«Interrompevo il poema quando era esaurita la forza psichica e significativa che mi spingeva a scrivere; cioè l’idea o l’esperienza o il ricordo o la fantasia che smuovevano il senso e lo spazio».
Riflesso della sua vita, la scrittura di Amelia Rosselli nasce da un vagabondaggio continuo nello spazio fisico e in quello mnemonico. Sono le emozioni, le esperienze di vita e le sue rimembranze a guidare la mano di questa autrice dinamica, apolide nella vita e tra le parole delle sue opere.

Nata a Parigi nel 1930, Amelia Rosselli appare come una delle personalità più significative della poesia del Novecento. Poeta, organista ed etnomusicologa, il suo sperimentalismo le valse il paragone con i poeti del Gruppo ’63 da cui però rimase volutamente ai margini nonostante ne apprezzasse gli esponenti, in particolare Antonio Porta. L’omicidio del padre e dello zio, esuli antifascisti uccisi in Francia dalle milizie fasciste (cagoulards) per ordine di Mussolini e Ciano nel 1937, ebbe conseguenze irreversibili sulla vita di Rosselli. In seguito al duplice assassinio, la poeta cominciò a soffrire di ossessioni persecutorie.
Durante gli anni di esilio a Londra, «oltre a perfezionare la conoscenza della lingua e della letteratura inglese, iniziò a studiare musica, composizione, violino, pianoforte e solo più tardi anche l’organo, pur con l’opposizione della famiglia» (Alice Vergnaghi, Amelia Rosselli. Nata, giaciuta, vissuta, scappata, speranzosa, Vitamine vaganti, 6 febbraio 2021). Tornata in Italia, dopo la morte della madre, si trasferisce a Roma; qui la scrittrice comincerà a frequentare gli ambienti intellettuali della capitale, entrando così in contatto con i teorici di quello che sarà definito il Gruppo ’63.
Quelli romani sono anni di grande sperimentazione: Amelia Rosselli comincia a elaborare un linguaggio poetico universale, fondato su un ordine logico comune a tutte le lingue. Primi scritti 1952-1962 testimonia questo processo di «lento decidersi per una lingua o per l’altra». Nella miscellanea l’inglese dei metafisici e del modernismo si amalgama con il francese del surrealismo e l’italiano della tradizione del Novecento, da Campana a Montale.
Nel 1963 venne pubblicata sul Menabò una prima raccolta di poesia, presentata da Pasolini. A queste pubblicazioni seguirono Le chinois à Rome, riflessione sull’estetiche orientali dove troviamo esempi di scrittura trilingue; i sonetti elisabettiani October Elizabethans e Diario in tre lingue in cui si riscontrano annotazioni sulla tecnica compositiva musicale e poetica. Sono da annoverare anche le sue annotazioni sul ritmo, la quantità, il tempo e lo spazio, citazioni e riflessioni su testi di Montale, Eliot e Joyce.
È del 1958 il poemetto lungo La libellula che, come disse la stessa Rosselli nel 1992, nacque «in uno stato di ispirazione assoluta, felice addirittura». Il sottotitolo del componimento, Panegirico della libertà, da indicazioni dell’autrice, deve essere inteso come giro del pane: «Io della libertà pensavo poco, pensavo che non ce n’era […]. Io non ho capito il termine libertà per anni, anzi credevo nello stato di necessità […] voleva essere un sottinteso assurdo perché nessuno lo poteva indovinare, voleva dire: il giro del pane». Nel 1985, anno della ristampa di La libellula, si esplicita che il titolo «vorrebbe evocare il movimento quasi rotatorio delle ali della libellula», evocando anche “libello” e “libertà” e la volontà di Amelia Rosselli di “libellarla”.
Il saggio Spazi metrici (1962) viene concepito «in forma di drago che si mangia la coda: fine e principio dovrebbero infatti congiungersi, se il poema viene letto scioltamente e intuitivamente». Il titolo dell’opera fa riferimento alla struttura e lunghezza dei versi: d’accordo con l’intenzione dell’autrice, essi si sviluppano fino al margine del foglio dando vita a una metrica spaziale, determinata dall’ampiezza della pagina.

Tutta la produzione poetica di Rosselli è attraversata dalla presenza costante di un tormento, un conflitto interiore che fa affiorare dal chiuso del suo io più profondo verso l’esterno. Questa conflittualità intima e personale domina la raccolta intitolata significativamente Variazioni belliche (1964). Attraverso una scrittura intensamente semplice e informale «in cui si realizza la spinta alla riduzione assoluta della lingua della poesia a lingua del privato», l’autrice dà voce alla sua personale belligeranza.
Tra le sue opere si ricordano poi: Serie ospedaliera del 1969, in cui Amelia si avvale dell’esuberanza della parola per trattare ed esprimere il tema della malinconia del cuore; Sleep (1992), Documento (1976) e Appunti sparsi e persi in cui farà confluire le poesie da lei considerate meno riuscite.

Nel 1981 con il secondo poemetto in 13 parti Impromptu, Rosselli vinse il Premio di poesia Pier Paolo Pasolini.
Nonostante i frequenti esaurimenti nervosi e la diagnosi di schizofrenia paranoide, Rosselli parlò sempre di lesioni al sistema extrapiramidale dovute per lo più al morbo di Parkinson che la colpì all’età di 39 anni. La sua vita, segnata fin dall’inizio da eventi dolorosi, si concluse con un gesto tragico: la poeta si suicidò gettandosi dal quinto piano del suo palazzo. La sua morte, avvenuta l’11 febbraio del 1996 a Roma, la lega alla scrittrice Sylvia Plath, morta suicida lo stesso giorno del 1963.
Dacia Maraini disse di lei: «Era una persona molto sola, costretta a vivere in un Paese che purtroppo non ama i suoi figli. L’ Italia corre dietro ai suonatori di piffero, ma non ha rispetto di personalità fragili e importanti come la Rosselli».
Da Documento (1966-1973)
La passione mi divorò giustamente
la passione mi divise fortemente
la passione mi ricondusse saggiamente
io saggiamente mi ricondussi
alla passione saggistica, principiante
nell’oscuro bosco d’un noioso
dovere, e la passione che bruciava
nel sedere a tavola con i grandi
senza passione o volendola dimenticare
io che bruciavo di passione
estinta la passione nel bruciare
io che bruciavo di dolore nel
vedere la passione così estinta.
Estinguere la passione bramosa!
Distinguere la passione dal
vero bramare la passione estinta
estinguere tutto quel che è
estinguere tutto ciò che rima
con è: estinguere me, la passione
la passione fortemente bruciante
che si estinse da sé:
Estinguere la passione del sé!
estinguere il verso che rima
da sé: estinguere perfino me
estinguere tutte le rime in
“e”: forse vinse la passione
estinguendo la rima in “e”.
In questo testo e negli altri componimenti raccolti nel volume Documento, musica e poesia si fondono insieme: la struttura metrico-sintattica dall’estetica irregolare, infatti, serba la memoria di una ballata minima. Come dirà la stessa autrice: «il mio obiettivo quando scrivo è riuscire a comunicare un mio personale ritmo metrico […] che dia melodia a un contenuto valido» (per l’intervista completa si veda l’articolo di Emma de Pasquale, A Roma con Amelia, Vitamine vaganti, 13 luglio 2019). L’ordine e le consuetudini poetiche vengono tralasciate per favorire l’emergere degli aspetti più profondi dell’esistenza umana. «La tensione fra l’impulso corporeo e quello logico della scrittura», e la necessità di produrre un testo che possa essere espressione di un pensiero e di uno stato d’animo profondi e personali, frutto di un flusso di coscienza interiore straripante, tendono l’autrice a intrecci di parole, di serie e di variazioni, rappresentazione scritta del suo movimentano mondo esistenziale. Da qui l’uso ricorrente di figure di ripetizioni. Anafore, epifore, duplicazioni di parole, chiasmi, allitterazioni e figure retoriche percorrono l’intero testo poetico. Questi elementi corroborano l’anarchia della forma, espressione di libertà emotiva e di pensiero. Rilevanti anche i movimenti della materia verbale resi attraverso l’uso della metonimia. Fra tutte è quella realizzata con il verbo estinguere a dominare l’impostazione testuale. “Passione” (termine con cui indichiamo convenzionalmente l’opera priva di un titolo autoriale) è allo stesso tempo un manifesto di vita e di scrittura. La passione è una forza motrice; è alla passione che può essere concesso, in senso metaforico, il diritto di divorarci, di impossessarsi di noi con il fine più ampio di vivere, amare e scrivere profondamente.
Dar voce e ricercare l’dea di base con la quale una poeta compone un testo non è mai semplice; se ci si confronta poi con una figura poliedrica e camaleontica come quella di Amelia Rosselli, ci si sente quasi colpevoli di aver tentato di portare a linguaggio comune un’espressione tanto personale. Dunque, ciò che è stato scritto precedentemente è frutto del sentire e della percezione di chi scrive queste righe. Per dare alla passione di Rosselli il suo significato primordiale dovrete quindi demandare ad altri/e.
In copertina: l’autrice.
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Articolo di Sveva Fattori

Diplomata al liceo linguistico sperimentale, dopo aver vissuto mesi in Spagna, ha proseguito gli studi laureandosi in Lettere moderne presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza con una tesi dal titolo La violenza contro le donne come lesione dei diritti umani. Attualmente frequenta, presso la stessa Università, il corso di laurea magistrale Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione.

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