Cambiamo discorso. Migranti: parliamo di donne

Riprende, dopo la pausa estiva, il ciclo di webinar Cambiamo discorso, organizzato dall’associazione Reti culturali. Dopo gli incontri che hanno toccato, con sguardo femminile, svariati temi quali la fotografia, l’arte, la Resistenza, la violenza di genere, la moda, giovedì 22 settembre prossimo si parlerà di donne migranti. Interverranno nella discussione Donatella Linguiti, presidente Amad (Associazione multietnica antirazzista donne) e la giornalista Linda Cittadini.
Prima del webinar, conversiamo con Donatella e Linda, come abbiamo sempre fatto per gli incontri precedenti (che potete leggere qui) perché sarà interessante ascoltare dalla loro voce il percorso di vita che le ha portate a essere quello che sono, ad affrontare questa attualissima tematica e l’esperienza che hanno in merito.

Prima di osservare da vicino la realtà dell’immigrazione nel nostro Paese – Donatella fondando l’associazione Amad e Linda nell’ambito del giornalismo – di che cosa vi siete occupate?
Donatella L.

Fondare Amad è stata la logica conseguenza delle mie passioni e delle competenze affinate lungo il percorso della mia vita professionale.
Appena laureata ho iniziato a insegnare, ho da sempre la passione politica e mi definisco femminista. Per circa 10 anni ho rivestito ruoli istituzionali, inizialmente come assessora presso la Provincia di Ancona, con le deleghe alle Politiche sociali, Pubblica istruzione, Immigrazione, Cooperazione decentrata e Pace, poi con deleghe ai Lavori pubblici, Edilizia scolastica e Pari opportunità.
Nella XV Legislatura della Repubblica italiana, II Governo Prodi, sono stata sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con deleghe ai Diritti e alle Pari opportunità. Sono stata componente dell’Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale dei cittadini stranieri a livello locale, istituito dal Cnel e del Congresso dei Poteri locali e regionali d’Europa. Nella costruzione di Amad e delle attività via via realizzate ho riversato la mia idea di impegno politico, in un periodo storico in cui non vedo più nelle formazioni partitiche i valori e le idee di un modello di società che metta al centro l’umanità.
Linda C.
Grazie al mio lavoro da giornalista – presso l’emittente televisiva è Tv Marche, dove ho iniziato a lavorare nel 2006, dopo la laurea in Comunicazione all’Università di Macerata – ho imparato a conoscere la realtà locale, soprattutto quella di Ancona, avvicinandomi sempre più spesso alla sfera sociale, che rappresenta per me quella più interessante, ovvero tentare di restituire un racconto della realtà più vicino alla stessa dal punto di vista delle persone. Ho imparato presto che il mondo si può incontrare in un solo quartiere e che la società è fatta di tante sfaccettature e di etnie diverse. Grazie ai miei studi avevo anche approfondito teoria e tecnica del documentario etnografico, uno strumento di racconto straordinario che diventa anche sostanza per approfondire punti di vista differenti.

Quali esperienze in particolare vi hanno condotte ad affrontare la tematica dell’immigrazione?
Donatella L.

Ho incontrato il mondo delle migrazioni sui banchi di scuola, con l’arrivo delle prime e dei primi studenti migranti, con i loro bisogni, le loro domande e le loro ricchezze, che mi hanno portato a rivedere sia le metodologia di insegnamento sia una diversa dimensione dei contenuti con uno sguardo non eurocentrico.
Linda C.
Oltre al lavoro sul campo nella nostra regione, ho avuto come giornalista la grande opportunità di seguire, come videomaker, due missioni umanitarie organizzate dalla parrocchia di Macerata in Etiopia e dal Sermir di Recanati con il Sermit di Tolentino in Burundi.

Etiopia, 2011
Burundi, 2014

Queste due esperienze sono state il primo vero incontro con l’Africa e sono state occasioni in cui ho potuto non solo vedere con i miei occhi, ma anche documentare la situazione e la vita delle persone. Essere in Burundi, in un minuscolo paese con il Pil più basso al mondo, avere un contatto diretto con le persone e le comunità, ma anche avere consapevolezza di come la storia coloniale e quella del nostro Paese siano state coinvolte nel processo che poi ha condotto questi Paesi alla dicitura “in via di sviluppo”, mi hanno fatto maturare una sorta di senso di responsabilità, anche nel mio lavoro. Andare alla radice è sempre l’obiettivo, accanto al cercare di aiutare, dando il proprio contributo, anche nella narrazione, il più possibile onesta e realista. L’incontro con Donatella e con Amad è stato il passaggio successivo, in cui il giornalismo è diventato attivismo, anche ad Ancona, la città dove vivo.

Per voi sicuramente l’arrivo di tante persone migranti non è solo problematicità – nonostante i loro vissuti spesso di fuga da guerre e miserie – ma anche un’evoluzione strutturale della nostra società che può produrre ricchezza, sia culturale che economica; ma ritenete che sia questa la percezione comune della maggioranza della popolazione italiana o europea?
Donatella L.

Non ho mai considerato la presenza di migranti come “problematicità”, anzi la migrazione è stata ed è un fattore evolutivo fondamentale, ha influenzato la lenta evoluzione biologica delle specie umane fino all’homo sapiens e accelerato l’evoluzione culturale, rimescolando di continuo le carte della geografia umana sul pianeta, e ancora oggi si migra per questioni sia socio-politiche che ambientali. Il fenomeno migratorio, come ci insegna la storia, è un fatto strutturale e costituente della nostra identità di specie.
Casomai le “problematicità” nascono dal considerare i flussi migratori contemporanei come eventi eccezionali, come una emergenza, generando il più delle volte l’incapacità istituzionale di occuparsene in modo serio, efficace e strutturale.

Foto realizzata durante l’iniziativa Una giornata sul Monte Vettore con la comunità afghana ospiti dell’associazione Monte Vector ad Arquata del Tronto il 3 luglio 2022
Foto realizzata nell’ambito dell’iniziativa Afghanistan dimenticato, blackout sui diritti umani al circolo Arci “Spazio Rosso” di Chiaravalle il 29 luglio 2022

L’esponenziale politicizzazione del fenomeno immigrazione, l’aggressione alla pari dignità delle persone e l’intolleranza, il disprezzo e la paura verso chi è “diverso/a”, per antonomasia la/il migrante, raffigurato come alieno da noi, pericoloso e “nemico”, ha e sta alimentato la retorica pubblica traducendosi in politiche di esclusione e disprezzo per il diritto, sta ricostruendo le basi ideologiche del razzismo. Sta minando l’identità civile e democratica dei nostri ordinamenti, dell’Italia e dell’Europa, a dispetto dei valori di uguaglianza e libertà iscritti in tutte le carte costituzionali e nella stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, ma ancor di più la nostra più antica tradizione culturale.
Detto questo, la conseguenza è che le/gli italiani considerano l’immigrazione un fenomeno illegale, ne sovrastimano il numero presente nel territorio, il 55% percepisce l’integrazione degli/delle immigrate come non riuscita, considerano l’immigrazione come un problema, percepiscono particolarmente forte il legame tra immigrazione e criminalità, il tutto più di quanto facciano, mediamente, i/le cittadine europee come risulta dai dati dell’Eurobarometro sull’integrazione degli/delle immigrate nell’Ue.
Linda C.
Ragiono senza idealismi e sono fermamente convinta che sia l’incontro tra le persone la chiave di tutto. Conoscersi, avere l’opportunità di farlo trovando linguaggi e spazi comuni. Da un lato c’è una responsabilità istituzionale e governativa nel creare percorsi sicuri per le donne, le bambine e i bambini e gli uomini che fuggono da situazioni di guerra, discriminazioni e disagio. Dall’altro c’è l’integrazione che necessariamente prevede chi arriva e chi accoglie. L’accoglienza è un fatto di comunità e anche in questo caso la promozione della stessa dovrebbe essere incoraggiata e caldeggiata, anziché minata da ideologie da guerra tra poveri e razzismo. Con Amad è stato realizzato nel 2020 un bellissimo progetto Il mondo a casa nostra, tra l’altro selezionato con altri 7 in Italia e promosso da Unhcr e Intersos in cui sono stata “tutor” insieme ad altre/i professionisti per un corso di videogiornalismo e social rivolto a persone rifugiate per dare loro gli strumenti per raccontarsi, per entrare nel dibattito pubblico con una sorta di utile “cassetta per gli attrezzi”. Spesso la migrazione diventa oggetto di dibattito nei talk televisivi e nel mainstream e in pochissime occasioni, invece, i/le migranti sono protagoniste con le loro storie e le loro istanze. Pensando al mio lavoro penso sia sempre giusto raccontare “con” e non solo “di”.

Pensando alle donne migranti, di cui ci parlerete meglio giovedì prossimo nel webinar, qual è l’aspetto fondamentale che rende il loro vissuto diverso da quello maschile?
Donatella L.

Le differenze riguardano diversi piani: il motivo della migrazione, il viaggio, la fuga e poi il processo di inclusione nel Paese ospitante. In particolare, le peculiarità e difficoltà che caratterizzano l’esperienza delle donne in fuga e la condizione di vulnerabilità che le caratterizza, le espone a essere vittime di persecuzione, oltre che per le ragioni considerate nella definizione di rifugiate, per motivi strettamente connessi alle tradizioni e alle consuetudini dei Paese di provenienza. Il fatto di non conformarsi agli standard morali ed etici imposti dalla comunità di origine o il fatto di essere mogli, figlie o madri di uomini considerati colpevoli dalle autorità governative o da agenti non statali, può risultare sufficiente per diventare vittime. La persecuzione assume inoltre, frequentemente, particolari declinazioni proprio in relazione al genere, manifestandosi attraverso lo stupro, le mutilazioni genitali, la violenza legata alla dote, i riti legati alla vedovanza, la violenza domestica e la tratta.
Linda C.
Le donne in viaggio si portano dietro, talvolta, un carico di traumi, esperienze, cultura. E figli. Spesso arrivano in gravidanza o con bambine/i piccoli e senza una rete parentale che possa essere di supporto e sostegno anche per la ricerca di un lavoro, nonostante molte delle donne, anche conosciute in Amad, arrivino con titoli di studio, competenze e professionalità che non riescono a spendere nel paese di arrivo.

Che cosa si dovrebbe fare, secondo voi, perché prevalga una visione che superi cecità ed egoismi non adeguati alla situazione? E se aveste possibilità decisionale nell’ambito delle politiche migratorie, che cosa fareste in primis di fondamentale?
Donatella L.

Le cause e le conseguenze delle migrazioni hanno a che fare con fenomeni globali complessi e conflitti locali prolungati quindi, allo stato delle cose attuali, ovviamente sarebbe necessario intervenire su più piani. Dovendo indicare delle priorità direi che bisogna agire: – a livello legislativo italiano, dando piena attuazione all’articolo 10 della nostra Carta Costituzionale: «Lo straniero a quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge», a cui non ha mai fatto seguito una legge organica, incidendo negativamente sull’effettiva tutela del diritto di asilo nel nostro Paese, che si è limitato ad accogliere disposizioni e Direttive comunitarie; – sul piano culturale, investendo massicciamente a tutti i livelli, per decostruire l’immaginario sociale che etichetta la/lo straniero come diverso, uno di cui aver paura, a cominciare dal mettere all’indice il linguaggio apertamente ostile e discriminatorio, dagli insulti al turpiloquio all’apologia della violenza contro un gruppo su base etnica: la filosofia politica occidentale teorizza fin dalle origini dell’età moderna il diritto di emigrare come diritto naturale universale sulla base di una concezione cosmopolita dei rapporti tra i popoli e dell’idea di una fratellanza universale. La stessa tradizione liberale classica ha sempre considerato lo ius migrandi, da secoli, come diritto naturale universale e lo ha contemplato tra i più importanti principi del diritto internazionale; – sul piano dei rapporti e delle relazioni internazionali, sarebbebene ricordare che il diritto a stabilirsi permanentemente, a prendere cittadinanza e a godere delle risorse che il luogo mette a disposizione considerate “beni comuni” a tutte e tutti, e non proprietà delle comunità autoctone, così bene esercitato dalle potenze coloniali, ora presenta il conto; quindi con la cenere sul capo, occorre abbattere muri e reti e dismettere accordi che provocano solo morti in mare o sulle rotte terrene e ingrassano trafficanti.
Linda C.
Prima di tutto bisognerebbe riconoscere le persone come tali, anche uscendo dalla logica indistinta di “migranti” come massa o minoranza. Dare un volto, un nome, un’identità e quindi la dignità dovrebbe essere un impegno istituzionale e di chi si occupa di informazione, facendo riferimento all’ambito in cui sono impegnata, quello del giornalismo. La stampa dovrebbe essere un lievito culturale e indirizzare il dibattito pubblico verso la giusta direzione, riconoscendo appunto la dignità delle persone, uscendo da generalizzazioni colpevoli o cliché dannosi. Un tema che riguarda spesso chi migra, ma anche ad esempio le donne vittime di violenza. Che, con una cattiva narrazione, rischiano di essere vittime due volte.

Dopo questa intensa conversazione, accingiamoci ad ascoltare che cosa ci diranno giovedì prossimo Donatella e Linda, nello specifico sulle donne nella migrazione.

Questo il link per iscriversi all’incontro online e ricevere poi le indicazioni per il collegamento: https://csvmarche-it.zoom.us/webinar/register/WN_47EQkxPcRTyjO9DmJZzw3Q
Chi non potesse partecipare alla diretta del webinar, potrà rivedere questo incontro (come tutti i precedenti) sulla pagina fb di Reti culturali.

In copertina: Donatella Linguiti, a sinistra, e Linda Cittadini, a destra.

***

Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.

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