Editoriale. In direzione ostinata e contraria

Ci sono giornate, settimane, stagioni che cambiano la storia. Ci sono cause per cui vale la pena di lottare e sentirsi vivi e vive.
Mentre scrivo 11 nuove barche della Freedom Flotilla stanno navigando nel Mediterraneo, ormai prossime alle coste di Gaza. Portano aiuto sanitario a una popolazione che rischia di morire per una banale infezione, che muore di denutrizione. A bambini e bambine amputati senza anestesia portano quel che resta della dignità umana. La radice di tanto orrore è la convinzione malata che alcuni popoli possano essere cancellati, che non tutte le nascite abbiano lo stesso valore.

Voglio tornare qui su una settimana cruciale. Esaltante, commovente, necessaria, ha mostrato che qualcosa di profondo si sta muovendo controvento. Il movimento non è nato la settimana scorsa, ma il martirio di Gaza ha concentrato tutte le contraddizioni, è diventato la metafora di tutte le ingiustizie del mondo, il laboratorio di ogni prossima distopia. In tutto il mondo folle immense denunciano i governi complici.
Nel tempo del virtuale e dell’immateriale i corpi umani irrompono con slancio imprevisto e spontaneo sulla scena politica. Sono fuori tema. Si incontrano, si riconoscono, si sorridono, si toccano. Nel tempo del predominio della forza sono disarmati, nel tempo del riarmo e dell’invenzione del nemico gridano pace, nel tempo dei nazionalismi, dei muri da erigere, dei confini da marcare, dei fantomatici conflitti di civiltà guardano al vasto mondo. Nell’anestesia della globalizzazione consumistica non si girano dall’altra parte; mostrano che esiste ancora la capacità di indignarsi. Nel grigio autoreferenziale del politicismo ritrovano un coraggio civile che sembrava dimenticato. Richiamano a quel diritto internazionale che la storia con fatica ci ha offerto perché homo homini lupus restasse solo un ricordo e nessuno — dittatore o presidente che fosse — godesse di impunità. Dicono che il mare non segrega, non respinge, non si chiude, non si blocca.

Parlo dei corpi sulle barche bloccate con la violenza dal governo di Israele. Parlo della fiumana colorata di corpi scesi più volte a manifestare nelle piazze di cento città d’Italia: studenti, famiglie, lavoratori e lavoratrici, pensionati/e. Quando credi che i giovani e le giovani siano scomparsi, annegati nell’indifferenza, ti riservano delle sorprese: non sono rassegnati a subire un destino già segnato.
Ogni volta che abbiamo taciuto abbiamo insegnato a tacere. Al potere non piace che le cose si chiamino con il loro nome.
Per generazioni che non hanno più fiducia negli adulti e nella loro politica, quegli uomini e quelle donne che armati solo di coraggio sfidano il mare, il blocco navale, i droni, il sequestro, gli arresti, gli insulti incarnano un bene che non si compra e non si vende: la credibilità, anche contro le palate di fango sparse a piene mani da chi ne ha paura e vuol nascondere i propri fallimenti.

Essere senza potere non significa essere impotenti, votare non significa regalare deleghe in bianco.
Un’ondata simile, che ha pochi precedenti nella storia del nostro Paese, dimostra che la misura è colma. Quando le manifestazioni di popolo sono oceaniche qualcosa succede. In Vietnam ha vinto un piccolo popolo povero e sconosciuto contro i ricchissimi, potentissimi Stati Uniti. A Comiso i missili Cruise non sono arrivati. A dispetto del Vaticano abbiamo ottenuto il divorzio.
D’altronde non sono mai stati maggioranza le e i militanti dei diritti civili, i rivoluzionari, le rivoluzionarie e gli innovatori e innovatrici di ogni epoca, gli e le intellettuali che hanno sconvolto il pensiero, le scienze, le arti e la storia. Hanno indicato la strada alla maggioranza convincendola che l’immobilismo non è una virtù.

Sfogliamo gli articoli di questa settimana, in cui si inaugura una nuova serie con Antichi lavori femminili. Parte prima, il racconto della giornata di una nonna scritto da una ragazza del nostro tempo. Scopriremo quanto lavoro invisibile e mai remunerato ha reso possibile il solo abilitato a entrare nel calcolo del Pil, quello di produzione, storicamente riservato agli uomini. Radici femminili nella “terra di mezzo” nella Sezione “Iuvenilia” descrive la premiazione di due lavori del Liceo classico Leopardi di Recanati culminati nell’intitolazione a Matilde Brualdi, «mente progettuale e strategica dell’azienda Clementoni» che ha contribuito allo sviluppo di giochi educativi «capaci di stimolare intelligenze e immaginazione». Uno sguardo di genere sul lavoro femminile emerge dall’intervista alla Consigliera di parità della provincia di Ancona Bianca Maria Orciani, all’interno del progetto ”Reti culturali” dedicato al Benessere organizzativo, in Consigliera di parità in azione. Dagli Atti del XII Convegno di Toponomastica femminile svoltosi a Francavilla Fontana Donne sul filo di un racconto. Percorsi di genere femminile nel Salento ci conduce, con gli occhi di una Guida Turistica, alla scoperta di una “Storia delle donne”, alcune note alcune meno, in uno dei più bei luoghi della Puglia. Tra queste Renata Fonte, a cui dobbiamo la bellezza di Porto Selvaggio. Filomena Martellotta, l’educatrice dal mare è la storia di una donna tarantina, riscoperta dal progetto Cosmopolita, «che riteneva l’insegnamento il mezzo principale per l’autonomia economica femminile e, insieme, per l’emancipazione sociale e culturale delle donne».

Ricordate i costumi eleganti e raffinati delle protagoniste dei film di Hitchcock o gli abiti di Paul Newman e Robert Redford ne “La stangata”? Dietro queste e moltissime altre pellicole c’è Edith Head, la costumista delle star, la donna della serie Calendaria, che una volta di più dimostra quanto sia riduttivo definire la sua “arte minore”. Di un’altra «figura straordinaria dell’arte del Novecento, pioniera del pensiero femminista ed ecologista, esploratrice di mondi onirici, mitologici e simbolici» riferisce, illustrando una mostra sulle sue opere, l’autrice di Leonora Carrington a Milano. La prima retrospettiva italiana.

L’interesse e la mobilitazione delle giovani generazioni per le questioni veramente importanti in questo periodo, quelle internazionali, ci rassicura nella nostra proposta di articoli di approfondimento su parti del mondo lontane. Il punto di vista di una geologa si confronta con quello di una ex docente di relazioni internazionali nei due articoli Lo Stretto di Bering: quando la geologia scrive la storia e Geopolitica dello Stretto di Bering. Parte seconda.

Nella Rubrica “Linguaggio e linguaggi” presentiamo Multilingualism Day. Una giornata di workshop dedicati al multilinguismo, la capacità di un individuo o di una comunità di utilizzare e comprendere più lingue o varietà dialettali, concetto diverso dal plurilinguismo.
Troverete i consigli di lettura di questo numero in Celestina, Remedia e un segreto avvolto nel mistero, la recensione del libro di Salvatore Niffoi, L’amica delle lucertole, una storia dalla trama intricata con molti personaggi femminili e in Riflessi nel mare, il racconto del nostro laboratorio di scrittura creativa “Flash-back”.
Il Festival della fotografia etica a Lodi. 2025 è un suggerimento prezioso per chi vorrà visitare questo gruppo di Mostre itineranti che ogni anno riesce a sensibilizzare molte persone da tutto il mondo su temi scottanti del nostro tempo.
Chiudiamo con la ricetta di un piatto gustoso e facile da preparare, per la serie “La cucina vegana”: Torta salata di pane casereccio, pomodori e olive.

Buone letture ribelli a tutte e tutti!

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Articolo di Graziella Priulla

Graziella Priulla, già docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi nella Facoltà di Scienze Politiche di Catania, lavora alla formazione docenti, nello sforzo di introdurre l’identità di genere nelle istituzioni formative. Ha pubblicato numerosi volumi tra cui: C’è differenza. Identità di genere e linguaggi, Parole tossiche, cronache di ordinario sessismo, Viaggio nel paese degli stereotipi.

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