La scultura armena ha origini antichissime, e inizia nella preistoria con monumenti di culto, collegati o non all’architettura, come lapidi e khachkar (in armeno significa “croce di pietra”, sono cippi funerari). L’arte di Urartu, in particolare, si riferisce all’arte della regione di Urartu, la biblica Ararat, l’antico stato dell’Asia occidentale, esistente dal XIII al VI secolo a.C. nell’altopiano armeno. Fortemente influenzata dalla vicina Assiria, lo stato più potente di quel periodo nella regione, raggiunse il suo massimo splendore intorno all’VIII secolo a.C., ma fu saccheggiata, dispersa e distrutta con la caduta di Urartu.
La riscoperta della scultura armena è legata ai nomi dei primi maestri dell’arte sovietica, attivi tra la fine dell’800 e la prima metà del 900, che, ispirati dalla rinascita del giovane paese, vollero creare una nuova arte che richiamasse le antiche glorie. Opere monumentali, caratterizzate da semplicità e sobrietà, furono erette a Yerevan e in altri luoghi dell’Armenia; frequenti i ritratti di personaggi pubblici armeni, gli eroi del nuovo tempo, ma anche illustri figure del passato, di cui erano messi in evidenza gli ideali civici.
Aitzemnik Urartu fu tra questi artisti; prima scultrice nella storia dell’arte dell’Armenia sovietica, ha creato opere che sono al contempo moderne e profondamente radicate nelle tradizioni del suo paese. Abile nel modellare la materia, marmo, bronzo o legno, ha mostrato il suo talento versatile con opere monumentali, che spesso rappresentano personalità eccezionali armene e russe in pose dinamiche, e in momenti di profonda emotività e introspezione. Praticò anche il genere delle scene di vita quotidiana, che con un approccio realistico riflettono la vita sociale.

Il suo vero nome era Aytzemnik Ter Khachatrian; nacque a Kars, nell’Armenia occidentale, il 15 (27) settembre 1899, nella famiglia di un insegnante, e visse in un periodo di turbolenze politiche e sociali che hanno influenzato profondamente la sua arte. Fin da giovane ha mostrato un talento eccezionale per le arti plastiche, ha studiato prima alla Scuola Statale d’Arte di Yerevan, poi all’Accademia di Belle Arti di Mosca. Espose per la prima volta nel 1926 alla mostra dell’Associazione degli scultori russi a Mosca con due opere firmate con lo pseudonimo di Urartu: Rest, un corpo femminile nudo, e la scultura di genere Homeless, opere che furono molto apprezzate per la delicata plasticità delle forme. Lo stesso anno si trasferì a Yerevan per promuovere la scultura realistica nazionale dell’Armenia sovietica, lavorando nel campo della propaganda monumentale dalla seconda metà degli anni Venti fino ai primi anni Trenta. L’Armenia, infatti, era diventata parte dell’Unione Sovietica nel 1922.
Aytzemnik si impegnò a creare una serie di opere che rappresentavano personaggi noti dell’Armenia utilizzando diversi metodi (busto, bassorilievo, ecc.). Lavorò per quasi dieci anni al monumento al poeta Hovhannes Tumanian, uno dei più grandi poeti e scrittori armeni tra ‘800 e ‘900, che, traendo ispirazione dal folklore nazionale, creò numerosi poemi realistici in cui ha mostrato la vita della gente, le contraddizioni sociali e la lotta di liberazione nazionale. L’immagine del poeta fu integrata e arricchita dalle immagini dei suoi eroi letterari: Anush, Maro, Almast, David di Sassoun, Msra-Melik, Giqor. Una scena dalla poesia Anush, situata vicino al monumento all’alfabeto armeno, ad Aragatsotn, riporta un verso della poesia: “Whoosh – Whoosh! Anush!”. Un’altra scena tratta dal classico armeno Giqor, scritto sempre da Hovhannes Tumanyan, cita una frase della storia: “Sono giorni, si affievoliranno e passeranno…”


In questo ciclo si chiariscono le caratteristiche stilistiche della sua arte plastica che consistono in una morbida resa dei volumi, delicati passaggi di chiaroscuro, e solidità delle masse scultoree. Un altro aspetto che caratterizza il suo lavoro è l’attenzione ai dettagli simbolici e culturali che ricordano motivi e iconografie tradizionali armene.
Nel 1939 Aytzemnik realizzò la scultura monumentale in basalto La ragazza con la brocca.

Durante la spietata repressione voluta da Stalin nella seconda metà degli anni Trenta, nota come le “Grandi Purghe”, le opere di Aytzemnik Urartu non furono esposte e addirittura ignorate se inviate a concorsi. L’ostilità nei suoi confronti era forse collegata alla sua amicizia con Ashot Hovhannisian, col quale si sposò nel 1944. Ashot Hovhannisyan, storico marxista armeno, teorico e funzionario comunista, infatti, sotto Stalin fu arrestato con accuse inventate, imprigionato ed esiliato. Solo nel 1943 gli fu permesso di tornare in Armenia.
Negli anni della Grande guerra patriottica, la guerra contro l’invasione nazista, che vide una potente, coesa, idealità dell’intera popolazione sovietica in tutte le sue componenti, Aytzemnik creò un’interessante serie di immagini di illustri contemporanei. Tra queste i ritratti dell’Eroe dell’Unione Sovietica Maggiore Antonov, dei poeti A. Isahakyan e N. Zaryan, del chirurgo A. Kechek, degli artisti E. Isabekyan, S. Karagezyan, del violinista A. Gabrielyan e di altri personaggi noti, come suo marito, l’accademico Ashot Hovhannisyan, tutti custoditi alla Galleria di Stato dell’Armenia.

Nel corso della sua carriera, Aytzemnik insegnò scultura presso l’Accademia d’Arte di Yerevan, ispirando molti giovani artisti, che hanno continuato a portare avanti la tradizione artistica armena.
La sua carriera fu segnata da riconoscimenti e premi: nel 1956 ottenne il titolo di Artista Emerita dell’Unione Sovietica e divenne Pittrice Popolare dell’Armenia nel 1960. Nonostante i suoi successi dovette affrontare numerose sfide professionali: in quanto donna attiva in un campo dominato dagli uomini ha lottato per il riconoscimento e la visibilità, ma con determinazione e talento è riuscita a emergere come una figura di spicco dell’arte armena del XX secolo. Una delle sue ultime creazioni è la scultura di Movses Khorenatsi (bronzo, 1962), il padre della storia armena del V secolo d.C. che ora decora una delle sale della Matenadaran a Yerevan, museo, istituto di ricerca, e il più grande archivio al mondo di manoscritti armeni.

Il Monumento alla Rinascita, situato nel cuore di Yerevan, realizzato negli anni ’60, rappresenta la rinascita del popolo armeno dopo il genocidio del 1915, perpetrato dai Turchi: le figure con i loro volti espressivi e le pose drammatiche trasmettono un senso di dolore, ma anche di rinascita, esprimendo speranza e resilienza, che è l’essenza dello spirito armeno.
Colpita dal morbo di Alzheimer, Aytzemnik interruppe la sua attività, ma fino alla fine della sua vita ha guidato il Fondo di pittura dell’Armenia e la divisione delle sculture dell’Unione dei pittori.
Due anni dopo la morte del marito, morì a Yerevan il 17 dicembre 1974. Fu sepolta nel Pantheon della città di Yerevan.

Le è stata dedicata una via a Yerevan.
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Articolo di Livia Capasso

Laureata in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ha insegnato Storia dell’arte nei licei fino al pensionamento. Accostatasi a tematiche femministe, è tra le fondatrici dell’associazione Toponomastica femminile. Ha scritto Le maestre dell’arte, pubblicato da Nemapress nel 2021, una storia dell’arte tutta al femminile, dalla preistoria ai nostri giorni.
