Il guardainfante appartiene a quella grande famiglia di indumenti femminili che lungo la storia, non solo occidentale, sono stati oggetto di biasimo, oserei dire di vero e proprio stigma, da parte della società. Come avvenne con i pantaloni indossati dalle donne nel XIX secolo, o con la larga chemise semitrasparente in voga alla fine del XVII secolo, o ancora con la minigonna in un’epoca a noi più vicina, il guardainfante è stato accusato di essere il potenziale detonatore di una sovversione rivoluzionaria degli equilibri di genere.
L’indumento ebbe una vita difficile e controversa, fu infatti amato e odiato, e passò dall’essere esposto come simbolo della vergogna e del vizio dai balconi del tribunale di Madrid a essere indossato da regine e principesse, e fungere così da strumento della propaganda reale. La lingua italiana non prevede, al contrario di quella inglese, un termine-ombrello che includa tutti quegli indumenti, spesso realizzati in osso di balena, in legno o in altri materiali rigidi, che lungo la storia occidentale furono indossati dalle donne sotto le gonne al fine di alterare le proprie forme e di evidenziare e allargare la dimensione dei fianchi. Il termine farthingale in inglese indica proprio questa serie di indumenti che lungo i secoli hanno assunto forme, dimensioni e finalità assai diverse fra loro. Oggi ci focalizziamo sulla genesi, funzione e simbologia di un farthingale poco conosciuto, e di cui non possediamo esemplari: il guardainfante, indumento diffuso nella Spagna del XVII secolo.
La sua etimologia suggerisce, a chi non ne conosca la storia, il motivo per cui venne preso tanto di mira, analizzato e quasi letteralmente dissezionato, da parte degli uomini, religiosi ma non solo, e divenne simbolo supremo del vizio e della corruzione della morale pubblica. L’accostamento del termine con i bambini e le gravidanze è stato causa dell’odio e dello stigma, ma anche della fortuna, che ha caratterizzato questo indumento. Uno dei motivi per cui fu infatti tanto discusso, divenendo, suo malgrado e malgrado le donne che amavano indossarlo, protagonista di interi trattati e opere d’arte satiriche, era legato al timore che venisse utilizzato al fine di nascondere gravidanze illecite. Alla base dell’astio maschile nei confronti del tanto controverso indumento vi erano diversi fattori, legati sia alla sua origine che alla sua conformazione strutturale. Si pensava, erroneamente, che il guardainfante fosse di provenienza straniera, francese per la precisione, e questo non giovò alla sua fama in un periodo segnato da una forte tensione fra le due superpotenze. Inoltre, una struttura tanto imponente risultava alquanto misteriosa e inaccessibile dall’esterno, e si prestava a ipotesi fantastiche di vario genere: si pensava, per l’appunto, che quell’enorme spazio che si andava a creare attorno al corpo della donna servisse a proteggere segreti inconfessabili, come quello di una gravidanza illecita. La sua ampiezza e la sua forma rendeva il corpo femminile inaccessibile e distante, e provocava nell’immaginario maschile strane commistioni, nonché rimandi mitologici: una donna all’interno del suo guardainfante sembrava quasi emergere da un corpo estraneo e ricordava dunque ad alcuni le figure delle sirene e delle arpie.
La difficile storia dell’indumento inizia nel 1630, quando due diversi tipi di sottostrutture usate per ampliare i fianchi si fondono insieme. Nella Spagna del siglo de oro, infatti, erano diffusi in particolare due farthingale: il verdugado tipicamente spagnolo di origini rinascimentali e la sottostruttura a forma di ruota di provenienza francese, entrambi realizzati in osso di balena, ferro o legno.

Il Verdugado indossato da Caterina De’ Medici (a destra)
Il verdugado aveva una forma conica, costruita con una serie di cerchi concentrici di grandezza progressiva cuciti all’interno della gonna, e risultava molto stretto all’altezza della vita e ampio alla sua base posta a terra; al contrario il farthingale francese a forma di tamburo non era sviluppato in verticale, ma solo in orizzontale, risultando così più comodo e pratico, poiché non vi era l’ingombrante “gabbia” costituita da una serie di cerchi concentrici in osso di balena. Il guardainfante risultava, dunque, una via di mezzo: manteneva l’estensione perpendicolare ai fianchi, ma anche la struttura composta di cerchi che dalla vita scendevano fino a terra. Nonostante non si abbiano moltissime notizie sulla concreta esperienza delle donne che lo indossavano, le opere d’arte e la querelle emersa sull’argomento in tutta Europa ci suggeriscono come fosse una moda davvero assai seguita e diffusa: il guardainfante, infatti, dal 1630 inizia a diffondersi rapidamente incontrando grande favore fra le donne non solo spagnole, ma anche fra le genovesi, veneziane, messicane e tutte le altre che vivevano nei vastissimi territori della Spagna di Filippo IV, o in città che intessevano frequenti contatti di natura politica e commerciale con il Regno di Spagna.

Mentre abbiamo poche testimonianze femminili sull’argomento, abbondano i trattati e saggi a opera di uomini. La maggior parte dei pareri maschili era a sfavore dell’indumento, in quanto era considerato responsabile di rovinare la reputazione delle donne che lo indossavano e di incoraggiarle a intraprendere relazioni fuori dal matrimonio, poiché un’eventuale gravidanza avrebbe potuto essere nascosta dall’ampiezza della sottogonna (è però da notare che non risultano documenti storici che avallino la verosimiglianza di tale accusa). Tutti gli autori, inoltre, concordarono nell’evidenziare come l’indumento impediva alle donne di muoversi liberamente, ma sulla bontà delle conseguenze di questa limitazione fisica i pareri si divisero: mentre alcuni vedevano tale costrizione come un pericolo che avrebbe permesso alle donne di non occuparsi della cura della casa e della famiglia, loro doveri primari, e che avrebbe fornito loro la scusa per condurre una vita dedita al lusso e al vizio, altri credevano che fosse da considerarsi positivo il fatto che una donna avesse difficoltà a svolgere un normale esercizio fisico (come saltare, correre, giocare). Fra questi ultimi, alcuni consideravano la vistosità dell’indumento come deterrente dall’intrattenere comportamenti devianti: il guardainfante non avrebbe fatto passare inosservata una donna fedifraga, ma anzi la sua dimensione l’avrebbe resa facilmente individuabile. Bisogna ricordare come la Spagna dell’epoca fosse profondamente tradizionalista e, oserei dire, misogina: abbondavano manuali come il De Institutione Feminae Christianae di Juan Luis Vives (1523) e La perfecta Casada di Luis Lèon (1583), in cui la donna veniva descritta come sottomessa al marito e come una sorta di “incubatrice” di nuovi eredi. Coerentemente con quanto stabilito dalla Chiesa Cattolica, infatti, non doveva esserci posto nella sua vita per i cosmetici e per la cura della persona, tranne nei casi in cui fosse stato il marito a desiderarlo. Il guardainfante, con la sua eccentricità, suggeriva al contrario un interesse della donna per il suo aspetto esteriore e la sua volontà di esistere indipendentemente dal ruolo di moglie e di madre.

Dunque, l’astio maschile contro il guardainfante causava negli anni Trenta del secolo talmente tanto scalpore da divenire una questione di ordine pubblico. Molte donne che lo indossavano furono molestate per le strade, soprattutto a Madrid, subendo umiliazioni e ingiurie di ogni sorta, che sfociarono addirittura in un omicidio quando i paggi e il marito di una dama che lo portava uccisero due uomini colpevoli di molestarla. La reazione ostile e violenta si può documentare anche grazie alla letteratura e al teatro: oltre a essere protagonista di numerose poesie satiriche di stampo misogino, l’indumento serviva nella drammaturgia comica come strumento attraverso cui ogni sorta di delitto e di menzogna femminile veniva perpetuata. Spesso, poi, le violenze subite nella realtà si riproducevano sul palco, quando, alla fine di ogni interludio o pièce comica ideati degli autori del siglo de oro, l’ordine maschile veniva ristabilito sulla ribellione ed esuberanza femminile, attraverso la denudazione e l’umiliazione pubblica della malcapitata, cui l’indumento veniva strappato via con violenza. La legge suntuaria del 1639 emanata dal re Filippo IV serviva dunque a riportare la calma e l’ordine pubblico e a tentare di sedare l’accesa discussione che si ampliava a macchia d’olio: ormai l’argomento era un affare di stato. La legge proibiva a ogni donna che non fosse una prostituta di indossare il guardainfante, pena una multa salata e, successivamente, l’esilio. A scopo dimostrativo erano stati fatti appendere al balcone del tribunale spagnolo gli indumenti incolpati, indicati come segno di peccato. Probabilmente, però, la legge non ebbe l’effetto sperato, come si evince anche dalla necessità di aggiornarla e rinvigorirla negli anni successivi; le donne quindi continuarono a fare sfoggio del guardainfante e a chiedere agli uomini di lasciarle libere di indossare ciò che preferivano.

(anonimo; ca 1641-42)
Uno degli elementi più controversi e quasi paradossali che caratterizzano la storia del guardainfante, risiede nel fatto che le prime a sfoggiarlo come parte dei loro splendidi completi erano le donne della casa reale. Diversi sono i ritratti delle due mogli di Filippo IV, ovvero della regina Isabella di Bourbon, e, dopo la morte di questa, della giovanissima regina Mariana di Austria, con indosso il tanto dibattuto capo di vestiario. Probabilmente la ragione si cela proprio dietro la scandalosa reputazione che collegava l’indumento alla maternità. Quando indossato da principesse e regine, il guardainfante diveniva semplicemente simbolo di prosperità e fertilità, e immortalarlo in un dipinto ufficiale serviva a rassicurare il popolo sulla capacità delle regine di partorire degli eredi. Il periodo di maggiore diffusione del guardainfante si ebbe proprio all’epoca della regina Mariana d’Austria che, indossandolo frequentemente nelle occasioni ufficiali, lo rese un must have alla moda per tutte coloro che desideravano essere eleganti e somigliare alle nobili. Osservando il suo ritratto a opera di Velàzquez si può notare come l’indumento si fosse in più di un decennio trasformato e impreziosito, allontanandosi molto dal verdugado: la larghezza all’altezza dei fianchi si amplia di molto, inoltre viene spesso accompagnato con trecce e decorazioni di ogni sorta.

di Diego Velàzquez (ca. 1652)
Le fonti storiche mostrano come l’indumento un tempo riservato per legge alle sole prostitute, verso la metà del secolo, abbia assunto una connotazione politica, giocando un ruolo di primo piano nelle relazioni internazionali. In molte città italiane, come Genova e Milano, indossare un guardainfante voleva dire schierarsi a favore della Spagna e contro la Francia; o ancora in un matrimonio fra nazioni nemiche, l’abito della sposa, e quindi la scelta di indossare un guardainfante, ormai divenuto simbolo della Spagna, suggeriva il desiderio delle principesse spagnole che sposavano sovrani esteri di rimanere ancorate alla propria cultura e tradizione. Ad esempio, i sudditi inglesi non riconobbero mai veramente la portoghese Caterina di Braganza come loro regina a causa del suo insistente uso dell’indumento: in Inghilterra, infatti, l’utilizzo di ogni farthingale era passato di moda da decenni.

La moda dell’indumento declinò solo molti anni dopo la scomparsa di Filippo IV, intorno agli anni Ottanta del XVII secolo, ma rimase ancora per molto tempo in uso a corte, ambiente in cui le nobildonne spagnole erano solite farsi ammirare nei loro enormi guardainfante, che venivano orgogliosamente ostentati, grazie alla loro controversa reputazione, come liete promesse di fertilità.
Fonte: Amanda Wunder, Women’s Fashions and Politics in Seventeenth Century Spain: The Rise and Fall of “Guardainfante”, New York, Renaissance Society of America, 2015, 186 pagine
In copertina: La infanta doña Margarita de Austria di Juan Bautista Martínez del Mazo, Circa 1665, Museo Nacional del Prado, Madrid.
***
Articolo di Nilowfer Awan Ahamede

Nata a Roma nel 1994, dopo la maturità classica si è laureata in “arti e scienze dello spettacolo” presso l’università La Sapienza. Attualmente frequenta il corso di laurea magistrale di “fashion studies”. Si interessa di fotografia e ha vinto alcuni concorsi del settore artistico.
Articolo molto interessante. Pieno di orgomentazioni e di ricerca. Ben impostato. Belle anche le foto. Fa capire che la storia del costume ha un ruolo molto importante nella cultura che esprime e dà una luce sul periodo che interessa a tutto fondo. Grazie per queste informazioni. Se ne vorrebbero leggere di più.
"Mi piace""Mi piace"