Un pedofilo viene arrestato per omicidio. In carcere scrive la propria difesa, dove accusa la dodicenne, che anni prima rapì e abusò per mesi, di essere la fonte delle sue disgrazie e fulcro della sua ossessione per le bambine. Prima che possa aprirsi il processo, però, il prigioniero muore. Leggendo queste poche righe, metterei la mano sul fuoco che pochissime e pochissimi di voi hanno riconosciuto la trama di Lolita di Vladimir Nabokov, uno dei libri più controversi della storia della letteratura. Pubblicato a Parigi nel 1955 in lingua francese, la storia dell’attrazione di un uomo maturo per una dodicenne creò, oltre allo scandalo e all’indignazione, uno dei fraintendimenti più curiosi e inquietanti che mai ci siano stati fra l’intenzione autoriale e la ricezione del pubblico.
Vladimir Nabokov asserì che la gestazione del romanzo durò più di un decennio e, per quanto da lui negato, è molto probabile che si sia ispirato a un caso di cronaca avvenuto nel Nord America nel 1948: l’undicenne Florence Sally Horner fu rapita da Frank La Salle, un cinquantenne che si spacciò per agente dell’Fbi per ingannarla; Sally venne tenuta prigioniera per 21 mesi, trascinata da una parte all’altra degli Stati Uniti, abusata quotidianamente, finché non riuscì a confidarsi con qualcuno e a venire liberata. Tornata a casa, però, la comunità la stigmatizzò come prostituta, addossandole la colpa delle sue disgrazie. Horner morirà qualche anno dopo, quindicenne, in un incidente stradale.
Chi ha letto Lolita sicuramente noterà similitudini con le vicende narrate: Humbert Humbert ― uno pseudonimo ― è un letterato con la passione per le bambine, da lui chiamate ninfette, e convinto di essere oggetto delle loro attenzioni e tentativi di seduzione; si invaghisce di una dodicenne, Dolores, quando la vede prendere il sole nel giardino di casa sua, e ne diventa ossessionato al punto da intraprendere una relazione con la madre della piccola pur di poter stare accanto a colei che ora chiama Lolita. Per un caso fortuito, la madre di Dolores muore in un incidente dopo aver scoperto l’ossessione del suo neo-marito per la figlia, ed essendo Humbert il patrigno di Dolores, è ora l’unica sua figura di riferimento emozionale e legale, cosa di cui non esita ad approfittarsi: rapisce la piccola e viaggia da una parte all’altra degli Stati Uniti fingendosi suo padre, la manipola e ne abusa sessualmente ogni giorno, fino a quando la ragazzina non riesce a trovare il modo di scappare approfittandosi delle attenzioni di un altro pedofilo, Quilty. Tempo dopo, è Dolores stessa a ricontattare il patrigno: è fuggita da Quilty dopo aver rifiutato di essere protagonista dei suoi film porno, si è fidanzata con un meccanico, è incinta e ha bisogno di soldi; Humbert decide di aiutarla anche se sa che la figliastra non tornerà più da lui. Dolores morirà qualche tempo dopo di parto, mentre Humbert viene arrestato per aver ucciso l’uomo che aveva aiutato la sua vittima a scappare. Il romanzo si chiude con la richiesta di Humbert che il manoscritto delle sue memorie venga pubblicato postumo alla morte sua e della ragazza, di modo che nessuno dei protagonisti di quelle vicende sia ancora vivo quando verranno esposte al mondo.
Nabokov è una delle punte di eccellenza della narrativa russa. Scrisse in russo, inglese e francese, mostrando sempre un uso sapiente e innovativo della prosa; le trame complesse delle sue opere sono nascoste dietro giochi di parole, allusioni, metafore e doppi sensi, invogliando lettori e lettrici a rileggere e analizzare il testo in cerca di indizi sul vero messaggio che l’autore intende mandare. Lolita non si distanzia da questa filosofia di lavoro, ne è anzi l’esempio perfetto, un capolavoro di intenso lirismo dove frasi articolate e parole ricercate nascondono la tremenda e patetica difesa di un uomo meschino dalle accuse di un tribunale ― perché è questo Lolita: il racconto di un pedofilo che cerca di usare retorica e bei discorsi per scaricare la colpa dei suoi crimini su una bambina o altre cause esterne, passare per pazzo per avere una riduzione della pena.

L’uso accorto e strategico della parola può essere un’arma letale e difensiva e Humbert da letterato lo sa bene; lo sa bene anche Nabokov, che non ha mai nascosto quale sia la vera chiave di lettura del romanzo: Lolita è un’opera conforme ai canoni dell’estetismo, dell’arte pura senza altra intenzione dietro di essa. Lo scrittore credeva fermamente che come lettori o lettrici potessero recepire l’opera non fosse un suo problema, un qualcosa che dovesse impedirgli di esplorare argomenti anche controversi, e quanto da lui trattato non rifletteva necessariamente la sua opinione. Mai ha esitato a parlare di Humbert come di un reietto meschino e crudele, e questa opinione negativa sul personaggio da parte del suo creatore traspare più volte dal romanzo con la spiccata ironia per cui Nabokov era famoso. Ne sono esempio la fittizia prefazione alle memorie di Humbert scritta dallo psichiatra che lo aveva in cura, in cui raccomanda cautela nel corso della lettura, le decine di righe spese a cercare di giustificare e abbellire la sua attrazione per le bambine o quanto sta facendo a Dolores e, soprattutto, l’accortezza con cui nel finale si raccomanda alla clemenza dei giudici, ricordando loro la sua infermità mentale.
Anche a una lettura più attenta nulla indica che Nabokov assolva Humbert dalle sue azioni: il testo è completamente autoreferenziale, come se Humbert cerchi di convincere prima sé stesso che i giudici del fatto che bambini e bambine posseggano una innata natura “demoniaca” che attrae gli adulti come lui. Poco traspare riguardo a chi fosse realmente Dolores: Lolita altro non è che una lente che permette a Humbert di vedere una realtà che non esiste; da quel poco che si può carpire, Dolores è una normalissima preadolescente che fa cose da preadolescente, come disobbedire alla madre e guardare film e aspirare a essere una famosa attrice, e qualunque tentativo di sedurre o provocare Humbert esiste solo nella mente malata dell’uomo. Insomma, le intenzioni di Nabokov sono chiare, così come quelle di Humbert. È per questo che si rimane sbigottiti davanti al trattamento riservato al libro e al suo protagonista da una buona fetta della critica e da lettori e lettrici, e viene spontaneo domandarsi quanto Lolita abbia rivelato riguardo la nostra società.
Innanzitutto, spesso il romanzo viene classificato come un libro erotico, nonostante non ci sia una sola scena di sesso esplicito ad eccezione di una – se così si vuole classificarla – in cui Dolores stiracchia le gambe e le appoggia accidentalmente sul grembo di Humbert, che interpreta quel gesto come una provocazione. Gli stupri subiti dalla ragazzina non vengono mai descritti ma è ben evidente quali siano i suoi veri sentimenti, e neanche la parlantina di Humbert riesce a distorcere del tutto la realtà – ad esempio, quando descrive come Dolores piangesse ogni volta che lui le faceva violenza. La tendenza a incolpare la vittima per aver subito uno stupro non risparmia neanche la letteratura, e Lolita ne è forse l’esempio più sconvolgente: ci sono voluti decenni prima che la maggior parte della critica parlasse di Humbert per quello che è, un pedofilo e stupratore, invece di definirlo un antieroe, un uomo tormentato da desideri proibiti, che in fondo non ha reali colpe perché quella è la sua natura e, anzi, parte della colpa va alla sua prima fidanzatina Annabel, morta molto giovane, che ha causato in lui un trauma che lo porta a ricercarla nelle preadolescenti (si noti: mentre scrive, Humbert è in cura presso uno psichiatra e molte parti del testo sembrano una rielaborazione delle loro sedute).


E Dolores, la vittima, non viene mai vista come tale: nonostante di Dolores sappiamo poco sono stati scritti paragrafi su paragrafi sulla sua “innocente seduzione”, sul come si presume si sia ingenuamente proposta all’uomo ora guidata da una cotta adolescenziale ora perché sessualmente precoce, di come fosse cosciente di quello che stesse facendo perché, come affermato da Humbert, ha sedotto un altro pedofilo per scappare, si è fatta mettere incinta da un povero ragazzo disabile e quindi da lei facilmente manipolabile, e non si è fatta problemi a ricontattare il suo aguzzino in cambio di soldi. Sottolineo la frase “affermato da Humbert”: in un romanzo dove mai potrebbe essere più evidente che il narratore è inaffidabile, migliaia di persone si sono lasciate sedurre dalla bella prosa e si sono schierate dalla sua parte, sminuendo la gravità delle sue azioni e cercando il modo di incolpare anche la ragazza delle sue disgrazie. Questa interpretazione va completamente contro le intenzioni di Nabokov, il quale si sorprese nel vedere la quantità di pubblico pronto a difendere Humbert e ad attaccare Dolores. Teorizzò che molti degli equivoci attorno alla storia siano nati perché molte e molti sono stati incuriositi dalla controversia: letti i primi capitoli, compreso che non c’erano scene di sesso esplicite fra l’adulto e la dodicenne, chiuso il libro per poi non riaprirlo mai più.

di Stanley Kubrick
Inoltre, un grandissimo ruolo nel revisionismo sulle intenzioni dello scrittore venne giocato dagli adattamenti del romanzo, su tutti l’omonimo film di Kubrick del 1962 che, nonostante il benestare di Nabokov, portò significativi cambiamenti alla trama. Kubrick era agli inizi della sua carriera e all’epoca era ancora in vigore il codice Hays, una serie di direttive sul buoncostume che i film americani dovevano rispettare quando mostravano scene esplicitamente o implicitamente violente o sessuali. Una storia come quella di Lolita non sarebbe mai stata realizzabile come film con il codice Hays attivo; perciò Kubrick si ingegnò per mediare fra il materiale di Nabokov e le richieste della produzione, col risultato che moltissimi elementi tragici mostrati più o meno chiaramente nel libro vennero resi momenti comici nel film, i riferimenti alla pedofilia vennero per la maggior parte cancellati e l’età di Dolores venne alzata da dodici a sedici, rendendo agli occhi della società degli anni Sessanta la relazione fra patrigno e figlioccia più digeribile per quanto ancora parecchio scandalosa.


Il film ebbe un incredibile successo ma snaturò Lolita, rendendo la relazione fra pedofilo e vittima una specie di commedia nera fra un adulto e l’avvenente figliastra contro un mondo esterno pieno di pericoli. Molte persone conobbero Lolita grazie allo scandalo suscitato dalla sua pubblicazione, ma seppero della trama dal film di Kubrick, e lessero poi il libro attraverso questa lente. Il successo combinato di romanzo e pellicola con in aggiunta la distorta interpretazione della trama da parte di Kubrick portarono alla creazione delle figure letterarie della “ninfetta” e il suo equivalente maschile “fauno”: originariamente parte della narrativa creata da Humbert, col tempo i termini sono passati a indicare ragazze e ragazzi preadolescenti e sessualmente precoci che cercano di sedurre più o meno consapevolmente un personaggio più grande, in genere un uomo. “Lolita” è diventato invece un termine più generico che indica ora una giovinetta promiscua, ora una donna già adulta ma con la mentalità e l’ingenuità di una adolescente, ed ebbe un grande successo presso il cinema, nonché nei siti pornografici, dove è una delle categorie più prolifiche e popolari, dove le protagoniste sono ragazzine che solo recentemente hanno raggiunto la maggiore età, oppure sono maggiorenni ma mostrano molti meno anni. In tutti questi casi, la colpa viene fatta ricadere non sull’adulto, ma sul/sulla preadolescente, reo o rea di aver stuzzicato il desiderio in persone assai più grandi col proprio atteggiamento disinibito.


Per quanto si possa essere tentati di dare la colpa a Nabokov e alla sua prosa apparentemente così brillante, in grado di stregare migliaia di lettori e lettrici al punto da convincerle che non fosse così sbagliato che un uomo di mezza età e una dodicenne avessero una relazione sessuale, è da ritenersi che la spiegazione dietro l’equivoco Lolita sia molto più semplice da individuare e, purtroppo, molto più inquietante.
Basta vedere i titoli di giornale dove viene detto che bambini e bambine hanno “fatto sesso” con adulti invece che dire che sono stati stuprati; l’atteggiamento goliardico con cui si canzona un minorenne molestato dalla sua insegnante, e i tanti commenti su quanti uomini adulti avrebbero voluto essere al suo posto ad essere circuiti e toccati nelle zone intime; al tono accusatorio riservato a ragazze nella precedente situazione, e alle speculazioni su come lo abbiano fatto in cambio di voti migliori, o soldi, o ricariche telefoniche, o altro. Si può guardare alle categorie sui siti pornografici, e alla bizzarra popolarità di categorie con protagonisti ragazze e ragazzi barely legal, ovvero legalmente maggiorenni ma con l’aspetto ancora evidentemente puerile; similmente, i numerosi hashtag in tendenza sui social dopo che un adolescente famoso diventa maggiorenne, con centinaia di adulti – spesso anche molto adulti – che gongolano all’idea di poter desiderare sessualmente quella persona senza più subire conseguenze legali o rimorsi morali. Si può guardare anche al “cortocircuito” creato da parecchie serie televisive: per aggirare il divieto di mostrare adolescenti in atteggiamenti intimi o scene di sesso vengono ingaggiati attori e attrici (soprattutto attrici) fra i venti e i trent’anni per interpretare quei ruoli, e decenni di questa pratica hanno creato una visione distorta del periodo adolescenziale e di come ragazzi e ragazze di quell’età dovrebbero apparire.

Non è stato Humbert ad essere convincente nelle sue argomentazioni: è stata parte della società di allora e di oggi che ha convinzioni e una base culturale in linea con quelle di Humbert. Un tema che solo di recente sta cominciando ad essere affrontato, e che in Italia non è nemmeno stato toccato se non da persone finte-esasperate dal politicamente corretto che lamentano il non poter approcciare ragazze delle medie e del liceo liberamente come un tempo.
In copertina: immagine dell’edizione latinoamericana di Lolita.
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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.