Dalla Sicilia al Circolo Polare con Francesca Mancusio Mirabile

Due anziane signore e un gatto con un’Appia al Circolo Polare Artico è il titolo di un volumetto pubblicato dalla baronessa Francesca Mancusio Mirabile di Caronia. 
Il libro, scritto sotto forma di diario di viaggio, è stato stampato a Palermo nel 1965 e le vicende narrate si snodano tra il 1898 e il 1964. Ma cosa ha di particolare questo libro, oltre il titolo un po’ insolito? 
Particolare degno di massima attenzione è che l’autrice risulterebbe essere la prima patentata ufficiale d’Italia. Il primato, come è ben noto, è sempre stato attribuito alla torinese Ernestina Macchia Prola, prima donna a ottenere la licenza di guida nel 1907 sulla base di un Regio Decreto del 28 luglio del 1901. Le licenze, a quei tempi, venivano rilasciate dalla Prefettura con il controllo del Genio Civile ed era sufficiente una visita medica e una prova di abilità alla guida. In quegli anni altre donne la conseguirono. Erano soprattutto donne provenienti da famiglie facoltose o di nobili origini, tra loro le palermitane Franca e Giovanna Florio, la contessa Emma Corinaldi Treves di Padova, la principessa Carolina Cassini Sforza di Roma e la contessa Jitte Del Verde di Milano.

Ma secondo il parere dell’Associazione cultori auto di interesse storico (Acais) di Messina, la prima “patente tecnica” sarebbe stata rilasciata a Francesca Mancusio Mirabile di Caronia. 
Francesca, che preferiva farsi chiamare Nella, ottenne infatti, dalla Prefettura di Palermo, un “Certificato di idoneità a condurre automobili con motore a scoppio” dopo l’esame pratico effettuato sul Monte Pellegrino. Era il 5 giugno del 1913 e un anno prima era entrato in vigore (con Regio  Decreto 798 del 30 Giugno 1912), questo nuovo iter per conseguire una patente di guida e non una licenza alla guida. 
Le ricerche su Francesca Mancusio sono state effettuate, dalla scrittrice e storica Marinella Fiume, che le ha, ultimamente, dedicato un capitolo nel suo Streuse. Strane e Straniere in Sicilia e che è riuscita, non senza difficoltà, a entrare in possesso del volumetto scritto da Francesca Mirabile. Anche l’avvocata Melinda Calandra ha collaborato a riscoprire questa figura femminile siciliana, dedicandole uno spazio ne “La Sicilia delle Donne: Festival del Genio Femminile”

Francesca, era nata a Caronia il 10 novembre del 1893. Studiò nel prestigioso “Educandato Maria Adelaide” di Palermo, retto, ai tempi, dalla colta e innovativa direttrice Erminia Bodriga, che introdusse l’insegnamento delle lingue straniere oltre alle cosiddette “materie donnesche”. Francesca, nel ricordo di tanti, era una donna dal carattere indipendente, tenace e caparbio: caratteristiche insolite, per quel periodo storico, per una donna. 

Si sposò nel 1909, a soli sedici anni, con l’avvocato Ignazio Mirabile e diventò madre di due figlie. Quel matrimonio in un certo senso fu una sorta di ripiego, in quanto lei in realtà era innamorata di un giovane avvocato. Quest’ultimo però non poteva corrispondere il sentimento in quanto “promesso sposo” a un’altra donna e a quelle regole era difficile sfuggire. Dopo le nozze la malasorte si accanì su di lei: una figlia fu colpita da meningite e restò invalida e il marito, gravemente ammalato, restò immobilizzato a letto per lunghi anni fino al sopraggiungere della morte. 

La prima macchina di Francesca fu un regalo del padre, il Cavaliere Luigi, appassionato di motori e corse d’auto: una Isotta Fraschini che acquistò all’esorbitante cifra di 14.500 lire. Questa vettura, nel 1953, venne donata personalmente da Francesca al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino. Viene definita un prodigio di meccanica, modello 4 cilindri che poteva arrivare alla velocità di 70 chilometri orari. Oggi é esposta insieme all’originale della sua patente di guida.  
Tra i suoi primi viaggi in Sicilia, quello a Capizzi, in provincia di Messina, un paese arroccato nel cuore dei Nebrodi che aveva dato i natali a suo padre. Al suo passaggio, lungo le strade si creò un gran scompiglio: quella visione faceva scalpore e molti, sgranando gli occhi, fecero al contempo scongiuri e segni di croce. Addirittura alcuni contadini, in seguito, addebitarono a lei una violenta grandinata che avrebbe potuto distruggere i raccolti. Ai loro occhi, quella donna era, forse, una novella strega che invece di viaggiare su una scopa viaggiava su una macchina. 
Francesca non se ne curò minimamente e iniziò a percorrere oltre le strade dell’isola anche quelle d’Italia. Si recava spesso a Roma per poi spingersi negli altri Stati europei fino ad arrivare a Capo Nord
Così scrive Marinella Fiume: «Viaggia dietro suggestioni letterarie, ripercorre le orme di grandi personaggi storici, progettando e preparando nei lunghi mesi invernali con cura maniacale e l’ausilio di una vivida memoria e dei libri della ricca biblioteca, piantine, mappe, itinerari, percorsi spesso fuori dai grandi e più battuti circuiti. Viaggia dietro un grande sogno, a tratti un incubo, un’ossessione che non l’abbandonerà mai…». 

Quella irrequietezza, quella voglia continua di girare la parte di mondo che poteva scoprire in autonomia con la sua macchina e uno chauffeur a cui indicava puntigliosamente il percorso da lei studiato e preparato, sembra infatti la ricerca di qualcosa che la distraesse e al contempo le facesse impiegare un tempo che prima o poi sarebbe finito. 
Infatti nella nota introduttiva così scrive: «Centomila chilometri ho percorso con un ostinato pensiero: quando avessi raggiunto il triste traguardo dei settant’anni, così che nessuno potesse equivocare sulle mie intenzioni, avrei cercato di rivedere colui che ho sempre amato. Ho vagabondato per le vie del mondo per ingannare il tempo che doveva portarmi alla mia meta». 
Quei viaggi Francesca li faceva con una Lancia Appia e fu proprio con questa che arrivò a Capo Nord, «dove il sole per mesi non tramonta mai». A farle compagnia sua madre e il suo amato gatto. 
Nel diario di viaggio troviamo meticolosamente appuntate le date, i luoghi, i paesaggi delle sue “esplorazioni”. Tra le pagine: «Avendo una meta lontana, Capo Nord, non posso presumere di visitare le città tedesche. Passiamo così solo alla periferia di Monaco. Cerco sempre di prendere alloggio in campagna, ma quando capita di dover dormire in città le cose non sono facili. Traffico intenso, divieti di sosta, città sconosciute, lingua ignota. Assolutamente inutile guardare le carte. Come seguirle? Un passante comprende il nostro imbarazzo e con la motocicletta ci pilota fra le macchine a un albergo». 

Nonostante le difficoltà, Francesca non si arrende e riesce a visitare quello che le interessa: «Norimberga è una città che avevo sempre desiderato di vedere, forse per l’influsso di alcune pagine di Goethe che conservo da quando ero in collegio… per cercare l’atmosfera di quei versi con la macchina ho girato a lungo per la città nonostante l’ora tarda. Rallentatosi il traffico, levatasi la luna, ho potuto ripetere tra me stessa quei versi là dove sono nati. Hanno in me ora una risonanza quasi tangibile». 
E quei versi vengono riportati nel Diario: «Il sole è morto/Guarda come par s’aderga/Dal molo umido e nero la vecchia Norimberga/Appena un lieve raggio, di una luna tremante/Guizza sopra le cupole, vi si indugia un istante/La cattedrale dorme, tutto ritorna nero/Veglia sul gran silenzio, voglia e splende il pensiero/…Finita l’esistenza del sole, comincia un’altra vita/Nulla nel mondo muore, nulla si perde al mondo/Com’è grande la notte e il silenzio profondo». 
Leggendo quella pagina, che si chiude con «Norimberga, Deutscher Hof  (Germania). (Km 410)», pare quasi di vederla Francesca, mentre con emozione riporta in vita le parole di Goethe, immersa nell’atmosfera brumosa della città e nel suo animo inquieto. Pagina dopo pagina riesce a portare lettori e lettrici in una dimensione quasi onirica, nonostante la meticolosità nella descrizione delle tappe del viaggio. 
Francesca Mancusio è morta a Marina di Caronia il 22 gennaio del 1974 nella sua dimora Villa Maria Giovanna, oggi riconosciuta dalla Regione Sicilia come “Luogo della memoria e dell’identità”. 
Il lungomare adiacente la sua abitazione porta il suo nome. 

Nella Mirabile Mancusio
Due anziane signore e un gatto con un’Appia al Circolo Polare Artico
Stabilimento tipolitografico A. Renna, Palermo, 1965
pp. 261

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Articolo di Ester Rizzo

Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Ist. Sup. di Giornalismo di Palermo, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) nel corso di Letteratura al femminile. Collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzoLe Ricamatrici, Donne disobbedienti Il labirinto delle perdute.

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