Seconda Guerra mondiale. Le vicende italiane del 1943

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A gennaio del 1943, una volta denazificato il Nord Africa, si tiene la Conferenza di Casablanca, in cui i vertici militari inglesi e americani decidono di provare ad accelerare la vittoria della guerra attaccando il Sud dell’Italia, poco distante.
Intanto in Italia i partiti antifascisti si stanno riorganizzando clandestinamente approfittando dei consensi che il regime ha perso con le leggi razziali e la guerra. A marzo a Torino si tiene uno sciopero generale con cui gli operai (e soprattutto le operaie, dato che gli uomini in età da lavoro sono al fronte) chiedono la fine della guerra e del regime. È il primo sintomo dell’insofferenza di massa contro il fascismo, dopo che per decenni è mancata un’opposizione sia popolare sia istituzionale. La protesta non ottiene grande risultati ma basta a indebolire il governo, già provato dagli sforzi bellici, e a dare un segnale al re. Peraltro le battaglie di El Alamein e Stalingrado hanno contribuito a togliere credibilità alle promesse trionfali fatte da Mussolini.
A giugno le truppe angloamericane sbarcano in Sicilia.

Carta. Sbarco in Sicilia

La popolazione locale non oppone resistenza. Inizia una lenta conquista del meridione da parte dell’esercito d’oltreoceano. Se l’Italia sta perdendo la guerra, la responsabilità politica è di Mussolini. Il 25 luglio, durante una seduta notturna, il Gran Consiglio del Fascismo (organo decisionale del Partito e anche dello Stato, dal momento che il Parlamento è esautorato dal 1926) vota una mozione di sfiducia a Mussolini: la sfiducia è un meccanismo nuovo e inedito, non previsto dallo Statuto Albertino, secondo cui soltanto il re ha la facoltà di affidare e revocare l’incarico di governo, quindi la mozione potrebbe anche non avere valore legale. Il Duce furioso va dal re, ma questi non vuol sentire ragioni e lo licenzia, poi ordina ai carabinieri di arrestarlo. Al suo posto Vittorio Emanuele III affida il governo al suo fedelissimo maresciallo Pietro Badoglio che, in quanto capo delle forze armate, ha la responsabilità militare della guerra perduta quanto Mussolini ne ha quella politica. Badoglio comunica subito all’esercito che niente cambia, la guerra continua e l’Italia è ancora alleata della Germania. Ma intanto si reca in Sicilia per aprire delle trattative con il generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate angloamericane.
Il 3 settembre Badoglio e Eisenhower firmano un armistizio: l’Italia non è più in condizioni di continuare a combattere. Ma la notizia deve rimanere segreta per evitare vendette da parte dei tedeschi. E invece la mattina dell’8 settembre i canali radio inglesi diffondono la voce con l’intenzione di fomentare un attacco tedesco in Italia e accelerare la vittoria della guerra. A questo punto Badoglio è costretto a comunicare la notizia via radio anche alle truppe italiane. Ma è troppo tardi: i tedeschi hanno ricevuto la notizia prima degli italiani e, sentendosi traditi, occupano militarmente l’Italia. Davanti alla grave difficoltà del momento, Vittorio Emanuele III e il capo del governo, nonché comandante in capo delle forze armate, Pietro Badoglio scappano al Sud. Tutta la famiglia Savoia si rifugia a Brindisi, dove viene istituito un governo provvisorio sotto la tutela americana. L’esercito si ritrova sbandato, senza capi e senza ordini. Il 10 settembre le truppe tedesche arrivano a Roma: è tale la confusione generale che duemila tedeschi sono sufficienti per annientare cinquantamila soldati del regio esercito. I tedeschi arrivano fino a Sud di Salerno, poi si scontrano con la lenta avanzata angloamericana lungo la penisola. Nell’esercito angloamericano, oltre ai soldati inglesi e statunitensi, sono presenti numerosi francesi e uomini provenienti dal Messico e da tutta l’America Latina (in particolare da Cuba e Puerto Rico, colonie USA) e dal Nord Africa, assoldati dai Paesi liberati. Man mano che le truppe alleate avanzano lungo l’Italia, si rendono anche responsabili di svariati episodi di violenza sessuale verso le donne del Sud della penisola: questi fatti poco conosciuti, e queste donne violate – le marocchinate – hanno lasciato tra le generazioni del dopoguerra numerosi bambini “figli di nessuno” con la pelle nera e madri senza colpa ritenute delle “poco di buono”.
Tra le fila dell’esercito inglese vi è una formazione ebraica che combatte il Nazifascismo con il nome di «Brigata palestinese»: qui confluiscono numerosi ebrei inglesi migrati in Palestina (quindi ancora sottomessi alla Corona britannica) a seguito della Dichiarazione Balfour. Proprio il sionismo britannico ha spinto le popolazioni arabe di Palestina a non combattere ma a sostenere diplomaticamente la Germania in funzione anti-inglese. Oggi la storiografia sionista enfatizza enormemente il ruolo di queste truppe e le chiama con il nome di «Brigata ebraica», che storicamente non corrisponde a nulla.
Il 9 settembre le truppe alleate sbarcano anche a Salerno. Nella primavera successiva effettuano un altro sbarco, stavolta ad Anzio, alle porte di Roma.

In copertina: scena del film La Ciociara (1960), adattamento di Vittorio De Sica e Cesare Zavattini dal romanzo omonimo di Alberto Moravia, che racconta l’atroce vicenda delle marocchinate.

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Articolo di Andrea Zennaro

4sep3jNIAndrea Zennaro, laureato in Filosofia politica e appassionato di Storia, è attualmente fotografo e artista di strada. Scrive per passione e pubblica con frequenza su testate giornalistiche online legate al mondo femminista e anticapitalista.

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