea in arte, ma venne riconosciuta come artista professionista solo dopo il suo ritiro dall’insegnamento. Lavorava nel piccolo soggiorno di casa, appoggiando la tela in grembo e bilanciandola contro il divano. La sua tecnica consisteva nel disegnare sottili linee di matita sulla tela per creare forme e motivi, e successivamente riempirle di colore. Affascinata dallo sbarco sulla luna del 1969, eseguì la serie Space. All’età di ottantuno anni poté esporre i suoi dipinti a una prima mostra personale, anche se subiva ancora discriminazioni come artista donna, per giunta nera, e critiche per il suo stile astratto rispetto ad altri neri americani che lavoravano con la figurazione per combattere l’oppressione. Risulta come una delle artiste americane viventi nel poster di Mary Beth Edelson, ispirato all’Ultima cena di Leonardo, Some Living American Women Artists/Last Supper, del 1972, in cui  Edelson ha sostituito i volti di Gesù e dei suoi discepoli con quelli di alcune artiste, al centro Georgia O’Keeffe è nel ruolo di Gesù.

Fig. 2_Resurrection_Alma Thomas
Resurrection, Alma Thomas
Fig. 3_Some living american women artists_Mary Beth Edelson
Some Living American Women Artists / Last Supper, Mary Beth Edelson

Bice Lazzari (Venezia, 1900 – Roma, 1981)
Nella città natale studiò all’Accademia di Belle Arti, e le sue prime opere sono paesaggistiche, nell’ambito del tradizionale vedutismo veneziano. Iniziò poi a seguire le correnti d’avanguardia preferendo un disegno astratto e composizioni geometriche, soprattutto nelle arti applicate. Il tentativo di superare la natura si accompagnò a una stilizzazione delle forme: con cuscini, tende, ricami, collane e monili sperimentò nuovi mezzi espressivi e nuovi materiali. Si trasferì a Roma, dove ebbe importanti riconoscimenti coi suoi pannelli decorativi, e alla fine degli anni Cinquanta si accostò all’informale. Abbandonò anche i colori a olio per materiali come colle, sabbia e acrilici. Approdò alla fine a un linguaggio espressivo, essenziale, fatto di linee nere tracciate su fondo bianco.

Fig. 4_Astrazione_linea_2._Bice Lazzari
Astrazione, linea 2, Bice Lazzari

 Lenore “Lee” Krasner (Brooklyn, 1908 – New York, 1984)
Nata in una famiglia di immigrati ebrei russi, mostrò sin da adolescente inclinazione all’arte, avvicinandosi al postimpressionismo; nel 1945 sposò Jackson Pollock, maestro dell’Action painting, e i due andarono a vivere nella fattoria di The Springs, dove lavoravano in spazi separati, cucinavano, si occupavano di giardinaggio, ospitavano amici. Nel 1956 Lee era in viaggio in Europa, quando Pollock trovò la morte in un incidente stradale.
Rifiutò di adottare uno stile riconoscibile e preferì invece il cambiamento variando di frequente materiali e composizioni del suo lavoro. La sua specialità erano i collage, spesso ricavati tagliando i propri dipinti, a volte anche tele non completate dal marito; lei stessa ha distrutto un’intera serie di opere per la sua natura ipercritica. Cominciò con la serie Little Image, piccoli dipinti dove la vernice è accumulata a strati, o è sgocciolata. Poi dal cavalletto cominciò a spostare la tela sul pavimento. La serie Earth Green riflette i suoi sentimenti di rabbia per i problemi derivati dal rapporto con Pollock, a causa dell’alcolismo e delle relazioni extraconiugali del marito, e di dolore dopo la sua morte. In scene affollate, dove affiorano parti anatomiche, spesso colorate di rosso a suggerire il sangue, le forme esplodono e sembrano incontrollabili. Il suo volto compare in Some Living American Women Artists/Last Supper di Mary Beth Edelson.

Fig. 5_Celebration, Lee Krasner
Celebration, Lee Krasner

Elaine Fried (Brooklyn, 1918 – Southampton, 1989)
Più nota come Elaine de Kooning, dal cognome del marito, Willem de Kooning, protagonista dell’Espressionismo astratto. Il loro fu un matrimonio aperto, rovinato dall’alcolismo di cui entrambi erano vittime, tanto che arrivarono alla separazione, per poi ricongiungersi venti anni dopo. Elaine è stata anche una critica d’arte e ha ricoperto incarichi di insegnamento in molti istituti di istruzione superiore e università. Il suo stile oscillava tra astratto e figurativo, comprendendo nature morte, paesaggi urbani, ritratti. Molti i suoi autoritratti, oltre a ritratti di colleghi artisti, di solito uomini, poeti, critici e commercianti d’arte, musicisti, stelle del calcio. Nel 1962 le venne commissionato dalla Casa Bianca un ritratto del presidente John F. Kennedy, che divenne una delle sue opere più note. Dopo l’assassinio del presidente, smise di dipingere per un anno. Sebbene lavorasse in modalità espressionista astratta gestuale, non ha mai abbandonato il lavoro con la figura garantendo nei ritratti la somiglianza della persona. Utilizzò una vasta gamma di tecniche di disegno e pittura, a matita, a inchiostro, con tratteggio, gocciolamento, gouache, collage. Ha realizzato una serie di dipinti sulla figura di Bacco, sulle pitture rupestri visitate sui Pirenei e che trovava molto simili al lavoro di improvvisazione dell’Espressionismo astratto. Anche lei compare in Some Living American Women Artists/Last Supper di Mary Beth Edelson.

Fig. 6_Al Lazar_Man in a Hotel room_Elaine de Kooning
Al Lazar (Man in a Hotel Room), Elaine de Kooning

Carla Accardi (Trapani, 1924 – Roma, 2014)
Dopo studi condotti alle Accademie di Belle Arti di Palermo e di Firenze, si stabilì a Roma assieme al pittore Antonio Sanfilippo, che sposò pochi anni dopo. Col marito e con altri artisti firmò il manifesto del gruppo Forma 1, pietra miliare dell’avanguardia italiana d’ispirazione marxista. Partita da un’astrazione ridotta al segno e al bianco e nero, ha poi recuperato il colore e sperimentato nuovi materiali, come supporti plastici trasparenti e vernici fluorescenti, tornando quindi alla tela. Il critico Michel Tapié definì la sua arte “Art Autre, volendo sottolinearne la rottura col passato e l’ispirazione a una realtà diversa da quella nota. Protagonista indiscussa dell’arte italiana astratta, ha partecipato a numerose collettive in Italia e all’estero, più volte anche alla Biennale di Venezia, di cui è stata consigliera. Esponente del femminismo italiano, ha fatto parte del gruppo Rivolta Femminile, firmandone anche il manifesto. Un forte legame la unì a Carla Lonzi, storica dell’arte e militante femminista. Nel 1976 con altre artiste fondò la Cooperativa Beato Angelico, spazio d’arte romano al femminile.

Fig. 7_Pieno giorno _Veduta_Carla Accardi
Pieno giorno (Veduta), Carla Accardi

Grace Hartigan (Newark, 1922 – Baltimora, 2008)
Appartenente alla scuola di New York, all’inizio firmava le sue opere col nome di George Hartigan per ottenere un maggiore riconoscimento; solo negli anni Cinquanta si decise a usare il suo vero nome. Orientata a una totale astrazione, iniziò poi a incorporare motivi e personaggi più riconoscibili, pur lasciandoli fluttuanti in una composizione astratta; i suoi contenuti oscillavano da immagini angoscianti, spesso dovute alla sua dipendenza dall’alcool, ad altre più serene. La serie Brides è ispirata alle vetrine dei negozi di abiti da sposa concentrati su una via vicina al suo studio di Manhattan; la serie Oranges è una raccolta di quattordici dipinti, uno per ogni poesia scritta dall’amico Frank O’Hara. Nel corso della sua carriera, Hartigan ha realizzato anche numerosi dipinti per la morte di amici e familiari, fra cui un’immagine di Marilyn Monroe, frammentata e semi-astratta.

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Paper Doll-Bride, Grace Hartigan

Joan Mitchell (Chicago, 1925 – Parigi, 1992)
A New York, alla fine degli anni Quaranta, si avvicinò all’Espressionismo astratto e fu una delle poche donne ammesse a partecipare alle riunioni settimanali del gruppo. I suoi dipinti, che spesso coprono più pannelli, ispirati sempre al paesaggio e alla natura attraverso una colorazione audace, il ritmo compositivo bilanciato e le ampie pennellate, a volte violente, tendono a trasmettere emozioni e sentimenti. Trasferitasi a Parigi, le sue opere ora sono presenti nei più importanti musei di arte moderna: il Centro Georges Pompidou di Parigi, il Moma di New York, la Tate Gallery di Londra.

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Sunflowers, Joan Mitchell

Helen Frankenthaler (Manhattan, 1928 – Darien, 2011)
A introdurla sulla scena artistica newyorkese fu il critico letterario e artistico Clement Greenberg che per lei coniò il termine Color field painting, pittura cioè caratterizzata da ampie aree di un unico colore, più o meno piatto, che si distinse dalla Action painting in quanto ne rimuoveva i contenuti emozionali. Attiva per molti decenni, ha attraversato varie fasi stilistiche: inizialmente vicina all’Espressionismo astratto, una delle sue prime opere è Mountains and Sea, un quadro grande, dove il nucleo pittorico è nel mezzo della tela stessa, mentre i bordi sono di scarsa importanza per l’insieme compositivo; negli anni Sessanta iniziò a coinvolgere i bordi e le sue macchie di colore assunsero forme più definite.
Il suo volto compare in Some Living American Women Artists/Last Supper di Mary Beth Edelson.

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Tutti Frutti, Helen Frankenthaler

Elizabeth Murray (Chicago, 1940, New York, 2007)
Incoraggiata dalla madre, conseguì un Master in Fine Arts e si trasferì a New York. Nel 2006 il Museum of Modern Art (MoMA) di New York ha dedicato una mostra ai suoi quarant’anni di carriera. I suoi dipinti sono composizioni astratte rese in colori vivaci e strati multipli di vernice, ma i dettagli sono tratti in uno stato onirico dalla vita domestica, in uno stile da cartone animato. Forme non figurative interagiscono spesso con immagini fluttuanti di tazze, cassetti, utensili, sedie e tavoli.
Nel 2016 è uscito un film sulla sua vita e sul suo lavoro: Tutti lo sanno…Elizabeth Murray, di Kristi Zea.

Fig. 11_Do the dance_Elizabeth Murray
Do The Dance, Elizabeth Murray

 

In copertina: Shattered Color, Lee Krasner, 1955

 

 

Articolo di Livia Capasso

foto livia

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile.

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