La situazione italiana: dal dibattito tra neutralisti e interventisti all’entrata in guerra
Allo scoppiare del conflitto, l’Italia è del tutto impreparata per affrontare una guerra.
I liberali seguaci di Giolitti sono consapevoli dell’inadeguatezza militare dell’esercito italiano. I socialisti, fedeli alla linea della II Internazionale, si dichiarano contrari alla guerra imperialista. I cattolici, attenti alle parole del Papa, sono contrari a una guerra che prevedono sanguinosa, cruenta e inutile.
Sono favorevoli alla partecipazione italiana nel conflitto soltanto i nazionalisti, minoritari ma molto rumorosi. Il Re, almeno apertamente, non prende posizione.
La Triplice Alleanza è un accordo esclusivamente difensivo: uno Stato membro è tenuto a intervenire soltanto se uno degli alleati viene attaccato, non se attacca per primo. Essendo stata l’Austria a invadere la Serbia, l’Italia non è tenuta a intervenire e può tenersi in disparte. Così nel 1914 l’Italia rimane neutrale, ma intanto si apre il dibattito interno su che fare.
L’unico motivo che il Regno d’Italia avrebbe per entrare in guerra sarebbe la conquista delle cosiddette «terre irredente», in altre parole quelle zone ancora sotto l’Impero Austro-ungarico come il Trentino, il Friuli, la Venezia-Giulia, l’Istria e la Dalmazia; un altro obiettivo degli “irredentisti” è annettere all’Italia la città di Fiume, situata in Dalmazia. Ma per raggiungere questi obiettivi servirebbe una guerra contro l’Austria, che invece è alleata dell’Italia.
Davanti alla situazione difficile, Giolitti si dimette. Al suo posto il Re nomina Antonio Salandra, un conservatore di destra a favore dell’entrata in guerra. Così Vittorio Emanuele III, pur senza esporsi direttamente, ha mostrato la propria posizione in maniera inequivocabile.
Il Parlamento è in larga maggioranza neutralista; la popolazione è confusa e i nazionalisti non sono in maggioranza ma organizzano imponenti ed enormi manifestazioni interventiste.
Nell’aprile 1915 il Ministro degli Esteri del governo Salandra, Giorgio Sidney Sonnino, si reca a Londra senza informare il Parlamento. Qui viene stipulato un accordo segreto che prende il nome di Patto di Londra: l’Italia si impegna a entrare in guerra entro un mese contro l’Austria appoggiando Francia e Gran Bretagna. Il tutto quando l’Italia è formalmente ancora parte della Triplice Alleanza e quindi alleata austriaca. Il Patto di Londra prevede che, una volta vinta la guerra, l’Italia otterrà il Trentino, il Friuli, la Venezia-Giulia, l’Istria e la Dalmazia ma non la città di Fiume (principale porto sul Mar Adriatico) che invece riceverà lo statuto di città internazionale. La I Guerra mondiale in Italia sarà chiamata anche IV Guerra d’indipendenza. Davanti a un trattato internazionale, il Parlamento italiano è di fatto esautorato, quindi le posizioni neutraliste perdono qualunque valore.
Il 24 maggio del 1915, contro la volontà popolare e parlamentare, l’Italia entra in guerra a sorpresa contro l’Austria. L’età giolittiana è definitivamente finita.
In copertina. Panorama. Seduta del Parlamento italiano del 20 maggio 1916. Il Governo Salandra ha appena comunicato la dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria.
Articolo di Andrea Zennaro
Andrea Zennaro, laureato in Filosofia politica e appassionato di Storia, è attualmente fotografo e artista di strada. Scrive per passione e pubblica con frequenza su testate giornalistiche online legate al mondo femminista e anticapitalista.