Una ricerca qualitativa attraverso le narrazioni autobiografiche dei genitori

Le differenze di genere sono frutto della costruzione di significati sul maschile e sul femminile, acquisite e apprese attraverso un processo di socializzazione che definisce quali comportamenti, atteggiamenti e valori sono più adeguati rispetto al sesso di nascita in una determinata società. Diverse agenzie di socializzazione sono responsabili nel trasmettere e tramandare ideali relativi al genere, ma studiosi e studiose hanno posto l’attenzione soprattutto verso il ruolo genitoriale, dal momento che le famiglie si configurano come “agenzia primaria” nel processo di formazione dell’identità e come primo spazio in cui si entra in contatto con la dimensione del genere.
Madri e padri, a partire dal modo in cui interpretano e agiscono significati e ruoli di maschile e femminile, contribuiscono a tramandare non solo modelli, ma anche l’esperienza/idea stessa di genitorialità. Il ruolo di genitore, oggi, è sicuramente diverso dal passato dal momento che siamo inseriti/e in una società che muta e con sé anche la figura genitoriale, un mestiere che si apprende solo con l’esperienza. Nella scelta dello stile genitoriale, così come avviene per la costruzione della propria idea di genitorialità, subentrano numerose variabili, tra cui quelle individuali (carattere e personalità) e il modello genitoriale con cui si è stati/e cresciute con la relativa percezione. Proprio determinati modelli che pensavamo di non replicare mai con i/le figlie, da cui ci saremmo voluti/e distanziare, vengono riproposti, costituendo così un esempio di trasmissione involontaria.
In ragione di ciò, è necessaria un’educazione al genere che possa rompere tali strutture che, attraverso la socializzazione, continuano a essere riprodotte, ponendo le basi per il mantenimento di diverse forme di asimmetria di genere. Questo perché è proprio dalla quotidianità che bisogna partire per insegnare ai/alle più piccole che hanno uguali diritti e doveri e è compito di ciascuno/a di noi impegnarsi, affinché i/le nostre figlie non crescano ingabbiate in stereotipi che inevitabilmente plasmeranno la loro visione del mondo e la loro identità di genere.

Il presente studio propone una riflessione sui significati che vengono a crearsi nel tempo tra generazioni diverse della stessa famiglia, andando così a indagare quanto il sistema famigliare possa intervenire nella costruzione dell’idea e identità di genere dei figli e delle figlie e di come tali stereotipi continuino, o meno, a limitare le loro azioni e possibilità. Nella ricerca, a partire dalle narrazioni dei genitori, emergono, si esplorano, i ruoli di genere in famiglia, i meccanismi di formazione dell’identità, gli ideali di maschilità, femminilità e le relative aspettative comportamentali e di vita.
L’obiettivo generale è stato quello di descrivere e analizzare i pensieri, le stabilità e i cambiamenti rispetto ai ruoli di genere in famiglia, andando a comprendere le ideologie attraverso le quali, i genitori tramandano e pensano i ruoli sia nella gestione della vita domestica che nella cura e educazione dei/delle figlie. Facendo riflettere sul proprio passato e presente, si ottiene anche una prospettiva più chiara sugli obiettivi e aspettative verso il futuro personale e della prole.

Al fronte dei risultati raccolti sono emerse sia molteplici visioni stereotipate dei ruoli di genere, sia pensieri divergenti, segno che qualcosa sta cambiando, ad esempio, le aspettative dei nuovi genitori sono pensate in un’ottica di maggior libertà, soprattutto verso la sfera femminile, in modo tale che si realizzino e che diventino indipendenti, aldilà della presenza di un/a compagna al loro fianco. I risultati hanno confermato la necessità di una precoce educazione di genere, volta a decostruire le molteplici ideologie sessiste, incoraggiando le nuove generazioni a sperimentare forme identitarie di genere libere, non stereotipate, educando bambini e bambine a essere cittadini/e consapevoli di condividere uno stesso mondo, stessi ruoli e stesse possibilità. Per uscire da quelle “gabbie di genere” divenute oggi elementi sociali e culturali radicate, è necessario che i genitori imparino a riconoscere la differenza, a saperla pensare, lasciando spazio a personali modi di vivere sia in ambito privato che pubblico. Si dovrebbero educare le nuove generazioni a riconoscere nell’alterità un valore da preservare e da coltivare come arma contro ogni forma di marginalizzazione e di ingiustizia. Questo significa costruire tra genitori e figli/e un dialogo costante, aperto ai diversi punti di vista e capace di pensare ai problemi come opportunità per ascoltarsi, confrontarsi e crescere insieme. Se le nuove generazioni devono poter vivere consapevolmente il processo e la circolarità tra disfare-creare il genere, gli/le adulte con responsabilità educativa sono chiamate a fornire loro un sostegno.
Educare a disfare il genere non significa eliminare le differenze di genere nella direzione di uno scenario di neutralità, ma significa sfidare l’ordine di genere dominante, far cogliere che le differenze tra donne e uomini visibili in una data società sono state costruite mediante un’opera alla quale collaboriamo tutti/e e che la gerarchia di valori che esprimono può essere messa in discussione e modificata.

Dal momento che uno dei compiti dell’educazione è quello di introdurre cambiamenti di atteggiamenti, comportamenti e sensibilità nella singola persona e nei gruppi, disfare il genere diviene quindi un’occasione per aprire vie verso nuovi modi di stare al mondo che sappiano essere rispettosi e inclusivi di ogni differenza.

Qui la pubblicazione della tesi integrale: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/166_Dati.pdf

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Articolo di Serena Dati

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Laureata in Scienze dell’Educazione e Formazione e in Pedagogia clinica e dirigenza scolastica presso l’Università degli Studi di Firenze, attualmente è iscritta al Master Bambine e Bambini e Adolescenti Orfani/e per femminicidio: azioni di prevenzione e modelli di intervento educativo per professionisti e professioniste dei settori educativi, sociali e socio-sanitari. Si interessa delle tematiche sul genere e sulle pari opportunità.

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