Il Bambi della Disney e la storia che si ripete

Il 20 gennaio 1942 i rappresentanti dei principali organismi del Terzo Reich (fra cui Himmler, Eichmann e Heydrich) si riunirono, appena fuori Berlino, per pianificare la soluzione finale della questione ebraica in Europa. Tale soluzione fu individuata nello sterminio totale di tutti gli ebrei che, già da tempo, venivano ammassati all’interno dei campi di lavoro forzato. L’eliminazione degli ebrei visti come erbacce infestanti nella “perfetta” società hitleriana era, in realtà, già in corso da tempo. Infatti, per quel folle di Hitler tutti i problemi dell’umanità dovevano essere imputati in maniera quasi esclusiva agli ebrei e, per questo, secondo la sua disturbata visione, non si sarebbe potuto auspicare a una società migliore senza liberarsi di loro. Ovviamente a sostenere questo era un uomo molto più basso della media della sua nazione, non tedesco (di fatto Hitler era nato in Austria), con capelli neri (molto lontani dal biondo previsto per il perfetto ed aitante uomo tedesco) e, la maggior parte delle volte, sotto pesante effetto di cocaina (che assumeva da anni come “medicinale”). Difficile risulta non notare alcune inquietanti assonanze con quanto, in diversi Paesi del mondo, accade oggi, con le folli visioni di alcune delle personalità politiche che riscuotono successo oggi come lo riscosse Hitler ai sui tempi (che entrò nel parlamento tedesco perché eletto dal popolo).

Ma mentre l’Europa procedeva imperterrita nel barattare l’umanità con la mostruosità, mentre molti popoli chinavano la testa al dittatore di turno (fortunatamente non senza alcuni baluardi di resistenza) e accettavano tacitamente le sue idee, negli Stati Uniti si viveva una vita relativamente tranquilla. Certo ancora si avvertivano le ripercussioni della terribile crisi del ’29 (dalla quale gli U.S.A. uscirono solamente con l’ingresso nella Seconda guerra mondiale) ma, nel complesso, si respirava ottimismo per una rinascita che, dopo anni, sembrava finalmente dietro l’angolo. L’arte, cui sempre di più apparteneva anche il cinema, sembrava risorgere e vivere di nuova linfa vitale. La Walt Disney Studios lavorava a gonfie vele e, nel periodo della guerra, produsse ben sei lungometraggi.

Fra questi, tenendo presente il periodo storico, certamente spicca Bambi, quinto lungometraggio Disney uscito il 13 agosto del 1942 (ma arrivato in Italia solamente nel 1948). La storia del piccolo cerbiatto cui viene strappata la madre per mano di un cacciatore e che vede andare in fumo la foresta nella quale abitava ha, ancora una volta, una forte critica di sottofondo: la distruzione che l’uomo porta spesso con sé. Forse furono proprio gli avvenimenti europei a spingere Walt Disney a trattare tale tema e a farlo tenendo in considerazione che buona parte delle persone che l’avrebbero visto sarebbero state bambine e bambini. Durante la visione del film lo spettatore era costretto, dalla dolcezza dei cuccioli rappresentati, dalla loro fragilità, a una forte attivazione emozionale. Tale attivazione raggiungeva il suo apice alla morte della madre (scena che, peraltro, non compare esplicitamente). Il film scosse le coscienze su tematiche quali la caccia indiscriminata e il rispetto della natura. Ancora una volta risulta difficile non individuare una certa assonanza con quanto accade in questi giorni, giorni in cui intere foreste vanno in fiamme senza che molti si pongano il minimo problema su cosa questo significhi effettivamente. Ma d’altronde è proprio questo il motivo per il quale bisognerebbe studiare la storia, per il quale la storia è così importante. Per il fatto che si ripete sempre, in un modo o in un altro. Sta a chi riesce a ricordare ciò che è accaduto individuare i semi della disfatta umana e fare quanto possibile (seppur a volte non sia molto) per evitare che si ripeta. Perché nessun cerbiatto dovrebbe crescere senza una madre che gli è stata strappata da un essere umano bestiale, nessun cerbiatto dovrebbe essere costretto a lasciare la propria “casa” perché distrutta dalle fiamme. Nessuna bambina, nessun bambino dovrebbero crescere senza una madre e un padre che gli sono stati strappati perché non coerenti con un disegno sociale malato.

Articolo di Ettore Calzati Fiorenza

gJaZLDNROssessionato dalla comunicazione, sostenitore della scienza e dell’importanza del dubbio perché, in fondo, quasi nulla di cui ci crediamo certi è effettivamente tale. Tra i miei interessi principali rientrano anche la letteratura, le arti figurative e la musica. “Le parole sono tutto quello che abbiamo” e per questo faccio del mio meglio per mantenere quelle date, usque ad finem.  

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