Brundibár

L’opera è stata rappresentata circa cinquanta volte a Terezin con grande successo. «La musica rappresentava una luce nell’oscurità, ci ha resi leggeri e fatto dimenticare la fame», dice sempre Anna Flachová. E ricorda ancora il disagio con cui artisti ed artiste entrarono in scena per esibirsi davanti ai rappresentanti della Croce Rossa: «Ma tutto era finzione. Devo dire che non ci piaceva farlo. Gli uomini delle SS erano seduti lì sul balcone… Quando li abbiamo visti tutti, non volevamo cantare, ma poi la musica era bella e ci siamo dimenticati che erano lì». Si tratta dell’ultima delle cinque performances tenutesi nel ghetto di Terezín; due settimane dopo, iniziarono le deportazioni ad Auschwitz e in altri Paesi dell’Est, ponendo fine alla maggior parte della produzione teatrale del campo.
Ilse Herlinger Webern
Molte ninna nanne vennero composte nei Lager per calmare la fame, il freddo, la paura. Una in particolare venne tramandata: Wiegala, la ninna nanna di bimbi e bimbe di Auschwitz (da ascoltare in questa struggente interpretazione).

A scriverla fu Ilse Weber, scrittrice, poeta, autrice di fiabe e trasmissioni radiofoniche per l’infanzia, musicista, suonatrice di chitarra e, sembra, di liuto. Nata in quella che oggi si chiama Repubblica Ceca nel 1903, entrò a far parte della cerchia di intellettuali praghesi di lingua tedesca. Sposò Willi Weber ed ebbe due figli, Hanuš e Tomáš. Nel 1939, dopo l’occupazione nazista, i Weber decisero di mandare il primo figlio Hanuš in Inghilterra. Il piccolo partì così insieme ad oltre seicento bambine e bambini ebrei, sottratti ai nazisti grazie all’attività di salvataggio di un agente di borsa inglese, Nicolas George Winton, e spediti in treno in Inghilterra, unico Paese europeo che accettò di accoglierli. Nel 1942, Ilse con il marito e il piccolo Tomáš furono deportati a Terezín, il ghetto modello da cui partivano i trasporti per Auschwitz. Qui Ilse fece l’infermiera nell’ospedale per l’infanzia, oltre a comporre e a cantare brani accompagnandosi col liuto e la chitarra. Mentre era internata, nel pieno di quell’orrore, scrisse e musicò circa sessanta poesie, canzoni e ninne nanne. Raccolte e seppellite in un capanno degli attrezzi prima del trasferimento finale ad Auschwitz (avvenuto nell’ottobre 1944), sono state recuperate dal marito dopo la liberazione e accorpate ad altre ottenute direttamente dalle persone sopravvissute. Le ritroviamo in Quando finirà la sofferenza? Lettere e poesie da Theresienstadt, Editore Lindau 2016, che contiene anche la presentazione scritta dal figlio Hanuš Weber, oggi ottantanovenne, in occasione della pubblicazione italiana dell’opera.
Per approfondimenti si può consultare questo sito.

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Articolo di Anna Compagnoni

Nata a Brescia, si è diplomata in Chitarra al Conservatorio E.F. Dall’Abaco di Verona ed in Liuto al Conservatorio G. Verdi di Milano. Svolge attività concertistica nell’ambito della musica antica, dedicandosi alla valorizzazione di repertori musicali poco conosciuti, tra i quali quelli delle donne compositrici dal Medioevo al Barocco.