Libere viaggiatrici cercasi

Abbiamo già avuto modo di conoscere Iaia Pedemonte in diverse occasioni: nel 2019, quando in occasione della Giornata della donna, precisamente il 22 marzo, è intervenuta a un interessante incontro organizzato dalle ragazze del liceo Maffeo Vegio, a Lodi; poi quando ci ha raccontato – in questo articolo pubblicato su Vitamine vaganti – del suo primo libro La guida delle libere viaggiatrici-50 mete per donne che amano viaggiare in Italia e nel mondo e ci ha parlato di turismo, condizione femminile e lavoro delle donne. Ci eravamo lasciate con un augurio a ritrovarci, magari per una bella biciclettata e una nuova avventura. Erano i primi mesi del 2020: poi è scoppiata la pandemia.
Ora, a distanza di tre anni, inframezzati dall’incontro dedicato a Geografia, turismo e ambiente nel 2021, durante il ciclo Les salonnières virtuelles – dopo il “fermo” del lockdown e la ripresa, ancora più sentita e desiderata, del poter viaggiare – l’esperienza di Iaia risulta preziosa per capire se tutto è davvero tornato come prima o no, e che cosa ha lasciato o cambiato il lungo periodo segnato dal Coronavirus.

Cara Iaia, vuoi innanzitutto presentarti tu stessa a noi? Chi sei e come sei giunta a interessarti di “viaggio”?
Sono una giornalista esperta di viaggi e turismo responsabile e curo il sito Gender Responsible Tourism, una piattaforma e un’associazione nate dieci anni fa, cresciute in parallelo tra azioni pratiche con le donne del turismo e culturali con associazioni che fanno progetti sul tema. È un argomento molto diffuso in altri paesi, che voglio portare sempre di più in Italia. Sarebbe molto interessante che anche da noi fosse accolto un appello a cui invito tutte voi, per un Action Plan di uguaglianza nel turismo! Perciò faccio parte di reti internazionali su Gender Equality, ho scritto un Assessment Plan per il Parlamento EU, ho studiato l’unico Manuale concreto di linee guida per chi vuole far lavorare meglio le donne nel turismo, abbiamo appena finito un bel progetto per Toscana Promozione sull’accoglienza al femminile, ma ho anche inventato un corso per imprese e scuole, su come fare progetti, come accedere alla certificazione di genere, cosa sapere su stereotipi, diversità, inclusione, parità, nel turismo di genere. L’ultima soddisfazione è stato il premio come Modello di riferimento femminile dall’Istituto internazionale per la Pace attraverso il Turismo.
Ecco, la mia idea di base in tutte le mie iniziative è portare le persone a fare tanti “viaggi dalle donne”, per aiutare l’occupazione femminile equa. Del resto, il turismo che le donne creano come imprenditrici (e sono 150 milioni nel mondo) e i viaggi che fanno come viaggiatrici (che sono triplicati in 10 anni), secondo chi si intende di marketing, hanno in comune empatia, comunicazione, sguardo al passato e al futuro, curiosità. Le donne sono sempre più numerose sia come lavoratrici sia come viaggiatrici. È il nostro momento: come dicono gli studi di settore. Ebbene, io voglio aiutare quei milioni di occupate nel turismo che notoriamente rendono i progetti più duraturi e sono più affidabili. Eppure fanno spesso lavori invisibili e informali, sono le più vulnerabili, vittime di pregiudizi, in contrasto con alcuni diritti umani. E ora la pandemia non ha fatto che ingigantire i loro problemi.

Iaia Pedemonte riceve la Mimosa d’oro, il premio dell’Associazione donne ambientaliste-Ada, di Parma

Sappiamo che tu stessa sei una viaggiatrice, non certo una scrittrice “a tavolino”; hai prevalentemente viaggiato da sola o in compagnia?
Un po’ entrambe le cose: a volte erano viaggi per lavoro e quindi incontravo gli organizzatori e le organizzatrici; tante altre volte ero da sola perché per raggiungere determinate destinazioni era meglio così. Volendo investigare sulle condizioni delle donne, mi capita spesso di staccarmi dal gruppo per piccole indagini sul posto. Per esempio nell’ultimo grande viaggio che ho fatto in India, ho incontrato fantastiche operatrici e operatori del turismo e vari/e esperte, ma ho fatto alcuni spostamenti da sola. E potete leggere il risultato nell’articolo Grandi novità nel cuore rurale indiano.

Che cosa si deve intendere per “turismo responsabile”?
Ci sono tanti modi di descriverlo, ma per me significa quello che fa bene a donne, famiglie, territorio, tessuto sociale e naturale del Paese visitato. Per farsi un’idea di cosa significhi fare un progetto di turismo che fa bene alla gente, e che parte dalle esigenze locali, sempre restando all’esempio del mio viaggio in India, potete leggere questo articolo: Eccellenza in Madhya Pradesh

Che consigli ti sentiresti di dare alle donne che vogliono viaggiare “libere”?

Le libere viaggiatrici sono sempre di più. Quindi nelle due Guide delle Libere Viaggiatrici, scritte con Manuela Bolchini di Aitr e edite da Altreconomia, ci sono più di cento destinazioni create o consigliate dalle donne, con tante storie, informazioni e nuovi itinerari da non perdere, per tutte e tutti. Come dice l’Isnart (il nostro istituto di ricerche sul turismo), le donne che partono sono una “comunità esistenziale” e in più al 54% preferiscono viaggiare da sole. Sarebbe ora che le/gli operatori facessero delle offerte mirate, tenendo d’occhio le abitudini delle female travelers.
Questi dati corrispondono a quelli rilevati dalle mie interviste. In sintesi: siamo di fronte a un mercato che vuole una “scala di valori femminilizzata” (lo dice Wto), le donne scelgono più viaggi, e i viaggi sono sempre di più attenti a valori di cultura e natura. Si sono moltiplicati nel mondo i siti di camminatrici, giardiniere, disabili, mamme, rifugiste, storiche, geografe, Lgbt+, esploratrici, archeologhe, sportive, tutte viaggiatrici e amanti di cultura e natura.
Si sa che partono sempre più giovanissime, sole, con le idee chiare, la guida sul cellulare, gli appuntamenti già fissati, per recuperare il proprio tempo, il proprio spazio vitale, accrescere l’autostima (secondo Wttc – World travel & tourism council – sono triplicate in dieci anni e il turismo del futuro sarà più sostenibile grazie a loro). Per esempio, in Francia, Christina Boixiere, che ha organizzato un circuito di 800 viaggiatrici e decine di donne ospitanti, mi ha confermato che le spinte per partire sono il contatto umano, la sicurezza, il collegamento del cuore, la fiducia, l’amicizia. E che l’80% avevano paura di partire, ma al ritorno si sentivano persone diverse e sicure di sé.

Quali libri consiglieresti loro, per prepararsi a godere degli aspetti più costruttivi e persistenti nella memoria di un viaggio, e allontanarsi dal turismo “mordi e fuggi” spesso preponderante nelle offerte commerciali?
Ognuna deve scegliere secondo i propri tempi e gusti tra i tanti libri che raccontano qualcosa del Paese da visitare scelto, i grandi romanzi di viaggi, pescare tra le idee che raccontiamo nel Vademecum della Guida delle Libere Viaggiatrici. Libri e donne in viaggio sono intrecciati con spirali sempre più fantasione: per esempio ci sono bravissime guide specializzate come coach che invitano a fare diari dei giorni in cui si cammina insieme alla ricerca di sé. Oppure ci sono le tappe in libreria open air inventate durante il lockdown da catene di agricoltrici.

Debbie CLark, tour operator di New Zealand Awaits, a Rotorua, Nuova zelanda

Che cosa ci vorrebbe per rendere le donne sempre più “libere” di viaggiare e il turismo sempre più consapevole della ricchezza che può offrire? Come vedi il futuro in questo ambito?
Per fortuna ci sono tour operator responsabili che fanno progetti bellissimi. Altri li ho costruiti direttamente per la Nuova Guida delle Libere Viaggiatrici con le protagoniste che ci aspettano: si prenota un parrucchiere a Teheran, si diventa amiche di Miriam con la sua piccola via della seta in Calabria, si incontrano le pasticcere e contadine che supportano le mamme in ufficio, si visitano decine di piccoli centri guidate dalle artigiane locali, si segue lo zodiaco, ci si prenota per lavorare come volontarie in Madagascar e si scoprono le esperienze create solo per noi in tre continenti. Però nel nostro Paese cultura e istituzioni devono ancora accettare concetti ormai riconosciuti, come il fatto che «Il turismo responsabile equo verso le donne è lo strumento per arrivare agli Obiettivi dello sviluppo sostenibile», che nelle imprese e nei Paesi dove c’è uguaglianza l’economia cresce, che le imprese basate su inclusione delle diversità funzionano meglio, che nelle mani delle donne del turismo sta il 5% del Pil mondiale, che la maggior parte di scelte di viaggio sono fatte da donne, al di là degli stereotipi (qualche idea in questo articolo sui Diritti Umani). Il mio sogno, per esempio, sarebbe che venissero utilizzati fondi per la formazione digitale delle ragazze nel turismo (progetto moltiplicatore di potenzialità e risorse su almeno tre ambiti di sviluppo).

Ringraziamo Iaia del tempo che ci ha generosamente donato e degli spunti suggestivi per affrontare con sicurezza e consapevolezza tante nuove avventure, oltre a far crescere e stimolare il lavoro e la professionalità femminile in questo campo così importante del turismo responsabile.

***

Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, tiene corsi di formazione per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi e vicepresidente dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa femminista europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane fino al settembre 2020.

Un commento

Lascia un commento