La toponomastica classica, ovvero lo studio e la spiegazione dei nomi dei luoghi attorno a noi, è una disciplina che – come possiamo ben immaginare – si dirama ben oltre la questione meramente linguistica. Studiare la denominazione del mondo, infatti, non è solo essenziale per la ricostruzione storica degli avvenimenti più rilevanti che si sono susseguiti nel tempo, ma solleva anche importanti questioni attuali come la visibilità che il mondo di oggi restituisce a certe memorie e simboli nello spazio pubblico, nella segnaletica, nella cartografia e negli indirizzi.
«Parliamo di toponomastica inclusiva, perché la questione di genere, dovuta alla sottorappresentazione delle donne nella marcatura dello spazio pubblico, è evidente, così come può esserlo la questione delle minoranze nella marcatura dello spazio in generale, sia in Occidente che nei Paesi con un passato coloniale», osserva Frédéric Giraut, Direttore del Dipartimento di geografia e ambiente presso l’Unige, e ora responsabile della nuovissima Cattedra Unesco di Toponomastica inclusiva: Naming the World.
L’Università di Ginevra ha infatti proposto e ottenuto l’istituzione della Cattedra, con l’intento di convalidare l’affermazione di questo settore emergente, i cui temi culturali, del patrimonio e dello sviluppo, sono in linea con i temi fondanti dell’organizzazione internazionale. Allo stesso modo, gli orientamenti della Cattedra abbracciano le diverse priorità dell’Unesco, specialmente per quanto riguarda le questioni di genere, i partenariati accademici e tecnici Nord-Sud – in particolare con l’Africa – e infine la considerazione degli aspetti culturali, in particolare le conoscenze indigene e vernacolari, nelle iniziative di sviluppo sostenibile.
Per i prossimi quattro anni, quindi, la Cattedra mirerà a sviluppare una rete di ricerca internazionale – soprattutto con partner europei e africani – volta ad approfondire le tematiche sociali, culturali e politiche strettamente correlate alla disciplina della toponomastica.
Fra le questioni sollevate, come già detto, quelle di genere e di visibilità delle minoranze sono spesso il fulcro del dibattito condotto in materia. Questo perché i dati sono lampanti e riscontrabili praticamente in tutto il mondo: considerando strade o piazze dedicate a persone, la percentuale di quelle intitolate a donne è spesso inferiore al 10%. Il significativo squilibrio fra le intitolazioni maschili e femminili nelle città non può continuare ad essere ignorato.
Un’altra tematica rilevante riguarda il predominio della toponomastica vernacolare sulla toponomastica ufficiale: alcuni nomi di luoghi sono imposti dall’uso e fanno dimenticare i nomi registrati dall’Amministrazione. Il comunicato stampa dell’Unige illustra questo punto mostrando la targa che designa la piazza Nelson Mandela a Niamey, ormai arrugginita, mentre la prassi locale utilizza l’espressione Carrefour de l’hôpital. «Nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo, interi quartieri cittadini sono costruiti indipendentemente da un’autorità ufficiale, che cerca di organizzare queste ‘città informali’ a posteriori con un sistema di identificazione basato su numeri di lotto e nomi di strade», chiarisce Frédéric Giraut. Ma questa logica si scontra con un’organizzazione vernacolare che utilizza nomi propri di punti di riferimento vissuti nella vita quotidiana, creando tensioni tra le politiche pubbliche e gli abitanti dei quartieri.
Più in generale, la messa in discussione delle politiche ufficiali sarà l’occasione per analizzare quali nomi vengono mantenuti e perché, in particolare per quanto riguarda la mercificazione di alcuni toponimi, venduti o affittati, o il marketing territoriale. L’obiettivo è passare dall’osservazione del processo di denominazione contemporaneo all’analisi retrospettiva grazie a fonti di varia natura provenienti dalla cartografia, dagli archivi, dalla stampa o dai sistemi di informazione geografica. «Attualmente nelle aree urbane sono in corso molti dibattiti, mobilitazioni e iniziative sulla denominazione delle strade, ma anche più in generale sulla denominazione delle località», spiega Frédéric Giraut. Secondo lui, le questioni sono ovviamente politiche, ma non solo. «Ci sono anche questioni culturali e di patrimonio. L’obiettivo della Cattedra è contestualizzare questi temi, condurre ricerche e documentare la questione. Dobbiamo anche fungere da forum di discussione» continua il professore.
Sarà di particolare interesse della Cattedra anche il tema della privatizzazione della toponomastica cartografica, ovvero del meccanismo per cui attori privati come Google o le società di Gps si sono affermate come importanti riferimenti per le/gli utenti, a discapito delle autorità statali che, inizialmente, erano le uniche a mappare i dettagli territoriali. A ciò si aggiunge anche la cosiddetta cartografia partecipativa, che permette a chiunque di contribuire alla mappatura dettagliata del mondo, attraverso specifiche piattaforme digitali come OpenStreetMap. Come conseguenza diretta, diversi sistemi di informazione geografica sono fruibili dalle persone, e spesso sono in contraddizione fra loro; ma il lato veramente interessante di queste mappe ‘non ufficiali’ – ampiamente utilizzate – è che permettono di far emergere quartieri informali, invisibili sulle mappe statali, promuovendo toponimi vernacolari e alternativi.
La Cattedra affronterà dibattiti su questi grandi temi, nelle loro dimensioni storiche, sociali ed etiche, spiegando i meccanismi coinvolti e proponendosi di sviluppare diversi progetti trasversali. Non si perde tempo: il primo frutto dell’attività di ricerca promossa è la recente pubblicazione – sia in inglese che in francese – del libro The Politics of Place Naming (2022, Wiley), a cura del professore ginevrino Frédéric Giraut e di Myriam Houssay-Holzschuch, geografa e docente presso l’Università di Grenoble Alpes e il laboratorio Pacte in Francia. Il libro, tenendo presente la multidimensionalità della toponomastica critica, offre un approccio allo studio dei nomi dei luoghi da diversi punti di vista: dalla linguistica alla geografia politica e culturale, passando per la storia, l’antropologia, la cartografia, la pianificazione urbana, le scienze umane digitali e molte altre discipline.
Un altro progetto, decisivo per la diffusione della toponomastica inclusiva che sarà avviato il prossimo autunno, è il Mooc Naming the World: un corso online aperto e massivo – Mooc è acronimo, infatti, di Massive open online course – che permette la fruizione di contenuti di apprendimento online a chiunque sia interessato, senza limiti di frequenza.
Fra i vari obiettivi della cattedra Unesco citati, forse il più rilevante è la creazione di uno spazio di dialogo tra accademici, società civile e operatori pubblici e privati, avviato con l’organizzazione, a Ginevra, attraverso un Forum dal titolo Gender, Place-naming and public space tenutosi il 5 e il 6 Aprile.
Toponomastica femminile, forte di una nota e solida reputazione, costruita in più di dieci anni di esperienza, è stata invitata a prendere parte alle giornate di convegni e si è mostrata, ancora una volta, apripista e modello per la ricerca e per le strategie in materia, suscitando grande entusiasmo e ricevendo numerosi apprezzamenti da parte delle associazioni, delle istituzioni e degli accademici e accademiche presenti. Il 5 aprile, una dozzina di specialisti e specialiste internazionali si è riunita in un seminario accademico che ha trattato tematiche specifiche in una serie di tavole rotonde monografiche, di modo che la discussione prodotta potesse risultare ordinata e coesa, e soprattutto utile al workshop del giorno successivo. Il 6 aprile, infatti, si è tenuto un workshop multi-stakeholder che ha riunito diversi attori del campo della ricerca, della società civile, dei governi e delle amministrazioni locali e delle organizzazioni internazionali, per analizzare tematiche calde in materia di toponomastica inclusiva. Hanno preso parte figure provenienti da Francia, Svezia, Austria, Spagna, Turchia, Senegal, Belgio, Australia e, naturalmente, Italia, e si è così venuta a creare una meravigliosa occasione di scambio e un’efficace condivisione di diversi punti di vista.
Il risultato auspicato per quest’occasione è quello di elaborare raccomandazioni per le politiche di inclusione nello spazio pubblico sotto forma di policy brief. Questo documento comune, pronto entro fine estate, sarà poi diffuso attraverso vari canali, presentato al prossimo Forum dei sindaci di Ginevra nell’ottobre 2023 e potrà costituire – chissà – un manifesto mondiale di buone pratiche relative alla toponomastica inclusiva.
In copertina: innumerevoli riproduzioni della targa stradale in nome della deputata uccisa Marielle Franco, sollevate dai manifestanti a Rio de Janeiro nell’ottobre 2018, dopo che la targa originale è stata distrutta da funzionari del partito al governo di estrema destra. © José Lucena/Futura Press.
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Articolo di Chiara Giacomelli

Laureanda in Management presso l’Università di Pavia. Ama le cene in compagnia e leggere un libro che la tenga incollata fino ad addormentarcisi sopra. Ha tanti sogni nel cassetto, ma non sa da quale cominciare… perciò per adesso si limita a “fare la fuorisede” e a scrivere la tesi, sempre in compagnia delle sue cuffiette, da cui non si separa mai, e di una tazza di tè fumante.
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