Mimì

Domenica Rita Adriana Bertè, figlia di una maestra e di un docente di latino e greco, secondogenita di quattro figlie, fin da piccola sogna di fare la cantante e si esibisce in feste e balere nella sua amata Bagnara Calabra. Con la sorellina Loredana condivide il giorno di nascita, il 20 settembre, anche sei lei è nata nel 1947 e l’altra tre anni dopo, e ciò le lega particolarmente anche se questo non vuol dire che ami meno le altre due, Leda e Olivia. In famiglia la chiamano Mimì e la accompagnano a tutti i suoi eventi e ai concorsi di canto anche se la vita è difficile, con un padre sempre lontano per lavoro e che quando è a casa le insulta e alza le mani su di loro.

Mimì insieme alla sorella Loredana

A 19 anni, conscia che nella sua amata Calabria non avrebbe potuto ottenere il contratto discografico che tanto brama, e per scappare da quel padre abusante e violento, Mimì convince la madre a tentare audizioni a Milano. Qui conosce Carlo Alberto Rossi, produttore che la accompagna negli esordi. Nel 1963 incide il primo 45 giri con la Car juke box, acquistando notorietà con la canzone Il magone. Un periodo stagnante la convince a cercare fortuna a Roma, dove si trasferisce con la madre e le sorelle; per mantenersi forma un trio assieme alla sorella Loredana e al suo giovane amico Renato Fiacchini (che ancora non è Renato Zero) e lavora presso i sindacati per cantanti e cantautori. Nel 1969 sconta 4 mesi di carcere per possesso di marijuana: la sua fedina penale e la reputazione ne escono puliti, ma Mimì è profondamente segnata da quella esperienza. È l’incontro con l’avvocato Alberigo Crocetta, produttore discografico per la Rca e fondatore del Piper, la discoteca più famosa di Roma, che dà la svolta definitiva: Mimì diventa Mia Martini, unendo il nome della sua attrice preferita, Mia Farrow, a quello dell’omonimo alcolico italiano, assai conosciuto all’epoca in tutto il mondo. Ed è proprio al mercato internazionale che Crocetta pensa quando la prende sotto la propria ala.

Mia Martini nel 1973

Nel 1971 esce Padre davvero, il primo brano sotto il nuovo pseudonimo. Il racconto di un conflitto generazionale tra padre e figlia suscita scandalo presso la censura radio-televisiva, considerando il testo dissacrante e offensivo; ma la voce di Mia Martini attira il pubblico al punto che nessun tentativo di censura riesce a fermare l’ondata di richieste alle radio per trasmettere Padre davvero: un’ampia estensione vocale e grande agilità nel passare da un registro all’altro, insieme all’intensità delle sue interpretazioni, fanno innamorare ascoltatori e ascoltatrici. Collabora con l’allora poco conosciuto Claudio Baglioni per i brani Gesù è mio fratello e Lacrime di marzo, che andranno poi a confluire nel primo Lp, Oltre la collina. L’Lp è un successo di critica e vendite, raro ai tempi per una cantante italiana, e uno dei primi concept album in Italia: tutti i brani sono legati a una tematica, in questo caso un senso di disperazione e solitudine giovanile; con la sua voce potente e una interpretazione struggente, Mia Martini è tra le prime in assoluto a parlare di tematiche come malattia, religione e suicidio nelle proprie canzoni.

Copertina del singolo Minuetto

Lucio Battisti, profondamente impressionato, la volle nel suo speciale televisivo Tutti insieme, dove Mia si esibisce con una versione censurata di Padre davvero. Nel 1972 la Rca tenta di mandarla a Sanremo col brano Credo, che viene però rigettato – l’inizio di un difficile rapporto fra Mia Martini e la kermesse sanremese. Quello stesso anno Crocetta decide di lasciare Rca e di unirsi alla casa discografica milanese Ricordi, e Mia lo segue. Incide e pubblica Piccolo uomo, un successo che supera i confini italiani e le fa ottenere la prima vittoria al Festivalbar, nonché il primo disco d’oro. A settembre partecipa alla Mostra internazionale di Musica leggera di Venezia col brano Donna sola, fortemente influenzato dal genere soul, e a ottobre esce il secondo album Nel mondo, una cosa. Nel 1973 incide uno dei suoi brani più iconici, Minuetto: è la prima collaborazione col cantautore romano Franco Califano, che da quel momento sarà uno dei suoi più cari amici. Califano si ispira alla complicata vita privata di Mia per scrivere un testo su una donna intrappolata in un amore tossico, da cantare su una melodia ispirata alle ballate pop che tanto piacciono a Mia. Minuetto le valse un altro disco d’oro e il primo di platino, e le garantisce la seconda vittoria al Festivalbar, prima donna e seconda artista in assoluto a bissare il famoso evento dopo Lucio Battisti. Seguono Bolero e Il guerriero, che verranno poi inclusi nell’Lp Il giorno dopo, un concept album in cui i brani sono legati dalla speranza di un domani migliore. Nell’album è presente anche una delle prime canzoni italiane a parlare di tossicodipendenza, La malattia, mostrando ancora una volta quanto Mia non tema di mostrarsi in tutte le sue sfaccettature, anche le più drammatiche e controverse.

Il 1974 è l’anno del riconoscimento a livello europeo: canta i suoi successi in francese, tedesco e spagnolo, e incide il brano inedito Agapimu in greco, che verrà poi incluso nel nuovo album È proprio come vivere: vende 300.000 copie e le fa guadagnare un terzo disco d’oro nonché il record del milione di copie vendute. La televisione la richiede a gran voce: a fine anno registra il primo speciale a lei interamente dedicato, Mia, e diviene una delle conduttrici radiofoniche di Ciao domenica. Nel 1975 esce il nuovo Lp Sensi e controsensi, uno dei suoi preferiti. La nota rivista Tv sorrisi e canzoni la nomina donna dell’anno e in autunno è protagonista di La compagnia stabile della canzone, programma di varietà molto apprezzato dal pubblico. I continui e strabilianti successi spingono la Ricordi a spremere quanto può Mia, dandole anche canzoni che lei considera di poca qualità. Vincolata dal contratto, è costretta a registrare il nuovo album Un altro giorno con me mentre partecipa a La compagnia stabile della canzone, iniziando ad accusare un forte stress che le impedisce di riposare; per di più molti dei brani che scrive e registra vengono scartati a discapito di pezzi più commerciali ma qualitativamente inferiori – usciranno come inediti solo dopo molti anni. Nel 1976, esausta, Mia recide il contratto con la Ricordi e ne firma uno molto più vantaggioso con la Rca – che le offre la tanto agognata libertà di scegliere il proprio repertorio. Sotto la nuova casa discografica esce Che vuoi che sia… se t’ho aspettato tanto, il settimo album musicale, dove a brani pop se ne alternano di più raffinati come Io donna io persona, Se mi sfiori – in collaborazione con Mango – e Preghiera. Il successo dell’album viene offuscato dalla ritorsione della Ricordi, che porta Mia in tribunale e ottiene non solo il ritiro dell’album dal commercio, ma anche un sequestro di beni e guadagni derivati da quelle vendite e una penale di 90 milioni di lire dell’epoca, che lasciano Mia sull’orlo della bancarotta.

Mia Martini con Ivano Fossati

Nel 1977 partecipa all’Eurovision, piazzandosi tredicesima con il brano Libera, che tuttavia si rivela un successo internazionale e travalicante l’oceano. Incide un altro dei suoi brani più iconici, Per amarti, che darà anche il nome al nuovo album; è durante la realizzazione di quest’ultima opera che incontra e collabora con Ivano Fossati, cantautore e produttore, un fruttuoso legame professionale che diventerà anche un’importante storia d’amore. Con Ritratto di donna partecipa al Festival mondiale della canzone popolare di Tokyo vincendo nella categoria Most Outstanding Performance. Il 10 gennaio del 1978 fa il suo trionfale debutto all’Olympia di Parigi assieme al cantautore francese Charles Aznavour. In questo periodo, anche sotto la guida di Fossati, Mia è più attenta nello scegliere i progetti su cui lavorare: le forti discussioni scaturite dalle pesanti modifiche apportate al testo e all’arrangiamento di Libera e il ritardo nell’uscita dell’album la convincono a lasciare la Rca e a passare alla Warner Bros. Records, l’unica etichetta che accetta di pagare il debito che Mia contrae con la vecchia casa discografica dopo la rottura anticipata del contratto. In collaborazione con Fossati pubblica Vola, che farà da preludio al loro album Danza, contenente brani che il cantautore ligure aveva scritto apposta per la sua amata: per i testi e l’interpretazione di Mia Danza è considerato il migliore lavoro di Fossati. La gelosia di quest’ultimo, tuttavia, inizia a guastare il rapporto fra i due: dopo aver fatto saltare l’ambita collaborazione con Pino Daniele i due litigano e la salute mentale di Mia peggiora drasticamente. Le trovano dei noduli alle corde vocali, che richiederanno due interventi per essere tolti e la costringeranno a una lunga pausa.

In questo periodo, Mia decide che è tempo di mostrarsi anche come cantautrice e avere il pieno controllo della propria carriera e produzione artistica. L’intervento ha purtroppo cambiato la sua voce, rendendola più roca e meno estesa ma non per questo meno incantevole: nel 1981 esce per la Ddd l’album Mimì, dieci brani interamente scritti da lei in cui richiama l’attenzione del pubblico sul suo ritorno. L’album ha un buon successo, ma è in questo periodo che Mia nota e denuncia un crescente ostracismo nei suoi confronti da parte delle radio e della televisione italiana. Nel 1982, dopo anni di tentennamenti e ripensamenti, partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo con E non finisce mica il cielo, scritto da Fossati, e considerato uno dei brani più romantici della canzone italiana. Tutte e tutti sono consapevoli che nonostante l’alta qualità del testo e dell’interpretazione Mia non avrebbe vinto – il podio andò a Riccardo Fogli con Storie di tutti i giorni, ad Albano e Romina con la famosissima Felicità, e a Drupi con Soli – e per questo è istituito dai giornalisti il Premio della critica, creato apposta per Mia (anche se lei non ritirerà mai il premio: sarà la sorella Loredana, nel 2008, a ritirarlo per lei, non senza polemiche sul ritardo della consegna). Sempre nel 1982 pubblica Quante volte… ho contato le stelle, un album soft funk di cui il brano Quante volte è il singolo promozionale, che riavvicina Mia al vecchio successo sia in Italia che all’estero. Molto toccanti sono Bambolina bambolina, una canzone che parla di una donna chiusa in un manicomio che fa i conti con la propria follia e il mondo; e Stelle, in cui racconta il rapporto con il successo e il lato negativo di quella fama tanto agognata da piccola, a cui si lega il brano di chiusura L’equilibrista, dove il lavoro dell’acrobata viene usato come metafora della fragilità del successo.

Sul finire del 1983 si intensificano le voci e le maldicenze sulla presunta sfortuna che sembra toccare chiunque collabori con Mia Martini: si parla di un albergo andato a fuoco nel 1973 in cui Mia risiedeva, di microfoni caduti a terra nonostante fossero ben saldati poco dopo il suo passaggio, di imprevisti continui. Quando riemerge la notizia di un incidente d’auto in Sicilia avvenuto nel 1970 in cui morirono due dei collaboratori di Mia, i giornali cominciano a parlare di una vera e propria maledizione che si attacca a chiunque fosse in sua presenza; non contenti, diffondono la falsa notizia che l’incidente sia avvenuto dopo che Mia si era rifiutata di pagare le camere d’albergo a quei collaboratori e che per questo erano saliti in macchina a notte fonda. In realtà era accaduto proprio il contrario – Mia si era offerta di pagare l’albergo per tutti ma i collaboratori avevano insistito per tornare a casa – ma ormai è tardi: la frase “Mia Martini porta jella” comincia a girare in lungo e in largo e il mondo dello spettacolo, da sempre caratterizzato da una forte credenza nella scaramanzia, comincia a cancellare le sue apparizioni in radio e televisione. In alcuni casi le/gli artisti si rifiutano di partecipare a un evento se lei è presente. Il colpo più doloroso lo infligge Gianni Boncompagni nel 1989, un amico di lunga data, che la umilia davanti ai suoi collaboratori quando è ospite del programma Discoring, proclamando tra le risate che la sua presenza avrebbe causato un blackout o lo scoppio di microfoni.

Sempre più amareggiata, Mia organizza due concerti evento al teatro Ciak di Milano dove registra dal vivo Miei compagni di viaggio, un album che ripercorre le tappe più importanti della sua carriera e che omaggia gli artisti e le artiste che più l’hanno influenzata, come Kate Bush, Fabrizio de André e Francesco de Gregori; partecipano la sorella Loredana, Ivano Fossati, Cristiano de André e l’amica Aida Cooper. L’evento si chiude con l’emblematico brano Ed ora dico sul serio (“Non vorrei più cantare”). La Ddd, tuttavia, non vuole arrendersi: le propone di partecipare al Festival di Sanremo del 1985 col Spaccami il cuore, scritto da Paolo Conte, ma la kermesse la respinge: un ovvio atto di ostracismo. Mia non esita a indicare nella giuria e in particolare in Red Ronnie i responsabili della sua esclusione, perché convinti che portasse sfortuna e che la sua carriera fosse ormai al tramonto. Spaccami il cuore esce in poche copie quello stesso anno, che è segnato anche dalla fine della relazione con Fossati. Mia si ritira nella campagna umbra, cantando occasionalmente per assicurarsi un’entrata, lontana dal mondo dello spettacolo che l’ha ormai emarginata.

Nel 1989 il musicista e discografo Gianni Sanjust la convince a tornare sulle scene, fornendole un contratto con la Fonit Cetra. Sanjust riprende un brano risalente al 1972 e rimasto fino a quel momento inedito: Almeno tu nell’universo. Mia partecipa con questo brano al Festival di Sanremo di quell’anno, incantando il pubblico e i giornalisti che per la seconda volta le assegnano il Premio della Critica. Il trionfo sanremese la convince a riprendere il lavoro: pubblica l’Lp Martini Mia… dove i due brani Notturno e Donna, scritti da Enzo Gragnaniello, parlano di violenza psicologica e fisica sulle donne. Con questo album ottiene un altro disco d’oro, e il presidente del consiglio Giulio Andreotti la proclama, per conto del Premio Donna Roma, “L’interprete per eccellenza”. Nel 1990 fa il bis a Sanremo con La nevicata del ’56, vincendo per la terza volta il Premio della Critica, che viene incluso nell’album La mia razza, un lavoro che esplora diversi generi musicali. Si susseguono importanti collaborazioni con artisti italiani come Claudio Baglioni ed Enrico Ruggeri.

Mia Martini che si esibisce con un bis de Gli uomini non cambiano a Piacere Raiuno nel 1992

Nel 1992 esce un altro brano iconico, Gli uomini non cambiano, un successo che le vale il secondo posto a Sanremo e garantisce il successo dell’album Lacrime e un altro disco d’oro. L’argento sanremese le permette di partecipare all’Eurovision, che in quell’anno si tiene in Svezia. Le/gli svedesi dapprima la indicano semplicemente come la cognata del famoso tennista Bjorn Borg, compagno della sorella Loredana, ma non ci vuole molto perché si innamorino della sua voce e interpretazione del brano che presenta, Rapsodia. Ed è in questa occasione che Mia e Loredana, allontanatesi a causa di Borg, si riappacificano. Al Festival di Sanremo del 1993 duettano in Stiamo come stiamo, che parla del disagio della contemporaneità. In quello stesso anno riemergono tensioni con i suoi collaboratori e la nuova casa discografica, la Polygram: è costretta partecipare al Sanremo del ’94 con il brano E la vita racconta, che lei considera di bassa qualità e che è rigettato dalla kermesse, con grande sconcerto di colleghi e colleghe – Claudia Mori si offre di ritirarsi per darle il suo posto, cosa che il regolamento del Festival non permette e che neanche Mia, toccata dall’intenzione dell’amica, avrebbe accettato. I dissapori la portano a unirsi alla Rti Music, con cui incide l’ultimo album, La musica mi gira intorno in cui rielabora le canzoni dei suoi autori preferiti sui temi dell’amore e della fragilità dell’esistenza, il tutto trainato dall’ultimo grande successo, Viva l’amore. Questo avrebbe dovuto essere l’inizio di un più grande progetto in cui Mia avrebbe omaggiato gli artisti e le artiste che più l’hanno ispirata, a cui si unisce l’annuncio di un concept album dedicato alla luna e l’imminente collaborazione con Mina.

Tuttavia, tutti questi progetti sono destinati a non essere completati. A causa di un fibroma all’utero da tempo Mia prende una dose non meglio precisata di antidolorifici; durante le tappe del tour ad Acireale e Bari venne ricoverata d’urgenza per dolori allo stomaco e al braccio sinistro, sintomi che le equipe mediche sminuiscono e il suo entourage ignora per non far fermare il tour.
Il 14 maggio del 1995 viene ritrovata morta nel suo appartamento di via Liguria 2 a Cardano al Campo, in provincia di Varese, riversa sul letto in pigiama con delle cuffie in testa e protesa verso il telefono. L’autopsia identifica la causa in una overdose di cocaina.
Sono molte le teorie riguardo gli ultimi giorni di vita di Mia: le sorelle hanno raccontato di come fosse molto stanca negli ultimi tempi e di come il suo stato di salute sempre più precario fosse ignorato da chi le stava intorno. Loredana Bertè non fa mistero, anni dopo, di non credere alla tesi del suicidio e di considerare il padre responsabile della morte della sorella, raccontando delle percosse subite da tutta la famiglia per mano sua sin da quando erano piccole, e che il corpo di Mia era ricoperto di lividi proprio nel periodo in cui la cantante si era riconciliata col padre e si era trasferita a Varese per stare vicina a lui. La celerità con cui, su indicazione del padre, Mia è stata cremata avvalora, per Loredana, la tesi secondo cui il genitore sarebbe stato in qualche modo coinvolto. Affermazioni che le altre due sorelle ridimensionano, pur sostenendo anche loro che Mia non si sia suicidata.

Quale sia il vero motivo della morte di Mia Martini poco conta: nonostante una meritata, straordinaria carriera, non si può non sentire un senso di ingiustizia per come una delle voci più belle della storia della musica italiana sia stata trattata; e fa strano, facendo ricerche su di lei, quante delle persone con cui ha collaborato e stretto amicizia siano oggi ancora vive mentre lei non c’è più. Il mondo dello spettacolo è stato inclemente con lei, non solo per invidia: Mia ha trattato nei suoi brani temi importanti e pesanti come la dipendenza da droga e farmaci, la malattia mentale, la morte, la violenza sulle donne e il delicato rapporto fra padre e figlia in un’Italia che si stava avvicinando a nuovi modelli di famiglia, mascolinità e femminilità. La Rai era ed è tutt’oggi molto incline a censurare gli artisti qualora pensi che potrebbero oltraggiare il pubblico. Inoltre, Mia ha sempre avuto un forte attaccamento alla propria indipendenza come artista, come dimostrano frequenti cambi di case discografiche ogni qualvolta queste tentavano di stringere il controllo su di lei; assieme ai debiti nati per ogni contratto rescisso in anticipo, non è eccessivo pensare che la voce sull’essere una “porta-sfiga” sia stata alimentata proprio dalle case discografiche, che volevano punirla per aver cercato di ribellarsi al sistema.

Dopo la sua morte, il Festival di Sanremo le intitola il Premio della Critica. Loredana Bertè, profondamente provata dalla perdita, fonda per mantenere il suo ricordo l’associazione senza scopo di lucro Mia Martini Onlus, e le dedicherà testi e interpretazioni dei suoi brani di successo, cosa che faranno anche il vecchio amico Renato Zero (La grande assente), Enrico Ruggeri (Fango e stelle) e più recentemente i Negramaro (Scusa Mimì). Napoli, una delle città che più amava, le intitola una sala convegni; Bagnara Calabra la celebra come la sua più illustre concittadina, dedicandole un monumento e una via; Roma, Biella, Calenzano, Ravenna, Messina, l’Aquila e Cagliari le hanno tutte intitolato una strada o un giardino, un piazzale a Soveria Simeri e una piazza a Somma Vesuviana. L’elenco di artisti che le hanno dedicato una canzone o hanno reinterpretato i suoi brani è infinito: tra i più noti Tiziano Ferro, Franco Califano, Elisa, Mina, Achille Lauro e Annalisa, Antonello Venditti. La televisione, che un tempo l’ha ostracizzata al punto da rovinarle la carriera, ogni anno le dedica puntate speciali e manda in onda le sue esibizioni.
Nel 2019 esce il film biografico Io sono Mia dove è interpretata da Serena Rossi. Il fanclub di Mia, Chez Mimì, fondato a Messina nel 1989 è tuttora attivo e dedito a diffondere l’arte della beniamina e a mantenerne viva la memoria.

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Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.

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