Mary Wollstonecraft e la Rivendicazione dei diritti della donna

Talvolta fare un passo indietro può servire a farne alcuni in avanti. Torniamo al 1792, quando Mary Wollstonecraft (1759-97) pubblica l’opera che la rende celebre ancora oggi: A Vindication of the Rights of Woman. Sono anni tumultuosi: oltremanica la Francia della Rivoluzione attrae le menti più infiammabili, quelle che riescono a calarsi nella storia, a comprendere i cambiamenti in corso e a riconoscerne le potenzialità, ma anche i limiti. Mary Wollstonecraft è una di queste. Due anni prima, nel 1790, scrive A Vindication of the Rights of Men, che pubblica a sua firma solo nella seconda edizione. Tema del pamphlet è la diatriba suscitata dalla Rivoluzione francese. La scrittrice inglese si pone in contrasto con chi, come il politico e filosofo Edmund Burke a cui indirizza l’opera, difende il privilegio monarchico e aristocratico. Lo scritto politico riscuote un successo notevole, ma la mano femminile, che accompagna quelle parole pungenti, non passa inosservata. La critica ancora non sa che quelle osservazioni acute presto saranno il preambolo di parole rivoluzionarie. 

Chi è questa donna che con audacia dà voce al suo pensiero? Mary Wollstonecraft: trentuno anni, vive a Londra dove è nata, lavora come scrittrice e traduttrice. Frequenta un circolo di intellettuali radicali, in cui siede con la sua esperienza di giovane saggista e romanziera. Tra le sue pubblicazioni ci sono una riflessione sull’educazione femminile, Thoughts on the Education of Daughters, e il romanzo Mary: A Fiction. Wollstonecraft non scrive di pure speculazioni; si dice che il suo pensiero sia continuamente ancorato al suo vissuto, che già in quegli anni l’aveva portata a scontrarsi con i costumi del tempo. 

In gioventù era evasa da una giovinezza travagliata da difficoltà finanziarie ed episodi violenti andando a lavorare presso una anziana vedova, ma soprattutto coltivando le intense amicizie, che hanno un ruolo centrale nella sua formazione intellettuale. Proprio con l’amica Fanny Blood e con le sorelle Everina ed Eliza (quest’ultima aiutata a liberarsi dal matrimonio) aveva fondato due scuole. Due progetti decaduti troppo in fretta; in particolare la seconda scuola, chiusa dopo la morte di Fanny, che la scrittrice aveva deciso di assistere nella malattia seguendola fino in Portogallo. Wollstonecraft aveva iniziato poi la collaborazione con l’editore Joseph Johnson e ottenuto un impiego da educatrice presso una famiglia irlandese, mansione da cui venne presto dispensata. La giovane era così ritornata a Londra, dove la sua vocazione di scrittrice aveva potuto trovare lo spazio desiderato. Come già detto, infatti, in questi anni aveva pubblicato diverse opere. Tema ricorrente, anche nel romanzo, era l’educazione femminile, a cui aveva dedicato pure le conversazioni Original Stories from Real Life, che nel 1791 sarebbero state accompagnate dalle illustrazioni di William Blake. 

Si giunge così, con qualche salto, alla Rivoluzione francese e poi alla pubblicazione del suo pamphlet indirizzato a Burke. Attenta testimone del proprio tempo, Wollstonecraft osserva, riflette e scrive, fino a quando non trova in sé stessa, pur riconoscendo un debito con l’essere supremo, «[…] la forza d’intelletto sufficiente per osare ed esercitare la ragione» per guardare «[…] con sdegno ai concetti fallaci che rendono schiavo il gentil sesso». Dopo solo due anni dalla sua presa di parola per i diritti degli uomini porta sulla scena del dibattito un soggetto escluso, con tutte le sue istanze e la loro lunga storia. Nel 1792 pubblica infatti la dirompente opera A Vindication of the Rights of Woman e la dedica a Talleyrand, che all’Assemblea nazionale costituente francese aveva presentato un progetto che demandava l’istruzione delle donne alla sfera domestica. Wollstonecraft, che nella sua vita come nelle sue opere da sempre si era interessata al tema dell’educazione, non può tirarsi indietro. Deve osare, come scrive lei, e lo fa in un modo che ricordiamo ancora oggi. 

Per il proprio tempo la Rivendicazione dei diritti della donna è un testo incandescente. Può infiammare le menti appiccando in loro il fuoco della consapevolezza. Immaginate di essere una sua lettrice dell’epoca e di sentirvi dire: «Le mie simili vorranno scusarmi se le considererò alla stregua di creature razionali piuttosto che adularne le grazie seducenti e trattarle come se fossero in uno stato di perpetua fanciullezza, incapaci finanche di sostenersi sulle proprie gambe. Desidero ardentemente mostrare in che cosa consistano la vera dignità e la felicità umana. Desidero esortare le donne a impegnarsi ad acquisire forza, sia fisica che mentale […]». Wollstonecraft si rivolge senza mezzi termini alla razionalità delle donne, in particolare si appella a quelle del ceto medio, come lei stessa specifica. 

La potenza del testo eccede certamente le possibilità di queste righe, ma soffermandosi sulla razionalità a cui fa riferimento è possibile provare a veicolarne brevemente il messaggio. L’attenzione della scrittrice per l’educazione incontra la sua fiducia nella ragione, il cui esercizio ritiene essere all’origine dei comportamenti virtuosi e dell’autonomia della persona. Con uno sguardo schietto condanna i precetti dispensati alle donne, che le privano della possibilità di coltivare il loro intelletto, in quanto socialmente tenute a raggiungere un’eccellenza fittizia, una «[…] eccellenza femminile, che i benpensanti capziosi distinguono dall’eccellenza umana». Il sistema educativo che subordina l’esercizio dell’intelletto a rendere le donne piacenti e dipendenti altro non fa che degradare la loro forza morale e fisica, ritenendo inoltre l’esito di tale processo di inferiorizzazione una caratteristica connaturata al sesso femminile, presentato così come manchevole di raziocinio. Wollstonecraft, invece, si appella proprio alla razionalità delle donne. Le esorta a una rivoluzione dei costumi e lo fa con una forza intellettuale che le consente di osare e di guardare in modo critico teorie filosofiche e sistemi educativi. Ed è proprio la forza di quello sguardo che ancora oggi ha il potere di agire sul nostro. 

Wollstonecraft è una mente libera, inquieta e lucida, capace di sprofondare negli eventi della storia, di scandagliarli. Dal momento che la distanza limita la sua visione decide di avvicinarsi, di capire. È il 1792 quando la scrittrice, a trentatré anni, parte per la Francia e inizia un nuovo capitolo della sua breve vita. 

Alla morte prematura per setticemia, dopo aver partorito la secondogenita, nota come Mary Shelley e futura celebre romanziera, il marito William Godwin scrisse all’amico Thomas Holcroft: «credo fermamente che non esistesse una donna eguale a lei al mondo. Eravamo fatti per essere felici e ora non ho la minima speranza di esserlo mai più».

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Articolo di Nicole Kheiraoui

Ama scrivere, insegnare e si interessa di studi di genere. Conclude il percorso di studi filosofici con una laurea in Storia della filosofia francese contemporanea all’Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Ha lavorato per diversi anni nell’ambito della comunicazione e dei media. Attualmente frequenta il Master Studi e Politiche di Genere presso l’Università degli Studi Roma Tre.

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