«Dai retta ar vecchio tuo. Nun je menà sempre, sinnò s’abitua. Una, una vorta ogni tanto un fracco de legnate, ma forte, così capisce!». È truce il dispotico suocero, er sor Ottorino, l’unico riferimento maschile di Ivano, il marito di Delia, protagonista di C’è ancora domani, il film di esordio di Paola Cortellesi, bravissima in scena, bravissima dietro la macchina da presa.
C’è ancora domani, un giorno in più che dà riscatto di una sola donna che porta il testimone a tutte le donne, soprattutto quelle italiane in un afflato stupendo di elevazione dal particolare all’universale. Nel bel film di Paola Cortellesi, recensito in un articolo di questo numero che esce proprio il 25 novembre, c’è tutto per una ricetta di discussione sulla situazione della donna e sulla realtà in cui vive, che la sommerge. C’è la violenza maschile verso la propria compagna di vita, una violenza che non si esprime solo a suon di botte, ma è capillarmente psicologica, di svalutazione continua.
Si apre nel film di Cortellesi anche il dibattito sul gap economico di genere, quel gender pay gap per il quale le donne islandesi sono scese in piazza, praticamente tutte, che è cronaca di pochi giorni fa, realmente di ieri.
Cronaca odierna, visto che per esempio in Italia (dai dati del 2022) si notano più di otto mila euro di differenza nel gender gap retributivo tra uomini e donne: 26.227 (maschi), 18.305 (femmine), un gender gap dell’8,7 %.
Dall’invenzione dell’arte si punta alla cronaca dell’oggi, dell’adesso. E si riflette sulla morte di una giovanissima che vuole quell’indipendenza e quella libertà decisionale ispirata dalla Delia dell’immaginario. Giulia Cecchettin, 105esima vittima di femminicidio dall’inizio dell’anno, ha 22 anni e si prepara a discutere la sua tesi di laurea e volare verso la vita. Ma viene fermata. Muore ammazzata, uccisa a coltellate e a urli dalla rabbia di un ragazzo (il suo ex fidanzato) che le imponeva la sua presenza, la sua invidia, la sua gelosia, mentre lei voleva lasciarlo.
«Gelosia (dal latino zelosus, aggettivo di zēlus passando per il greco ζηλoς, zelos, zelo, emulazione, brama, desiderio) è un pensiero o sentimento di insicurezza, paura, preoccupazione per una relativa mancanza di beni o di sicurezza, che può consistere in una o più emozioni come rabbia, risentimento, inadeguatezza o impotenza. Assume nel tempo il significato di timore che un rivale ottenga l’affetto di qualcuno a noi caro. A volte si confonde con l’invidia» (Treccani). «La gelosia è un sentimento — spiega ancora il dizionario — di ansia, sospetto, possessività, umiliazione e incertezza causata dal timore di perdere o non ottenere l’affetto della persona amata».
Gli antropologi hanno affermato che «la gelosia varia da una cultura all’altra. Ma tende a scomparire con l’affermazione della parità di genere». Una società sbilanciata, maschilista, si caratterizza per la presenza della gelosia che, come ricordato sopra, si mischia con l’invidia: verso chi tende e ottiene di realizzare il proprio percorso, consegue la sua autonomia, non cerca dipendenze. Questa era Giulia. Da invidiare?
Anna Sabatini Scalmati, psicologa e psicoterapeuta definisce l’invidia (dal latino invidere, “guardare biecamente”, composto di in-, negativo, e videre) come «uno stato emotivo in cui, in relazione a un bene altrui, si prova una profonda astiosità. I vantaggi materiali e le condizioni di vita di cui un’altra persona gode possono suscitare nell’invidioso un risentimento tale da fargli desiderare il male del fortunato rivale. Il verbo latino invidere localizza nella trasmissione visiva, nello sguardo bieco e traverso e nella recezione malevola e rancorosa, il vissuto portante di questo specifico sentimento. L’invidia prende vita all’interno di una relazione bipersonale, in una situazione in cui uno dei due possiede ciò che all’altro manca: un oggetto particolarmente ambito, un successo, un talento. Nel confronto, il bene acquisito dall’uno si configura per l’altro come una menomazione, una minaccia, un attentato all’immagine che egli ha di sé».
Questo 25 novembre sarà più triste degli altri. Ma Giulia, la ragazza che stava per diventare ingegnera, un po’ come la Delia del film, ha fatto dalla sua vita un regalo a tutte noi donne. La sua triste storia è diventata una storia ripetuta centinaia di volte nei dibattiti, in ogni luogo. Giulia, insieme alla determinata dolcezza della sorella Elena, ci hanno regato la riflessione sul modo di guardare i maschi che ci sono accanto e il desiderio (questo sì come Delia) di cambiare un po’ il mondo, partendo dalla nostra scelta. Dentro e fuori delle mura di casa. Giulia ci ha regalato l’aumento vertiginoso, oltre 300 al giorno, delle chiamate ai centri di ascolto, per tante donne e soprattutto ragazze che si sono messe a raccontare la loro storia diventata più chiara o a fare domande per capire meglio dove intuire l’inizio del dolore, per raccontare i propri dubbi.
Il 25 novembre, questo 25 novembre di oggi, è ancor più dedicato alle donne e soprattutto alle donne iraniane, afghane annullate dall’oscurantismo maschilista che troppi vogliono negare. Per questo cantiamo la poesia di una donna afgana, Wadia Samadi, scrittrice ed economista che ora vive negli Usa. Ha fondato e dirige Wadsam.com, il primo portale dedicato all’economia afgana. Samadi è membro del FreeWomen Writers. Racconta storie di donne afgane e collabora a parecchie agenzie di stampa e riviste internazionali. Ha una rubrica fissa sul settimanale The Post Internazionale: “Lettere afghane”.
Troverò la libertà
Mi sveglio ogni mattina progettando la mia fuga
Ma che ne sarà dei miei figli?
Chi mi crederà?
Chi mi darà una casa?
Passano gli anni e io sto ancora aspettando
Quando finirà tutto questo?
Il mio trucco non copre il mio viso livido
Il mio sorriso non nasconde il mio volto tirato.
Eppure, nessuno viene ad aiutarmi
Dicono: andrà meglio
Dicono: non parlarne
Dicono: questo era il mio destino
Dicono: una donna deve tollerare
I panni sporchi si lavano in famiglia, dicono.
Quando finirà tutto questo?
Ancora una volta, trascina il mio corpo sul pavimento.
Mi soffoca e io lo imploro di non uccidermi.
Ancora una volta, pretende il mio silenzio
Ancora una volta mi dice che non merito di vivere.
Ne ho avuto abbastanza
Non voglio tacere
Vivrò
Troverò la libertà
Tutto questo finirà oggi.
(trad. Libreriamo)
Il signor Lorenzo Gasperini, ex consigliere comunale a Cecina e coordinatore dei giovani salviniani di Livorno, desidera l’abbattimento del femminismo, il trionfo del maschilismo e il ritorno del patriarcato. Lo ringraziamo per averci chiarito che la strada da percorrere è ancora molto in salita e che il patriarcato esiste davvero.
Buona lettura a tutte e a tutti. Un pensiero per qualsiasi donna maltrattata.
Presentiamo gli articoli di questo numero, ricordando a chi ci legge che camminare per le città anche con il naso all’insù può servire a conoscere meglio la storia dei nostri territori. Parigi ha un ruolo di primo piano in queste escursioni cittadine, come dimostra il lavoro di una classe francese che ha partecipato ed è stata premiata al X Concorso “Sulle vie della parità” bandito dalla nostra associazione, regalandoci una preziosa guida di genere per le vie della città della Presa della Bastiglia. Ce lo racconta Toponomastica femminile a Parigi. Ma non finisce qui. Ci spostiamo nella nostra capitale con Passeggiate romane. Le artiste e la città e scopriremo una serie infinita di luoghi e opere di pittrici, scultrici, architette, realizzatrici di vetrate che hanno dato un contributo importante e per lo più sconosciuto agli spazi urbani di Roma. Ancora di arti visive si scrive in un ricco approfondimento di questo numero novembrino, per la serie “Le grandi assenti”, in Leonor Fini, «la Furia italiana a Parigi , un’artista trasgressiva, esuberante, indipendente, libera, femminista ante litteram». Partendo dalla bella piazza centrale di Pistoia ma spaziando in altri luoghi percorriamo un itinerario culturale alla scoperta di grandi talenti femminili con l’autrice di Mecenatismo femminile e arte del ricamo a Pistoia. E anche a Lodi si parla di Donne che hanno fatto la storia, figure femminili esemplaria cui sono stati intitolati tre luoghi pubblici. Raggiungiamo uno dei Paesi dell’Europa del Sud, «passando per le vie strette e pendenti di Coimbra, l’antica capitale, oggi città studentesca situata nella regione centrale del Portogallo». Conosceremo un luogo e un’esperienza originali con Vivere in comunità. Fotoreportage dalle Repúblicas portoghesi, nell’entusiasmante racconto della sua autrice. Il nostro viaggio prosegue dall’Unione Europea a uno dei Paesi che continuano a negare i diritti delle donne, l’Iran, con Donna, vita, libertà. Studenti e proteste, attraverso lo sguardo di una docente che ci invita ad apprezzare il coraggio e la forza di coloro che si battono, a rischio della vita, per una società paritaria e giusta.
Una fotografia dei diritti delle donne in Unione Europea ci viene dall’articolo Indice di uguaglianza di genere. Parte prima, che relaziona sul «documento pubblicato ogni anno dall’Eige, l’Agenzia europea per la parità di genere, allo scopo di rendere pubblici i dati relativi all’equità raggiunta, negli ambiti di vita privata e sociale, tra donne e uomini nei Paesi dell’Unione europea». Uno degli ambiti presi in considerazione è la partecipazione delle donne al potere, nella vita politica economica e sociale. A tale riguardo è molto interessante il contributo dell’autrice di Donne e politica nella dimensione locale casertana, che riferisce di uno degli incontri più stimolanti dell’ultimo Convegno nazionale di Toponomastica femminile. «Eguaglianza e parità sono ben lontane anche dal turismo odierno, seppure bisogna riconoscere che il tasso di occupazione femminile e dei gruppi minoritari Lgbtq+ è superiore a qualsiasi altro settore». Lo afferma l’autrice di Genere e turismo. Uno sguardo d’insieme.
Non finiremo mai di ringraziare le Madri dell’Assemblea costituente per aver fatto entrare in Costituzione il valore della parità. Ne scrive l’autrice di C’è ancora domani, il film di Paola Cortellesi di cui avevamo davvero bisogno.
Nello stesso senso si muove anche l’articolo Per un canone letterario inclusivo e paritario nella scuola superiore. Parte seconda, ricco di riflessioni che potranno guidare le e i docenti nell’esercizio della libertà di insegnamento garantita dalla nostra Costituzione, in piena attuazione dell’obiettivo n.5 dell’Agenda 20230 dell’Onu.
Ancora tanta strada dobbiamo purtroppo percorrere nel campo della “triste scienza” governata da sempre dagli uomini, l’economia politica. Quando le donne riescono a scalfirne il soffitto di cristallo portano contributi innovativi e concreti, come è avvenuto con Esther Duflo. Nobel per l’economia, la protagonista di “Calendaria 2023” che presentiamo oggi, la più giovane vincitrice, a 46 anni, di questo prestigioso premio, rimasta seconda e ultima studiosa a raggiungerlo.
Chiudiamo la rassegna degli articoli di questo numero ricordando che domani, 26 novembre ricorre la “Giornata mondiale dell’olivo”, un albero nato da un cespuglio dell’Asia Minore portatore di un messaggio di pace e saggezza, come scopriremo in Olivo e olio EVO, appunti di memoria.
SM
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.
