Nel febbraio 1999 un giovane studente africano, Amadou Diallo, il quale si trovava a New York per motivi di studio, venne circondato da alcuni poliziotti che stavano ricercando uno stupratore. I poliziotti scesero dall’autovettura e puntarono le pistole contro il ragazzo. Egli, malauguratamente, abbassò una mano per raggiungere una delle tasche dei pantaloni. I poliziotti fecero esplodere quarantuno proiettili, diciannove dei quali colpirono mortalmente Amadou. Egli stava semplicemente tentando di prendere la sua carta d’identità ma il pregiudizio di quei poliziotti fu, per lui come per tante altre persone nel corso della storia, fatale. Il caso è ormai ampiamente noto, citato in gran parte dei manuali di psicologia nelle sezioni relative al pregiudizio. Così un ragazzo che aveva probabilmente coltivato il sogno di un futuro migliore, che voleva semplicemente collaborare con le forze dell’ordine, è stato ridotto a un caso da manuale per ricordarci della pervasività e dei pericoli che possono celarsi dietro al pregiudizio.
Tutti siamo stati, chi più chi meno, ingiustamente giudicati. Tutti, chi più chi meno, abbiamo (almeno una volta) giudicato ingiustamente qualcuno. Il pregiudizio è, in effetti, una comune condizione umana. Ma di cosa si tratta precisamente? La definizione fornita dalla psicologia è di un giudizio preconfezionato, ingiustificato (ovvero privo di alcun fondamento), tipicamente negativo. In altre parole, per esemplificare, il pregiudizio è una opinione (per la psicologia è preferibile il termine atteggiamento piuttosto che opinione ma per semplicità di comprensione e attinenza al significato comune utilizzerò quest’ultimo) tipicamente negativa su un individuo o un gruppo.
Il più delle volte il pregiudizio si muove su tematiche quali il genere, l’etnia, lo status socioeconomico, la cultura di appartenenza, gli orientamenti sessuali. Spesso, nel parlato comune, sono utilizzati termini come pregiudizio, stereotipo e discriminazione in modo alternativo e non propriamente corretto. Infatti, i tre concetti, anche se strettamente connessi, non sono completamente sovrapponibili. Alcuni individui possono esprimere una opinione negativa su una donna che svolge la professione di meccanico (meccanica?), ma tale pregiudizio è radicato nello stereotipo (una credenza generalizzata – assolutizzata – riguardo un particolare gruppo di persone) “il meccanico è un lavoro da uomini”.
Anche se spesso se ne parla negativamente, lo stereotipo può avere, in realtà, notevoli risvolti pratici. Spesso può addirittura essere accurato. Per esemplificare: lo stereotipo che tutti i gabbiani stridano (disturbando o rilassando con le loro “urla”, in particolare nel cuore della notte) oltre ad essere vero è utile affinché io possa decidere (nel caso in cui i loro richiami siano per me insopportabili) di chiudere le finestre per attutirne il frastuono.
Tuttavia, alle volte, le credenze stereotipizzate possono combinarsi con opinioni pregiudizievoli ed emozioni quali paura e ostilità, fino ad arrivare al disprezzo. Tale “mix letale” può condurre a uno specifico comportamento: la discriminazione. È bene precisare che non necessariamente una persona pregiudizievole avrà un comportamento discriminatorio. In altre parole, per esemplificare, alcune persone potrebbero covare tristemente il pregiudizio che una donna presenti maggiori problematicità in ambito lavorativo rispetto a un uomo (in quanto convinte che “le donne potrebbero decidere di mettere su famiglia e prendersi, a tale scopo, lunghi periodi di permesso” o altre di queste temibili affermazioni), ma solo se tale pregiudizio finisce per il trasformarsi nello scartare una donna piuttosto che un uomo, a parità di requisiti (si metta il caso dell’addetta/o alle risorse umane che svolge una selezione fra candidati) si può effettivamente parlare di discriminazione. Tale comportamento, portato ai suoi estremi, è stato all’origine di drammatici eventi storici quali la segregazione degli uomini di colore nel sud Africa, la persecuzione di ebrei, zingari e omosessuali durante il nazismo o, ancora, le sanguinose lotte fra protestanti e cattolici protrattesi per centinaia di anni.
Il dato positivo è che in molte culture certe forme di pregiudizio possono, con il passare del tempo, perdere peso. Si pensi, per esempio, al fatto che all’inizio del Novecento ben pochi americani si sarebbero dichiarati favorevoli alla sola idea di una donna come presidente degli Stati Uniti. I dati delle ultime elezioni (sorvolando sul critico sistema elettorale proporzionale statunitense), nelle quali la Clinton ha ricevuto la maggioranza delle preferenze, fotografano una situazione molto diversa. È bene, dunque, capire quali sono gli strumenti più efficaci per far fronte al pregiudizio. Diverse sono le strategie messe a punto dalla psicologia, fra le più utilizzate quella che prevede un contatto interruppi (il “noi vs loro” è, infatti, alla base del pregiudizio). Tecniche alternative al contatto diretto prevedono la presentazione di informazioni che smentiscono gli stereotipi, l’induzione di empatia e l’assunzione della prospettiva dell’altro. A tal proposito, bisogna accennare al fatto che tecniche di autoconvincimento, consistenti in tentativi di debellare da soli i propri pregiudizi con la sola soppressione mentale del pensiero, allorquando questo si presenti, possono condurre al cosiddetto “effetto rimbalzo” (piuttosto che diminuire, il pregiudizio aumenta). Resta ancora molto lavoro da fare per debellare (o, più propriamente, depotenziare) molti degli sciocchi e inutili pregiudizi che, in maniera meno eclatante ma non per questo meno insidiosa, continuano a rappresentare vere e proprie piaghe sociali. La speranza è che, preso atto dell’evoluzione del pregiudizio nel tempo, non ci sia più nessuno studente che venga ucciso da diciannove pallottole per il solo fatto di avere la pelle di un colore diverso.
Articolo di Ettore Calzati Fiorenza
Ossessionato dalla comunicazione, sostenitore della scienza e dell’importanza del dubbio perché, in fondo, quasi nulla di cui ci crediamo certi è effettivamente tale. Tra i miei interessi principali rientrano anche la letteratura, le arti figurative e la musica. “Le parole sono tutto quello che abbiamo” e per questo faccio del mio meglio per mantenere quelle date, usque ad finem.