Partire da Sé

«La mia opera è la mia vita»… ecco, parto dalle parole di Carla Lonzi per raccontare il viaggio fatto dentro me stessa, attraverso la stesura della mia tesi, una sorta di parallelismo che mi ha permesso di riaffermare e spesso ritrovare la consapevolezza del sé. Dare spazio all’autocoscienza, cioè a quella presenza a sé stesse momento per momento che cala nel presente e fa toccare la sostanza di sé. Il partire da sé dà un esserci e un punto di vista senza fissare da nessuna parte. È come viaggiare, che non solo ti fa allontanare dai luoghi familiari e vedere cose che altrimenti non avresti visto, ma te le fa vedere come nessuno può fartele vedere senza quello spostamento. È un pensare non fissato alla logica dell’identità e capace di camminare nella contingenza, fra l’essere che è quello che è e l’essere che non è mai esattamente quello che è.
Oggi mi ritrovo, come piace a me comoda con me, con la mia etica femminista di condotta e di pensiero. In questo racconto quasi personale ripercorro la storia della mia forza. In essa non ci sono molte battaglie e neanche pozzi da cui riemergere, rafforzate come è stato per tante donne di generazioni precedenti alla mia. Piuttosto la mia storia è piena di scrittura: romanzi, saggi, racconti, articoli e anche poesie, scritti da donne nate prima di me, su di me catapultate e da me amate, elaborate. Devo molto ai libri delle femministe, pubblicati in numero sempre maggiore dagli anni Settanta a oggi. Da loro ho imparato a conoscere, capire, a scegliere. Virginia Woolf diventò praticamente il mio pane quotidiano: piansi sulla sorte toccata alla sorella di Shakespeare, in Una stanza tutta per sé, e mi entusiasmai del cambiamento di sesso avvenuto in Orlando. Provai a concentrarmi sui complessi quaderni di Simone Weil. Il secondo sesso di Simone de Beauvoire: mentre parla di sé, parla di tutte le donne, e rappresentò un faro per i diritti delle donne: «donne non si nasce, lo si diventa». Non si trattava tanto di testi femministi, ma di opere scritte da donne che, grazie al femminismo, venivano conosciute.  Sentivo che la mia formazione non era completa, serviva il sapere femminile non presente negli istituti ufficiali della cultura, non bastava scoprire le carte, bisognava anche attraversarle. La scrittura è il modo di potenziare e di verificare l’effettiva autonomia del proprio dire, il suo attenersi alla verità singolarmente posseduta, accertata, piuttosto che aderire a una verità proposta. Sono letture che, semplicemente, appartengono alla mia storia personale, o meglio alla libreria delle mie amiche e dei miei professori, o alla piccola biblioteca del mio paese, e poi negli anni dell’università a tutti/e quelli/e che hanno contribuito alla formazione del mio pensiero, ultimo, ma non per importanza, il percorso della mia seconda laurea in filosofia e storia dove l’incontro con la storia della filosofia e della mia insegnante mi ha permesso di conoscere donne come Carla Lonzi e di seguire attraverso i suoi scritti un percorso di crescita e di consapevolezza.
Carla Lonzi, la prima femminista “teorica” della fase “radicale” del femminismo italiano, la prima lucida e ostinata sostenitrice della tesi della “differenza sessuale” quale rivendicazione alternativa a quella della uguaglianza fra donne e uomini. I suoi scritti teorici di rivendicazione femminista sono relativamente pochi, risalgono agli anni 1970-1972 e sono contenuti nel volume dal titolo Sputiamo su Hegel. Lessi, incuriosita dal titolo, il libro, mi colpì ogni frase, ogni parola e soprattutto la sfrontata libertà di pensiero. Questo libro l’ho veramente usato, e cominciai a pensare. Il pensiero di Carla Lonzi potrebbe riassumersi con la frase «per la differenza, contro l’uguaglianza», ovviamente da chiarire e precisare, come ho fatto nella mia tesi, seguendo e analizzando i testi dell’autrice. Il suo pensiero si articola quindi, come vedremo nei primi paragrafi della tesi, in una critica radicale del sistema di dominio patriarcale, di cui individua e critica fortemente i pilastri ideologici nel passato e nel presente. Una rivendicazione della differenza irriducibile della donna e di pratiche sessuali assolutamente libere, in una teorizzazione, infine, della esistenza di due categorie di donna: quella clitoridea (libera dalle imposizioni eterosessuali maschili e patriarcali, disponibile a una libera sessualità polimorfa) e quella vaginale (soggetta alle pratiche eterosessuali imposte dal dominio patriarcale e miranti al solo piacere maschile).
Nella tesi esamino il suo pensiero, che solo molti anni dopo sarebbe stato valutato nella sua importanza teorica dal femminismo italiano; ciò costituisce un momento di effettiva “avanguardia” rispetto alla cultura filosofica dominante e anche allo stesso femminismo italiano nella sua fase iniziale. Esso affronta in maniera nuova, e propone in maniera nuova, i problemi centrali del femminismo radicale, formulando teorizzazioni per molti aspetti simili a quelle che le più avanzate teoriche femministe andavano formulando in area anglosassone e francese. Hegel e Marx sono i bersagli di Sputiamo su Hegel, scritto esaminato e che diventa la linea principale della mia tesi, fino a sentirmi dire da un professore che era nella commissione di laurea che lui era stato ben felice di essere stato sputato da Hegel, dopo aver esposto la tesi. La dialettica servo-padrone è una regolazione di conti fra collettivi di uomini: essa non prevede la liberazione della donna, il grande oppresso della civiltà patriarcale. La lotta di classe, come teoria rivoluzionaria sviluppata dalla dialettica servo-padrone, ugualmente esclude la donna.
Leggendo Carla Lonzi, si vede chiaramente come la consapevolezza della mancanza di uno spazio politico per una rappresentazione libera di sé e la necessità di creare uno spazio simbolico per una narrazione autentica sono elementi essenziali che hanno portato all’invenzione di pratiche politiche ancora oggi essenziali. La prima scoperta è stata la pratica di una parola scambiata tra donne a partire da sé, senza astrazioni e nel tentativo di restare fedeli a sé, di non alienarsi, cominciando dai propri scacchi, dalle proprie contraddizioni, cosa che implica il mettersi in gioco con i propri desideri, la propria sessualità, le fantasie, le paure, l’inconscio, il rimosso che normalmente non trova parola.
Nella parte più giovane e più politicamente avanzata del movimento delle donne, negli anni Sessanta, l’obiettivo dell’uguaglianza viene invece messo ai margini o respinto, e si cerca semmai una risposta al perché del sussistere della differenza e della discriminazione nei confronti delle donne, nonostante molta parte della legislazione le neghi. E, alla luce di questa tesi di fondo nell’importante saggio Sputiamo su Hegel, l’obiettivo dell’uguaglianza, non a caso proposto inizialmente dai pensatori maschi nelle loro varie ideologie sotto il tema dell’universalismo dei diritti, appare o secondario o addirittura fuorviante rispetto all’obiettivo primario che deve muovere dalla differenza. Secondario, perché l’oppressione della donna non si risolve nell’uguaglianza, ma prosegue nell’uguaglianza, e la differenza è un principio esistenziale che riguarda i modi dell’essere umano.
Su Marx, proseguono le riflessioni hegeliane trasferendo la tematica della dialettica servo-padrone in quella della lotta di classe, le critiche non sono meno incisive e forti. La donna è oppressa in quanto donna, a tutti i livelli sociali: non al livello di classe, ma di sesso. Procedo con una ricostruzione fortemente critica dell’analisi della donna nei testi più significativi di Marx e di Hegel in cui viene affrontata tale tematica.
Contrariamente alle promesse e alle aspettative sul piano teorico, la dittatura del proletariato ha dimostrato a sufficienza di non essere portatrice della dissoluzione dei ruoli sociali: essa ha mantenuto e consolidato la famiglia quale centro in cui si ripete la struttura umana incompatibile con qualsiasi mutamento sostanziale dei valori. Hegel è il filosofo che ha nominato la differenza sessuale, nell’opposizione dialettica di maschile e femminile, dando essenza metafisica al dominio di un sesso sull’altro. Ha cioè dato dignità teorica all’inferiorità femminile, affermando che la differenza femminile non può non progredire verso l’universale e quindi permane estranea all’arte, alla scienza, alla politica. In Hegel il destino della donna non è posto come condizione umana: riconoscendosi nei congiunti e nei consanguinei, la donna resta infatti legata all’ethos della famiglia; estranea all’autocosciente forza dell’universalità per cui l’uomo si fa cittadino.
Leggendo e analizzando i testi di Carla Lonzi, ma anche, in modo collaterale, di altre autrici, ho cercato di delineare come rivendicare nuovamente la centralità, nella riflessione femminista, dell’esperienza personale: una ricerca filosofica che vuole cercare di prevenire il rischio di ridurre i soggetti della propria riflessione a meri oggetti della medesima, attraverso l’atteggiamento e la pratica di scrittura del partire da sé. Restare ancorati/e all’astrattezza unilaterale del pensiero maschile, riflettere con gli strumenti che questa ragione e la sua tecnologia ci consegnano, senza volerci esporre in prima persona, senza metterci in mezzo, senza metterci in gioco, a partire dal nostro sé, significa misconoscere a priori le forme di dominio che soggiacciono in queste stesse forme di razionalità. Il pensiero della differenza, analizzato nel mio scritto, è un capitolo della storia del pensiero che ormai è stato già registrato. Il pensiero della differenza comincia quando le donne si separano dalla filosofia con il criterio della differenza. Non siamo in presenza di una dottrina, ma di una pratica, un gioco, non è roba libresca. Il pensiero della differenza nasce dunque così: autocoscienza, relazione, partire da sé. Il pensiero della differenza è differenza che si fa pensiero. Bisogna mettersi in mezzo, esserci in prima persona per capire. Questa è la differenza: decidersi, tagliare con quello che sembra ovvio per seguire una intuizione, esserci a questo mondo con un’idea che sentiamo nostra, vera, giusta.
Passo, infine, a parlare della differenza tra femminismo radicale e le teorie sul “genere”. Si tratta di contributi teorici che arrivano negli anni Novanta. Ma non basta leggere per capire. La storia e la scrittura delle donne hanno un percorso tortuoso e complesso che è necessario rivedere e comprendere per poterle elaborare. Occorre, come dice Carla Lonzi, pensare la propria presa di coscienza, una donna non può liberarsi dal sentimento interiore d’inferiorità, se non prende distanza dai modelli culturali. La domanda fondamentale della filosofia non deve più chiedere che cos’è l’Uomo o l’Essere, bensì chi sei tu. Da sempre la narrazione conosce l’importanza di questa domanda e risponde raccontando una storia. La filosofia può invece rispondere pensando l’identità, fragile ed esposta, di un sé che esiste in relazione con gli altri e la cui esistenza non può essere sostituita da nessun’altra. Il pensiero della differenza sessuale e quello di Hannah Arendt risultano decisivi per pensare questo carattere espositivo e relazionale dell’identità che lavora per una riedificazione radicale dell’etica e della politica. Anche A. Cavarero ritiene che bisogna praticare una filosofia sensata, ossia restituire a che cos’è, a ciò che è. Praticare una filosofia che dia senso a questo nostro esistere, che è un esistere unico, incarnato, irripetibile, dove va ognuno di noi e ognuna di noi. Le affinità e le divergenze tra le diverse filosofie femministe vengono ripercorse, mostrandone le vicende, senza trascurare i più fecondi contatti tra femminismo e una certa tradizione filosofica maschile.
Nell’epoca presente, ossia al culmine di una fase che ha visto il pensiero femminista espandersi come elaborazione teorica che adotta gli stili più raffinati e specialistici del dibattito filosofico contemporaneo, tale problema è ancora più evidente, basti pensare anche alle difficoltà del linguaggio. Nel femminismo di lingua inglese è comunemente adottata la distinzione fra sex e gender. Il termine sesso indica il fenomeno biologico della differenza fra uomini e donne; genere indica invece la costruzione culturale che definisce l’uomo e la donna, ossia il maschile e il femminile. In questo vasto panorama sono focalizzati i temi fondamentali del pensiero femminista: la critica al patriarcato, che denuncia e individua un sistema culturale e sociale in cui le donne sono subordinate agli uomini. Il tema dell’uguaglianza che, a partire dagli ideali dell’Illuminismo, rivendica anche per le donne gli stessi diritti degli uomini, e il terzo tema, decisamente quello più filosofico, è il tema della questione del soggetto, che ripensa da un punto di vista femminista il problema della soggettività, dell’identità e del sé, dialogando con le scuole più innovative del pensiero contemporaneo, ma anche ponendosi, rispetto a queste, in una significativa dissonanza.
«Il femminismo è stata la mia festa» scriveva Carla Lonzi…

La tesi integrale è scaricabile al link: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/71_Paterniti.pdf

***

Articolo di Ionella Consolazione Paterniti

Ionella Paterniti_foto 200X200

Laureata a Catania in Scienze Politiche e in Filosofia, oggi insegna presso un Istituto superiore marchigiano. Studiosa di filosofia, di teoria femminista e di politiche di genere.

3 commenti

  1. Una tesi molto interessante. Invito Ionella Consolazione Paterniti a partecipare al nostro bando che è stato pubblicato sul sito del Paese delle Donne. Donatella Artese de Lollis

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