Carissime lettrici e carissimi lettori,
«Se io avessi una botteguccia, fatta di una sola stanza, vorrei mettermi a vendere, sai cosa? La speranza. “Speranza a buon mercato!” Per un soldo ne darei, a un solo cliente, quanto basta per sei. E alla povera gente, che non ha da campare, darei tutta la mia speranza, senza fargliela pagare.»
Tutti e tutte noi, per una ragione o per l’altra, più grandi di età come genitori oppure, se più giovani, come figlie e figli, o come insegnanti, abbiamo incontrato nella nostra vita Gianni Rodari. Il 23 ottobre avrebbe compiuto 100 anni e comunque questo 2020 è per Gianni Rodari, scrittore, giornalista, pedagogista, anche un altro anniversario, il quarantesimo della morte, il 14 aprile 1980. Il valore educativo dei suoi scritti è fuori di dubbio. Ha rivoluzionato il modo di narrare ai e alle più giovani. I suoi libri sono gioielli preziosi che indicano a chi si affaccia alla vita il senso della giustizia, mettendo in evidenza molte volte il ridicolo della vita stessa, dell’agire qualche volta davvero meschino di tante persone. Ma spesso le favole, gli aforismi di Gianni Rodari sono piccoli granelli di saggezza, incoraggiano e donano dolcezza per insegnare ai più piccoli e alle più piccole, ma in fondo anche a noi, la pacificazione della resilienza, quel saper cogliere il bene e il giusto dalle cose del mondo. «Se ci diamo una mano i miracoli si faranno e il giorno di Natale durerà tutto l’anno». E poi ancora: «Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio, la Torre di Pisa».
Oltre alle favole, ai racconti e agli articoli di giornale, Gianni Rodari ci ha lasciato un’opera pedagogica importante che, nel titolo, come giustamente è stato osservato, è quasi un ossimoro. Perché la Grammatica della fantasia si contraddice nel suo enunciato, visto che la fantasia non può essere legata alle regole, è irregolare per antonomasia. Tullio De Mauro, l’indimenticabile filosofo del linguaggio, scrive riguardo a questo libro: «Si chiama Grammatica della fantasia. Non è un altro libro di favole. Certo anche qui c’è Cappuccetto giallo, il lupo buono, l’omino di vetro che gli si leggevano in testa i pensieri e non poteva dire bugie, la sedia che correva a prendere il tram, la casa musicale, la Lamponia, appaiono di continuo ma si accompagnano a discrete evocazioni di Vygotskij, Novalis e Saussure, di Vladimir Propp, Piaget, Wittgenstein. Vi appaiono non come protagonisti, ma come oggetti di riflessione. Il libro non è di favole, ma sulle favole… Rodari, partendo dal problema di come stimolare i bambini a inventare storie, perché siano più liberi, perché si liberino da oscure angosce e paure e remore, li raggiunge. Voglio dire: raggiunge proprio loro, i grandi teorici della scienza come invenzione costruttiva della grammatica e della lingua come imprevedibile gioco». E, da grande intellettuale quale è sempre stato, De Mauro conclude: «Come Cimarosa col suo Maestro di Cappella, come Rilke nelle Lettere a un giovane poeta, come Goethe e Leopardi in certe loro pagine, un artista ha messo in tavola le carte del suo gioco. E ne è nato, elegante e geniale, un classico». (da Paese sera, 1973).
Prima di passare a esaminare la rivista che state per iniziare a leggere e di parlarvi del prossimo nostro Convegno, vorrei citare, da laica, come ho fatto la volta scorsa, una notizia dal Vaticano, ma mi piacerebbe dire particolarmente da Papa Francesco che ci sorprende e arricchisce di saggezza la Chiesa cattolica di oggi (non dimentichiamo ribollente di opposizioni al pontefice attuale, tanto da arrivare a non riconoscerlo come tale!). Siamo nate come rivista paritaria (ricordo un’osservazione iniziale di Maria Pia Ercolini «Non femminile e non femminista, ma, appunto, paritaria») e mi sembra doveroso notare i cambiamenti di ottica nella visione di temi come la parità di genere o l’apertura ai diversi tipi di sessualità e alle varie concezioni della famiglia. Papa Francesco ha detto, rendendo pubblica una lettera privata ricevuta, che «Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente». Un mettersi «al passo con i tempi» come, è stato notato, detta il Vangelo!
Riprendiamo il discorso. La settimana che si apre è quella che accoglie il IX Convegno nazionale di Toponomastica femminile. Doveva svolgersi in territorio fiorentino, ma questo virus che invade da mesi il mondo intero (come si può essere negazionisti?) ci ha costrette/i a cambiare tutti i programmi. L’idea di Firenze era nata già durante i giorni del precedente Convegno di Palermo. Ci era sembrata un’idea bellissima, vincente, un omaggio a una terra creatrice di cultura e anche alla famiglia che ha regnato in quei luoghi negli anni, anzi nei secoli che sono stati fervidi di creatività. I Medici sono molto presenti in questo IX Convegno. Dall’itinerario, seppure ora costretto a essere virtuale, tutto al femminile per le strade della Firenze delle donne de’ Medici, alla presentazione del libro, interessante e importante, curato da Barbara Belotti, scritto tutto durante il periodo dello scorso lockdown (visto che ne rischiamo un altro), che narra le storie di ciascuna delle donne di questa importante casata. Si intitola infatti Le Medici e racconta di loro, delle loro sottomissioni dovute, praticamente ordinate, del chinarsi ai voleri e doveri di famiglia, dei matrimoni di potere, delle sofferenze, ma anche delle capacità private e più di una volta, politiche. Fino a culminare nella storia dell’ultima de’ Medici, Anna Maria Luisa de’ Medici, l’Elettrice Palatina che, prima di consegnare Firenze ai Lorena, non avendo la dinastia più eredi maschi ed essendole stata negata la reggenza dal padre, fece in modo che tutto quello che possedeva Firenze, l’intera ricchezza e grandezza di arte, rimanesse legata alla città.
Si unisce con un filo alle ultime pagine del libro appena citato la narrazione conclusiva della storia di quest’ultima e grande donna della famiglia de’ Medici. La racconta, attraverso una splendida interpretazione, di passione e dolore, la bravissima Piera Degli Esposti insieme ad altri attori (da Amerigo Fontana a Sandro Lombardi, a Carlina Torta). La serie, una docu-fiction tv, è intitolata L’ultima de’ Medici e si dipana per ben quattordici puntate di circa mezz’ora ciascuna, che andranno in onda sul canale Sky art dal 14 novembre prossimo. Sarà un evento particolare, non in costume, con gli attori in abiti contemporanei, come a trasportare quell’epoca al nostro tempo. La serie, con la regia di Tobia Pescia e Luigi Formicola, è promossa dalla Regione Toscana con il sostegno del Mibact e realizzata dalla Fondazione Sistema Toscana. Nella docu-fiction tv, sono evidenziate e sostenute le bellezze dei luoghi medicei (12 Ville e 2 Giardini, tutti inseriti nella lista dei Beni del Patrimonio Mondiale dell’Unesco). Un’occasione per un ulteriore viaggio, in tema risuonante con il nostro convegno, tra quelle grandezze artistiche che proprio Anna Maria Luisa con il suo Patto di famiglia ha voluto per la gloria di Firenze e della Toscana.
Ritornando al nostro Convegno, che comincerà giovedì pomeriggio (29 ottobre) con la connessione sulla piattaforma streamyard e durerà fino a domenica mattina (1 novembre), ci saranno interventi giornalieri spesso legati al territorio che ci doveva ospitare, all’arte e alle donne nell’arte (si riparlerà delle pittrici toscane, come si è fatto e si continua a fare sulla rivista ormai da un mese proprio in omaggio al Convegno), del recupero dei beni culturali in Toscana, ma anche di parole tossiche, di educazione di genere, di musica al femminile, di passeggiate virtuali tra Firenze e Pistoia in chiave di odonomastica femminile. Il Convegno tratterà anche del Concorso della nostra associazione Sulle vie della parità, che è arrivato alla sua VIII edizione, nonostante tutte le difficoltà. Si parlerà di Calendaria 2021 (a cui è dedicato un articolo anche in questo numero della rivista). Questa splendida esperienza valorizza le donne che hanno contribuito a fare la Storia dell’Europa. Vi invitiamo con forza, quella dell’energia positiva, ad acquistare una o più copie di Calendaria 2021, per tenerla, regalarla, per augurarci tutti e tutte, in nome del sapere delle donne, che il prossimo anno ci lasci sani e sane e in libertà da questa terribile pandemia.
Scorriamo insieme le letture del numero odierno di Vitaminevaganti.com. I Corpi oggi raccontano la vecchiaia: l’autrice ne fa un ritratto splendido cogliendone i lati positivi con uno sguardo di bellezza. Ritroviamo tra le righe le nostre madri e le nostre nonne (nulla ci vieta comunque di volgere il discorso anche al maschile), ma ci vediamo proiettate noi stesse come in uno specchio resiliente con il quale sappiamo far convivere il tempo con intelligenza, con l’immagine di noi che evolviamo e non cambiamo, spinte a cercarci nella nostra capacità di pensiero e di azione. I Sensi ci indicano il Senso della vita che diamo a noi, al nostro presente e ai nostri ricordi: sono la nostra personale memoria, grazie alla quale ci forgiamo alle strade dell’esistere che continuiamo a percorrere durante tutto il ciclo della vita. Leggendo questo articolo, che è la storia e il ritrovarsi, grazie ai social, di un gruppo di persone, una volta ragazze e ragazzi, che si sono incontrate tempo fa, nati/e in terre diverse, ho avuto netta la sensazione di ritrovarmi come in una officina dove al posto del ferro, o del vetro o di qualsiasi altro materiale, ci fossero a formarsi gli spiriti di questi/e ragazzi/e protagoniste del nuovo incontro fatto di chat tradotte grazie ad internet («Menomale che c’è il traduttore» dirà uno di loro!) e lanciati alla ricerca della loro personale via all’educazione sentimentale, intesa nel senso più ampio possibile. Importante ed esemplare per tutte le donne la storia dello sciopero generale, tutto al femminile, avvenuto in Islanda nell’ottobre di 45 anni fa, nel 1975. Davvero da tenerne memoria: le donne di quest’ isola, impegnate in tutte le occupazioni immaginabili, anche all’interno delle loro abitazioni, incrociarono all’unisono le braccia, esattamente alle 14,38. «Le islandesi — dice l’autrice — avevano fatto bene i calcoli e si erano accorte che da quell’orario in poi lavoravano gratuitamente, mentre i colleghi continuavano a percepire una retribuzione. Quindi c’era un gender pay gap, un divario retributivo di genere, una differenza salariale originata da un’evidente discriminazione. Svolgevano le stesse professioni, avevano le stesse responsabilità, ma i loro stipendi erano inferiori, di circa il 60%, rispetto a quelli degli uomini». Il Paese rimase letteralmente paralizzato e questa protesta collettiva fu la premessa per l’elezione a Prima Ministra di Vigdis Finnbogadòttir, prima donna al mondo eletta democraticamente.
Dopo la piacevole lettura della storia di George Sand e di Musset e una puntatina in cucina dove stanno entrando gli odori e i sapori di novembre con l’arancione della zucca suggerita per una ricetta, non difficile come pensavo, di muffin salati, ci ritroviamo, non dimenticando di passare prima a Brescia per un’ulteriore passeggiata nei luoghi segnati dalle donne, di nuovo in Toscana, quella di Vasco Pratolini che ci ha portato, in tante sue pagine, a conoscere la sua Firenze: «Per me Firenze era il mondo: un microcosmo di vite e anime in cui, a ogni angolo, ancora respiravano i maestri letterari del passato. Viaggiare per le vie di Firenze era come scoprire continenti ogni volta nuovi di dolori e passioni e assistere alla coralità dei sentimenti».
E infine chiudiamo un cerchio, più elastico che mai, con il nostro finale, regalandoci un altro saggio aforisma di Gianni Rodari, legato sia a Calendaria 2021 che alla speranza di un nuovo anno migliore.
«Filastrocca di Capodanno: fammi gli auguri tutto l’anno. Voglio un gennaio col sole d’aprile, un luglio fresco, un marzo gentile. Voglio un giorno senza sera, voglio un mare senza bufera. Voglio un pane sempre fresco, sul cipresso il fiore di pesco. Che siano amici il gatto e il cane. Che diano latte le fontane. Se voglio troppo, non darmi niente, dammi una faccia allegra solamente».
Salutiamoci con la speranza di questo sorriso!
Buona lettura a tutte e a tutti
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Editoriale di Giusi Sammartino
Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.