Editoriale. Se gli uomini si comportassero come le donne

Carissime lettrici e carissimi lettori, 
la memoria alle volte può fare paura. Ma la memoria è necessaria e nulla c’entra con la vendetta. Questo è successo in Germania. Ha dimostrato di essere un Paese che non ha dimenticato. Alla luce di un suo passato di orrore, ha protestato e i suoi cittadini e cittadine, in migliaia, sono scesi in piazza da Berlino a Francoforte per allontanare il fantasma dell’arrivo di una destra estrema. 
L’hanno chiamata “la rivolta della gente perbene”, come ha titolato qualche giornale. Hanno fatto sentire la loro voce davvero in tanti e in tante, dimostrando il loro “non ci stiamo” in decine di città grandi e piccole. Hanno espresso la loro indignazione, nonostante il freddo intenso che si è palesato in tutta la Germania, spesso con temperature sotto lo zero, per esprimere il loro sdegno contro l’ascesa dell’Afd, il partito dell’ultradestra parlamentare e contro i suoi complotti segreti con i neonazisti. Il popolo tedesco ha voluto dimostrare al mondo che “mai più” è una promessa viva e reale, hanno provato che la memoria è da mantenere viva, anche se fa male. Lo hanno fatto nell’ottantaduesimo anniversario della Conferenza del Wannsee, quando i nazisti decisero lo sterminio sistematico degli ebrei. I cittadini e le cittadine tedesche di oggi hanno dimostrato la loro rabbia, ma senza violenza, anzi, cantando e scandendo slogan pacificamente, seppure ci fosse il rancore per la notizia che svelava che per anni il partito di estrema destra tedesco si è incontrato clandestinamente con i nostalgici delle camicie brune per ordire espulsioni di massa dei migranti. Per quella triste vittoria in Turingia, a Sonneberg, dove un sindaco del partito dell’ultradestra Afd ha vinto le elezioni. «Immaginatevi se a Sonneberg riuscissimo a far eleggere un sindaco. La Germania tremerebbe», aveva detto qualche giorno prima Bjoern Hoecke, capo dell’ultradestra Afd in Turingia. «Lo aveva detto nei giorni scorsi con un sorriso diabolico. E il terremoto è arrivato — ha scritto un quotidiano — A Sonneberg, circondario a Sud della Turingia che riunisce una mezza dozzina di paesini e oltre cinquantamila elettori ed elettrici, Robert Sesselmann è stato eletto sindaco». Questo ha messo paura e ha fatto ritornare in mente la memoria che non può dimenticare. Così una società si mantiene viva, difendendo la democrazia.  

In Italia il pericolo di calpestare i diritti si sta palesando. Cominciando dalla stampa, con l’attacco ai giornali, alle e ai giornalisti e l’invio, più o meno palese, di un certo tipo di “veline”, altro strumento che ci riporta al passato e ci conduce ad un certo modo di fare politica. Tra l’altro tutto accade in un momento delicato e essenziale.  

Oggi è il Giorno della Memoria e ciò lega questo evento al passato di un periodo terribile e offensivo legato alle teorie della superiorità di una razza (la evidente brutalità delle parole!) su un’altra, presenti in Germania, ma anche in Italia, non dobbiamo dimenticarlo. Poi il legame al presente: alle guerre, ai troppi morti, ai bambini e alle bambine innocenti di Gaza, all’assurdo di chi ha potuto riproporre l’idea di una “deportazione”, in Congo o in altra terra, sempre brutale. Il terrore non è duplicabile.  

Il pericolo in Italia si è mostrato anche con l’attacco (per noi palese) alla legge 194, alla libertà delle donne di gestire il proprio corpo e avere il diritto all’aborto. L’attacco è avvenuto qualche giorno fa, da parte della Lega: «L’aborto non è un diritto legalmente accettabile», e «anche nei casi più tragici, come quelli di stupro, non è mai giusto». Anche se la presidente del consiglio Giorgia Meloni aveva più volte ripetuto durante questa legislatura “al femminile” che la legge del 1978, confermata da un referendum popolare (e non è poca cosa per una democrazia) non si sarebbe toccata mai, martedì 23 gennaio, durante il convegno organizzato dalla Lega alla Camera dei deputati, sono state pronunciate queste frasi da un senatore (e riportate da un quotidiano). «Nell’occasione si è arrivati a mettere in discussione la legge 194 del 1978, — si legge sullo stesso quotidiano — che dovrebbe garantire l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione e che è già fortemente depotenziata dalla grande presenza di obiettori di coscienza su tutto il territorio italiano: secondo i dati dell’indagine del 2022 Mai Dati, Dati aperti (sulla 194) -.Perché ci servono e perché ci servono per scegliere, sono 72 gli ospedali che hanno tra l’80 e il 100% di obiettori di coscienza. E ben 31, tra ospedali e consultori, sono le strutture sanitarie in Italia in cui non c’è nessuno che garantisca alle donne la possibilità di abortire» (La Repubblica).

«Il feto ci perde, la madre ci guadagna». «L’aborto non è giusto. Anche nei casi più gravi non è mai giusto». È stato detto, ma sono bastate poco più di 24 ore che, già giovedì mattina, c’è stato il netto dietrofront. Forse, pensiamo, la paura è quella di perdere il voto, soprattutto quello delle donne? Ma nell’epoca della riproducibilità tecnica verba volant è ormai un motto di gran lunga superato!
Non meno sessista è stato il «tornatene in cucina» gridato da un senatore del Partito democratico a una collega del Movimento Cinque Stelle mentre stava facendo un suo intervento a Palazzo Madama, al Senato della Repubblica. Insomma: il sessismo è davvero trasversale.
Non ci meraviglia così l’ennesimo intervento sessista e volgare di Stefano Bandecchi, ex militare nei paracadutisti, proprietario della Ternana Calcio e dell’attinente Ternana Women (ahinoi!), fondatore dell’Università telematica Niccolò Cusano (presso la quale si è laureato, fra gli altri, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida).
Bandecchi è diventato sindaco di Terni nel 2023 in barba a qualsiasi conflitto d’interessi. Il 22 gennaio 2024, sui media nazionali approda un video del consiglio comunale durante il quale Bandecchi si lancia in una tirata maschilista in cui letteralmente lo si sente dire: «Un uomo normale guarda il bel culo di un’altra donna e forse ci prova anche. Poi, se ci riesce, se la tromba anche. Se poi non ci riesce, invece, torna a casa.». Tutto durante una discussione sulla parità di genere nel consiglio comunale. Chiaramente la reazione è stata notevole ma il sindaco non è sembrato toccato. Sta nel suo stile (che dire!): «Offendetevi quanto cazzo volete, ma questa è la mia idea». Siamo davvero combinate male con maschi del genere! Purtroppo, anche questo è un atteggiamento trasversale di un concetto patriarcale e maschilista del mondo usato, purtroppo, anche da alcune donne. Perché la visione del mondo al femminile deve appartenere a tutte e a tutti contro il concetto opposto di dominio maschilista, che non vuole dire maschile!
Ritornando all’affermazione di Bandecchi vorrei riferirvi di un’osservazione/critica che ho letto e che riguarda Massimo Gramellini a proposito delle esternazioni del sindaco di Terni: «Il contesto, per capirci meglio, era la discussione di una proposta di legge per il contrasto della violenza di genere — scrive Giulia Blasi su Valigia Blu — […] Nel suo pezzo di commento, Gramellini rinuncia ad analizzare le affermazioni di Bandecchi e anche a riportarle nella loro interezza: le censura, ammorbidendole. È evidente che si preoccupa di non offendere i suoi lettori e le sue lettrici, e per farlo usa delle espressioni che gli sembrano equivalenti: “sedere” al posto di “culo”, “fare l’amore” al posto di “se la tromba”. È una scelta interessante, alla luce delle sue conclusioni: pare evidente che per Gramellini la sensibilità borghese di chi lo legge sia degna di rispetto al punto da fare scelte linguistiche che addomesticano il linguaggio volgare del sindaco. Una forma di correttezza politica, se vogliamo, che modifica la sostanza del messaggio: se Bandecchi, in una sede istituzionale, sente di poter utilizzare termini e immagini volgari, è perché è conscio del potere che è legittimato a esercitare. E non esiste universo in cui “fare l’amore” sia l’equivalente di “se la tromba”: la prima espressione prevede la reciprocità dell’azione, mentre nella seconda è implicita la passività della titolare del “bel culo”, che può al massimo respingere le avance indesiderate del cosiddetto “uomo normale”. Una visione predatoria del sesso e dei rapporti fra uomini e donne… Tornando a Bandecchi: è chiaro alla maggior parte delle persone mediamente evolute (incluso Gramellini) che quelle frasi sono irricevibili, e lo sarebbero anche al di fuori del contesto in cui sono state pronunciate. L’errore che non bisogna fare è pensare che esistano i Bandecchi ed esistano gli uomini “per bene”, e che non ci sia niente in mezzo. Invece esistono i Bandecchi, persone che rivendicano apertamente il diritto alla violenza ed esistono gli uomini e le donne che si impegnano ogni giorno per contrastare quella violenza su ogni fronte… Poi ci sono persone in mezzo…L’esatto contrario di quello che ha detto Gino Cecchettin nella sua prima intervista a Che tempo che fa, l’esatto contrario di quello che sostengono gli uomini che hanno deciso di diventare soggetti attivi in questa lotta».

Una nota di colore. Quanto costa al pil nazionale una virilità tossica? Se lo è chiesto per prima Lucile Peytavin, una ricercatrice francese che ne ha fatto argomento per un libro uscito tre anni fa. La stessa Peytavin ha collaborato ora a un identico lavoro sulla situazione italiana. Anche da questa ricerca è uscito un libro, dal titolo esplicito: Il costo della virilità, (Pensiero scientifico) scritto da una economista, Ginevra Bersani Franceschetti che, come la collega francese, va subito diretta al punto con il sottotitolo: «Quello che l’Italia risparmierebbe se gli uomini si comportassero come le donne».
La virilità tossica è un peso non solo sociale ma anche economico per la comunità. E per dimostrarlo, niente di meglio dell’analisi dei numeri. Quale tipo di “virilità” viene presa in considerazione? Quella viziata da un’educazione basata sulla dimostrazione di forza, sull’aggressività esaltata nei maschi, legata al maschile e condannata, ovviamente, nel femminile. Dunque, un fatto non biologico, ma culturale! «Non c’è nessuna evidenza scientifica che dimostri che i comportamenti violenti siano un tratto distintivo del genere maschile. Ciò che ha permesso per secoli lo sviluppo di tali credenze è una cultura della virilità tossica di cui fanno le spese ogni giorno non solo le donne, ma anche gli stessi uomini».
Nel libro di Bersani Franceschetti «vengono presi in considerazione i costi materiali di abusi, stupri, omicidi, pornografia minorile, ma anche incidenti stradali mortali, evasione fiscale e altri reati. Tutte situazioni in cui gli uomini sono sovra rappresentati. Nel 2018 i maschi sono stati l’82,41% dei 500mila autori di reati per i quali è stata aperta una procedura penale nel corso di un anno, l’85,1% delle persone condannate dalla giustizia e via elencando.
Secondo l’autrice il costo di questi comportamenti alimentati dalla cultura della virilità tossica sull’economia italiana ammonta a quasi 99 miliardi di euro all’anno, ovvero circa il 5% del Pil italiano del 2019. E per scendere ancora più nel dettaglio e per far capire a tutti quale danno anche economico tali comportamenti rappresentino per le tasche di tutti ecco un altro dato: i comportamenti antisociali degli uomini costano ad ogni italiano almeno 1.700 euro all’anno” (Rosella Scalone, Rewriters). Insomma, la femminilizzazione della società conviene, anche in soldoni! Prima di chiudere vorrei ricordare di nuovo una donna importante per tutte noi, per l’impegno sociale che l’ha guidata nella sua lunga vita. Mercoledì tante donne e uomini (perché ce ne erano tanti nella sala a pian terreno del palazzo dell’Unione Europea a un passo da Piazza Venezia, a Roma) hanno ricordato Marisa Cinciari Rodano (1921-2023) con Noi rete donne fondata da Rodano insieme a Daniela Carlà. È stato un pomeriggio di condivisione in nome della partigiana, politica, deputata europea e senatrice alla quale tutte e tutti dobbiamo tanto. Scrivendo e leggendo oggi ho incontrato di nuovo Cesare Pavese. Di nuovo l’ho profondamente amato, come nella mia adolescenza durante la quale accumunavo i miei dolori dell’età alle sofferenze che leggevo nelle pagine dello scrittore, poeta piemontese, o meglio delle Langhe, che Pavese (1908-1950) ha sempre messo al centro della sua vita e della sua opera. In un periodo in cui si tuonano detti retorici come “Dio, patria e famiglia”, questa frase di Cesare Pavese ci sembra più fresca e davvero consolatoria e reale: « Un paese ci vuole, non fosse per il gusto di andasersene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.» (La luna e i falò) Al suo posto (Pavese si suicidò in una stanza dell’albergo Roma, a un passo dalla stazione di Torino, nella notte tra il 26 e il 27 agosto del 1950) all’Einaudi lavorò Italo Calvino che mai si dimenticò della lezione del suo maestro.

E allora noi vili

E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto ‒
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume ‒
‒ non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi.

(23 novembre 1945)

Nella settimana che ricorda la nascita, il 25 gennaio del 1882, di Virginia Woolf i nostri articoli spazieranno tra musica, letteratura, arte, giornalismo, attivismo, fotografia, rigorosamente al femminile. Perché è importante ricordare il contributo invisibile che le donne hanno dato in tanti campi e chi lo nega o, peggio, lo critica, mettendolo in dubbio, deve ancora compiere un lungo percorso di consapevolezza.
Apriamo la rassegna degli articoli del numero 255 con La questione femminile è una questione maschile, un testo della nostra collaboratrice Graziella Priulla, che come sempre ci fa riflettere e pensare. Continuiamo poi con la donna di Calendaria, Chiara Margarita Cozzolani, una grande monaca compositrice che dovette combattere contro la visione angusta di Carlo Borromeo per affermare la grandezza della sua musica. Tante furono le donne che si opposero ai ruoli che gli uomini avevano deciso per loro. Scopriremo molte di loro in Ritratti di donne triestine, ma anche nel bell’approfondimento dal titolo L’Amore senza volto di Camille Mallarmé compie un secolo, in Fotografe viaggiatrici. Le visionarie  e in Attiviste e pioniere della carta stampata negli USA. Le recensioni di questo numero: La forza delle donne descritta dalla penna di una donna, sul libro Uno strano accordo, edito dalla casa editrice Protos Edizioni e ideato dalla scrittrice nel tempo libero Elvia Merello e L’ideologia del gender è pericolosa, della storica Laura Schettini, che affronta un tema scottante, sviscerato in tutti i suoi aspetti e smascherato nella sua natura di fake news.
Sono due gli approfondimenti su Convegni o seminari a cui abbiamo partecipato: Genere e lavoro tra public history e didattica della storia riferisce sull’omonimo seminario organizzato dalla Società italiana delle storiche. La strana sensazione di essere simili. L’amicizia tra Katherine Mansfield e Virginia Woolf relaziona sull’ultimo incontro della serie Parlarne tra amiche. Raccontarsi e ri-conoscersi nella relazione con le altre organizzata da “Sguardi sulle differenze” e apre un mondo sull’empatia e sull’amicizia tra donne, quella potente forza femminile negata da un pensiero maschile che ha preteso e spesso ancora pretende di interpretare e leggere le dinamiche tra donne col suo unico sguardo, di cui dobbiamo al più presto liberarci.

Si possono lanciare messaggi potenti su tematiche scottanti anche con la poesia. La Slam Poetry di Carol Braga ci presenta una poeta e un modo di fare poesia interessante e coinvolgente.
Continuano i contributi per il nostro nuovo Laboratorio Flash-back. Questa settimana leggeremo il racconto della nostra collaboratrice Cinzia Boschiero: Il Meccano.
Per la serie di cucina oggi consigliamo la Torta di mele vegana, una ricetta che ci ha letteralmente conquistate per la ricchezza degli aromi e dei sapori.
Chiudiamo con quello che per noi, rappresenta l’articolo che tutte e tutti dovremmo leggere: Un dramma immenso, oltre le parole. Intervista ad Alice Boffi, una donna che lavora per Unrwa (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East), l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di soccorso e occupazione per le persone rifugiate palestinesi nel Vicino Oriente. Una lettura necessaria, che fa finalmente luce sulla “violenza sistemica” di Israele sul popolo palestinese, che non nasce come reazione all’attacco terroristico del 7 ottobre scorso e racconta finalmente quello che i media, tutti sdraiati sulla cronaca, si dimenticano colpevolmente di riferire.
SM

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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