La donnina venne chiamata a rispondere in Tribunale. Indossava un bel vestito rosso decorato ed era ben pettinata.
– Dunque si presenti!- intimò il Giudice.
– Sono la donnina Del Nostro Secolo!
– Precisamente. Risulta dagli atti che lei abbia osato ammalarsi. Vuol forse negarlo?
– Non lo nego. Ho avuto la febbre. Ma solo due, tre giorni al massimo, lo giuro!
– Rea confessa, dunque. E pure alta questa febbre, leggo. Trentotto e sette! Dico, ma non lo sa che è vietato dalla legge, per una mamma, ammalarsi? E se avesse attaccato qualcosa ai suoi bambini?
– Mi rendo conto, Signor Giudice, ma…
– Per non parlare del fatto che durante quei fatidici giorni ha dovuto pensare a tutto suo marito. Pover’uomo, stringe il cuore. Risponda, dunque: chi ha accompagnato i bambini a scuola?
– Il loro papà.
– Ecco, appunto. Lo sanno tutti che gli uomini devono andare a lavorare e non hanno tempo, non sono fatti per queste cose. E chi ha lavato, cucinato, stirato, pulito la casa, giocato con i piccoli mentre lei era malata?
– Io, Signor Giudice.
– Vuol dire che non è rimasta a letto a curarsi?
– Quasi mai.
– È proprio quel quasi a preoccuparmi. E poi, scusi, qui risulta che sia stata a casa dal lavoro, è esatto?
– Per forza, Signor Giudice. Come avrei potuto…
– Lo lasci stabilire a noi se per forza o per capriccio! Si vergogni, piuttosto, di aver gravato sulle casse dello Stato per ben tre giorni! E poi, andiamo, che razza di esempio pensa di aver dato ai suoi figli? Una madre che si ammala al primo colpo di vento e non si presenta in ufficio. Del resto la sua bassezza morale risulta evidente dal modo in cui è conciata. Dico, da quando in qua una mamma con figli piccoli ha il diritto di andarsene in giro con un vestito elegante, decorato persino? Non è pratico, non è adatto a farsi vomitare addosso la pappa, né sufficientemente morbido per dare l’idea di una culla quando abbraccia i suoi pargoli. E poi i capelli pettinati… quale madre con un minimo di cuore non lascerebbe le proprie ciocche in balia dei propri figli, perché questi, giocando, possano tirargliele e tentare di strappargliele?
– Ma io pensavo che, dovendo venire qui in Tribunale…
– Pensava? Lei pensava? Lasci perdere: a una madre non è concessa la facoltà di pensare. Lei deve solo scattare, far quadrare le cose, consolare, accudire, preparare, lavare, riparare, accompagnare… Invece cosa ha fatto? Risponda, su forza, cosa ha fatto?
– Ho preso la febbre.
– Esattamente. Un reato gravissimo, un macigno sulla sua coscienza, cui ora faremo seguire una pena esemplare. Vuole dire ancora qualcosa prima di ascoltare la sentenza?
– Soltanto che mi dispiace.
– Ah le dispiace… è troppo tardi, cara la mia scansafatiche! Questo Tribunale la condanna alla più severa delle pene: lei porterà il senso di colpa per molti e molti anni, diciamo una trentina per lo meno, fino a quando esso sarà sostituito dalla mortificazione di essere sgridata dai suoi stessi figli, per aver sbagliato qualcosa con i suoi nipoti.
– Mi scusi, Signor Giudice, ma se non dovessi avere nipoti?
– Se i suoi figli non vorranno avere figli, allora sarà stata tutta colpa sua!
Articolo di Chiara Baldini
Classe 1978. Laureata in filosofia, specializzata in psicopedagogia, insegnante di sostegno. Consulente filosofica, da venti anni mi occupo di educazione.