Editoriale. L’umano come donna

Carissime lettrici e carissimi lettori,

di nuovo è tempo di festa, di nuovo ci scambiamo gli auguri e soffiamo sulla torta che porta trionfante i due anni della nostra esistenza. Martedì prossimo, il 16 marzo, Vitaminevaganti compie il secondo anno di vita come voce culturale, di informazione e formazione di Toponomastica femminile, la nostra associazione che ormai di anni ne ha quasi dieci.

Da marzo del 2019 siete in molti e molte a seguirci nel nostro viaggio settimanale on line. Ci state vicini/e leggendoci, ma anche scrivendo per noi. Di questo interesse e della vostra partecipazione non possiamo che ringraziarvi tantissimo, come si dice, al di là di retorica!

Fino ad oggi più di 150 tra autori e autrici hanno collaborato con noi. E non mancano all’appello le firme maschili, seppure in minoranza considerevole (contiamo per ora 22 collaboratori), ma l’invito ad alzare il numero di partecipazioni maschili da parte nostra è corale e appassionato.

In questi ventiquattro mesi di vita la rivista è cresciuta per argomenti trattati e si è moltiplicata con la sorella, Vitamine per leggere che poi, in effetti, è stata anche una madre perché il bando regionale che l’ha voluta è stato il punto di partenza, lo stimolo alla nascita stessa di Vitaminevaganti. Proprio oggi è presente, colorando come al solito il numero di blu, questo nostro inserto dedicato al mondo della scuola e rivolto alle ragazze e ai ragazzi che la frequentano per diventare le donne e gli uomini di domani. Noi speriamo di contribuire, con le/gli insegnanti, che in tanti e tante ci leggono, a rendere per loro un servizio informativo e formativo che accresca e stimoli la loro voglia di cultura e di imparare a decidere in libertà.

La nostra rivista, cambiando con il tempo la redazione e ampliandola con qualche ottima e gradita new entry, tra cui una maschile, è rimasta la stessa nei principi di base. «Ciò che ci prefiggiamo recita la presentazione è   provare a far esplodere le riflessioni, proprio nelle menti di chi inciampa nei nostri articoli. Riflessioni queste che vogliono fornire a chi legge nuove energie intellettuali (vita-mine appunto), nuovi punti di vista, nuove prospettive. La rivista ha un taglio anticonformista, paritario, scevro da pregiudizi e aperto a qualsiasi tipo di diversità. Vita-mine vaganti  continuiamo a leggere restituisce alla memoria le storie di donne cadute nell’oblio, si fa portavoce delle minoranze, distrugge e decostruisce gli stereotipi, rilegge la storia adottando punti di vista lontani rispetto a quelli canonicamente conosciuti e, per non farvi mancare nulla, suggerisce anche delle ottime e squisite ricette. Dall’attualità alla street art, attraverso il cinema, la scienza, la musica, la letteratura e tanto altro ancora: numerosi sono i percorsi che lettori e lettrici possono costruire tra le pagine di questa rivista online, attraverso “vie digitali” che sono pensate in una logica di uguaglianza e non-discriminazione. Insomma le mine che, articolo dopo articolo, facciamo esplodere, abbracciano numerosi e differenti argomenti. Ecco perché sono state definite vaganti».

L’impegno, anzi la militanza e l’attenzione devono essere sempre vigili, come detta la bella frase di Miriam Mafai che abbiamo scelto di mettere come vessillo introduttivo alla nostra rivista: «Alle giovani dico sempre di non abbassare la guardia, non si sa mai!»
Perché i pericoli in agguato sono davvero tanti. Le notizie di violenze, di discriminazioni, di mortificazioni e di veri e propri atteggiamenti persecutori verso le donne, non ci stanchiamo di ripeterlo, sono quotidiani, a casa come sul lavoro, e sicuramente il danno maggiore lo ricevono proprio quelle giovani che Mafai indicava come più a rischio e che si trovano nella necessità di tenere un’attenzione maggiore nei confronti del mondo che le circonda.

Da tempo si dice che da una visione del mondo diversa, più femminile, tutta l’umanità trarrebbe giovamento, non più stretta dalla morsa della sopraffazione, caratteristica di una visione patriarcale; si migliorerebbe la vita del pianeta intero, dalla salubrità dell’aria, ai prodotti della terra (che mangiamo o adoperiamo per vivere) fino all’economia e al sociale, anello importante e, per tanti versi, frutto di una politica attenta. Una situazione più mirata alla salute del pianeta e dei viventi si reclama soprattutto ora, quando la cura, sostantivo femminile singolare, è diventata il tassello essenziale per la nostra esistenza, come uno slogan!

Forse, se così si trasformasse il mondo, non succederebbero, o diminuirebbero drasticamente, le ingiustizie e le sopraffazioni, in primo luogo proprio verso le donne.  Forse non accadrebbe che una giocatrice di volley, scoprendo di essere incinta, venga privata del suo stipendio dal club che addirittura la cita per danni. Questo è capitato davvero a Lara Lugli, una pallavolista che ai tempi dell’accaduto era in serie B, nella Volley Pordenone. «Chi dice che una donna a 38 anni, o dopo una certa età stabilita da non so chi, non debba avere il desiderio o il progetto di avere un figlio?» ha commentato su un social Lara Lugli e si è chiesta: «Non è che per non adempiere ai vincoli contrattuali stiamo calpestando i Diritti delle donne, l’etica e la moralità?». A suo modo di vedere che, mi permetto di dire, è anche il nostro, c’è il rischio che questo incidente accaduto alla sportiva possa diventare un precedente molto grave e perciò Lugli ci tiene a sottolineare: «Se una donna rimane incinta non può conferire un danno a nessuno e non deve risarcire nessuno. L’unico danno scrive lo abbiamo avuto io e il mio compagno per la nostra perdita (la pallavolista ha avuto un aborto spontaneo un mese dopo aver avvertito la società per la quale giocava n.d.r.) e tutto il resto è noia e bassezza d’animo».

Dei benefici derivanti da una visione diversa del mondo, non ancorata a una mentalità del profitto fine a sé stesso, ma legata o presupponente un’economia etica, che non vuol dire, sia chiaro, religiosa (seppure potrebbe condividerne certi principi) abbiamo parlato più volte su questa rivista con articoli mirati e di ciò ancora sicuramente parleremo.
La mentalità e la visione del mondo maschile e femminile l’ho trovata spiegata molto bene e in modo anche, per certi versi, seriamente esilarante (che non è un ossimoro) dal filosofo Umberto Galimberti: «Dall’origine dei tempi ha spiegato la donna è stata sempre vincolata alla natura. Il suo corpo è stato visto come finalizzato alla riproduzione. Per Aristotele ricorda lei fornisce la materia e l’uomo dà la forma che fa somigliare il figlio non alla madre, ma al padre. Così è per i cristiani che vedono nella vergine Maria la fattrice, mentre il Figlio, generato da lei, nomina solo l’onnipotenza del Padre. La donna legata alla natura è stata perciò non libera continua il filosofo . L’uomo, slegato dall’ elemento riproduttivo, ha potuto fare la Storia. Solo oggi la donna sta riuscendo a entrare anche lei nella Storia e questo ha potuto farlo grazie soprattutto ai contraccettivi che le hanno permesso di gestire la sua riproduttività, di farne una libera scelta». Poi Galimberti spiega, sempre considerando e puntando i riflettori sulla riproduzione, che è la nostra parte naturale, il conflitto, vantaggioso e arricchente, tra l’io e la specie presente nella donna, nel femminile vivo anche nel maschio, ma che l’uomo deve far affiorare: «Il conflitto tra l’io e la specie spiega a cui è vincolata la donna, nasce in lei fin dalla comparsa delle prime mestruazioni e continua con la maternità durante la quale vede il suo corpo, l’io, deformarsi, passare  per le difficoltà della nascita e della crescita e cura dei figli/e, per la conservazione e il trionfo della specie a discapito dell’io. Questo, però, crea in lei una intelligenza che non è solo logico-matematica, come quella maschile, ma anche intuitiva, che porta a vedere, intuendolo appunto, cosa c’è oltre l’angolo, e sentimentale, che non appartiene solo al sentire, ma è anche una facoltà cognitiva. Ecco l’uomo, il maschio, dovrebbe essere capace di dialogare con questa parte femminile che è in lui, per capire l’intelligenza intuitiva e sentimentale, lasciare il possesso, che causa guai anche estremi, come persino il femminicidio, e intraprendere verso la donna questo dialogo paritario».

Il nostro numero corrente della rivista, ultimo del secondo anno di vita, lungo più di cento settimane, è molto al femminile. I suoi cinque articoli della puntata in blu, contenente l’inserto dedicato alla scuola, trattano di donne e di storie al femminile. Troviamo l’articolo, di risposta a un altro pubblicato, che commenta e approva, come mi sembra corretto e rispettoso, la lettera stupenda e accorata che Luisa Muraro, la filosofa e femminista da sempre della famosissima Libreria delle donne di Milano, ha scritto alle ministre rimaste silenziose al fianco di un uomo, seppure primo rappresentante del loro partito. Questo avvenimento, che ho citato nell’editoriale precedente, ha suscitato più di una polemica, ma Luisa Muraro e l’articolo che oggi pubblichiamo forse spiegano molto e danno chiarezza. Alla risposta/interrogazione delle due ministre a Muraro: «Perché le donne, alla prova degli eventi e dei fatti, sono obbligate a dare ragione della loro autonomia di giudizio rispetto agli uomini mentre agli uomini mai, neppure dalle donne, questo è richiesto?» l’autrice risponde dando ragione alle ministre, affermando che noi donne dovremmo chiedere più capacità di giudizio ma, come consiglia la filosofa dell’Ordine simbolico della Madre, che non sbaglia dall’alto della sua autorevolezza, bisogna che ci sia una presa di coscienza delle donne sulla loro autonomia di pensiero.

Calendaria, nell’articolo di consuetudine dedicato alle donne europee, celebra il personaggio di questa settimana che è Lili Novy, al secolo Elizabeta Haumeder, la scrittrice di Lubiana che si innamorerà di Vienna per il fermento culturale che mostra nella sua vita cittadina con i suoi caffè, punto di riferimento e di incontro di grandi figure intellettuali del secolo.

Sarà la terza puntata su Mika che ci mostrerà la storia di un’Europa sempre più vicina a noi e di una donna che tanto ci ha dato, ormai anziana, ma sempre con idee forti e chiare.    

Un altro articolo è dedicato alla grande Lou von Salomè, spesso pensata come la madre della psicanalisi, che intuisce, prima di Sigmund Freud, le differenze tra maschile e femminile. Nel suo L’umano come donna, Salomè espone idee che possono giudicarsi all’avanguardia e non solo per la sua epoca. Per questa sua importanza e per la sua libertà di pensiero abbiamo deciso di intitolare a lei e alla sua opera questo editoriale così al femminile che festeggia il suo compleanno e esce alla fine della settimana iniziata con la ricorrenza internazionale dell’8 marzo.

Prima di chiudere dobbiamo salutare e festeggiare insieme un altro anniversario, il secondo della Rete Nazionale Donne in cammino,  nata l’8 marzo 2019 «per promuovere l’empowerment femminile attraverso il camminare, seguendo la mission di dare voce e visibilità alle donne in un momento in cui sono le vittime principali della crisi economica e lavorativa attuale», che, proprio a cavallo dell’8 marzo e fino al 14 dello stesso mese, ha aperto il primo Festival delle Ragazze in gamba, durante il quale la professoressa Sara Marsico, nostra collaboratrice e presente nella nostra redazione, che insegna in un istituto tecnico di Melegnano, a un passo da Lodi, ha parlato delle iniziative di Toponomastica femminile e della nostra rivista e per questo la ringraziamo affettuosamente.

Un caro amico di Venezia mi ha inviato una poesia di Andrew Faber, pseudonimo di Andrea Zorretto, giovane poeta italiano, nato nel mio stesso giorno del mese di luglio, ma nel 1978. La sua poesia mi è sembrata consona a questi tempi incerti in cui dubitiamo del nostro futuro e per questo ho pensato di condividerla con voi.

Faccio parte di quelli che
ogni tanto spariscono
perché non ce la fanno più
a far finta di essere felici.
A rispondere va tutto bene
a chi chiede come va.
A fingere sorrisi o parole buone
soltanto per nascondere la verità.
Faccio parte di quelli che
si prendono la loro pioggia
e il loro temporale
sapendo che non sarà per sempre.
Che vada come vada
il loro sole
riprenderà a brillare.
Faccio parte di quelli che
se non c’è nessuno a saperlo fare
allora si prendono per mano
e da soli
si portano a sognare.
(Andrew Faber)

Buona lettura e auguri a tutte e a tutti e seguiteci sempre!

Buona lettura a tutte e a tutti.

***

Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

3 commenti

    1. Grazie davvero. Anche noi sentiamo vicinanza con questo che ci scrivi. Sono le cose belle che compensano l’impegno perché lo vedono apprezzato. Grazie ancora é incoraggiante!

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    2. Non posso insieme alla redazione che ringraziarti moltissimo. E’ incoraggiante quello che dici e chiaramente mi rende felice

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