«… è più carina quella del film!» e il riferimento è a Amy Adams che nel film del 2009 visto in classe, Una notte al museo 2, ne interpreta il ruolo. Secondo me, invece, è carina pure lei e bella di fierezza, coraggio e intraprendenza!
Amelia Earhart, simbolo del femminismo e di ciò che le donne possono fare quando sono libere, nasce il 24 luglio 1897 ad Atchison, nel Kansas, e a ventitré anni – il 20 dicembre – resta stregata dal primo volo di appena dieci minuti come passeggera: allora farà vari lavori per pagarsi le lezioni con Anita Snook e il 15 maggio 1923 sarà la sedicesima donna con il brevetto di pilota. Sebbene portata “come un sacco di patate”, come dirà lei stessa, sarà la prima donna con altri due piloti ad attraversare l’Atlantico in un Fokker, un aereo di linea trimotore monoplano prodotto dall’omonima azienda olandese.
Quindi con gli introiti delle conferenze, delle campagne pubblicitarie, dei suoi scritti e degli incarichi che riceve dalle compagnie aeree, può dedicarsi alla sua passione per il volo, anche agonistico, promuovendo le donne aviatrici.
Nel 1931 sposa lo scrittore ed editore George Putnam che, oltre a pubblicare il libro dell’aviatore Lindbergh che volle l’esclusiva per raccontare la trasvolata di Amelia, organizza le prime imprese della moglie, riuscendo l’anno seguente a farle concretizzare il sogno di essere la prima donna ad attraversare in volo l’Atlantico in solitaria: il 20 maggio parte da Harbour Grace, a Terranova, con un Lockheed Vega, un monomotore di linea statunitense, e dopo quasi quindici ore atterra a Culmore, in Irlanda del Nord. L’impresa la consacra definitivamente come aviatrice e tra gli altri riconoscimenti riceve la Legion d’Onore e la Distinguished Flying Cross dal Congresso degli Stati Uniti.
Scrive per “Cosmopolitan”, diventa stilista di una linea di moda che dia alle donne un maggior senso di movimento, produce un suo marchio di valigie.
L’11 gennaio del 1935 sarà la prima donna a volare in solitaria attraverso il Pacifico, da Honolulu a Oakland, in California, un volo di 2.408 miglia, e nel film Amelia, sempre del 2009, interpretato dalla due volte Premio Oscar Hilary Swank con Richard Gere nel ruolo del marito, si vede come al termine dell’impresa una grande folla piomba sull’aereo dell’aviatrice per abbracciarla e complimentarsi con lei.
Poi sarà la volta del volo da Los Angeles a Città del Messico e poi ancora un’altra impresa: la circumnavigazione del globo seguendo la rotta equatoriale a bordo di un bimotore Lockheed Electra, con Fred Noonan come copilota, per un volo di quarantatremila chilometri. Partono il 17 marzo del 1937 dalla California per questa impresa mai tentata prima, ma un incidente a Honolulu blocca il volo per tre mesi; quando ripartono le condizioni meteo sono avverse e sono obbligati ad andare verso est, cioè la direzione opposta a quella prevista.

Sono passati ottanta anni da quel triste epilogo, il 2 luglio 1937, in cui dell’aereo si perdono le tracce: Robert Ballard, lo scopritore dei resti del Titanic e della Bismarck, non si dà per vinto. Non si dà per vinto neanche Putnam che, avendo richiesto l’esenzione dal periodo di sette anni per la dichiarazione di morte presunta presso la corte di Los Angeles così da poter gestire le finanze della moglie, farà dichiarare Amelia legalmente morta il 5 gennaio 1939. Molte le teorie sulla scomparsa di Amelia Mary Earhart e molte le citazioni in canzoni e libri. A me il suo cognome richiama la parola “cuore” in inglese, quello che lei in appena quarant’anni di vita ha messo in tutto ciò che ha fatto ‘volando alto’ come donna e per le donne.

Articolo di Virginia Mariani
Docente di Lettere, unisce all’interesse per la sperimentazione educativo-didattica l’impegno per i temi della pace, della giustizia e dell’ambiente, collaborando con l’associazionismo e le amministrazioni locali. Scrive sul settimanale “Riforma”; è autrice delle considerazioni a latere “Il nostro libero stato d’incoscienza” nel testo Fanino Fanini. Martire della Fede nell’Italia del Cinquecento di Emanuele Casalino.