Le lapidi sono importanti,
i monumenti sono importanti,
ma il più grande monumento,
il maggiore, il più straordinario
che si è costruito in Italia,
alla Libertà, alla Giustizia,
alla Resistenza, all’Antifascismo,
al Pacifismo, è la nostra Costituzione
Teresa Mattei
Raccontare la vita di Teresa Mattei è come ripercorrere le tappe della storia d’Italia con gli occhi di una donna del XX secolo. Il suo coraggio e la sua determinazione me la fanno preferire tra tutte le Madri Costituenti, non solo perché fu la più giovane, ma per la sua vita avventurosa di ribelle per la libertà.
Esempi come il suo sono stati preziosi per la storia delle donne e la sua vita dovrebbe essere studiata in tutte le scuole. La cifra che accomuna la sua esperienza di partigiana, di comunista, di Costituente e di pedagogista è la capacità di scegliere in assoluta autonomia, pagando la propria coerenza a caro prezzo.
Teresa (Teresita all’anagrafe) nasce a Quarto (Genova), il 1° febbraio del 1921, terza di sette fratelli e sorelle, da una famiglia borghese di intellettuali, cattolici e antifascisti, aperti all’impegno civile. Il padre, Ugo, è un avvocato che fa l‘ingegnere, liberale mazziniano che presto aderirà al Partito d’Azione; la madre, che soffre di “tristezza mattutina”, un modo gentile per parlare di quella forma di resistenza a un mondo che non ci rappresenta che siamo soliti chiamare malinconia, viene da una famiglia molto vivace culturalmente. Il nonno materno di Teresa è Sigismondo Friedmann, lituano, glottologo, che parla fluentemente ben quarantadue lingue ed è solito dire «Uomini, imparate le lingue e non farete le guerre». La nonna materna, Teresita, da cui Mattei prenderà il nome, è laureata, come le altre sue tre sorelle, una delle quali sarà tra le prime psichiatre italiane. Presto la famiglia di Teresa si trasferisce a Milano, dove il padre Ugo, consigliere delegato dell’azienda telefonica “La Stella”, non teme di confrontarsi in modo paritario con Mussolini, con cui ha una disputa. «Mio padre ha sempre sostenuto che fosse un gran vigliacco e che sarebbero bastate mille persone in Italia realmente decise a cacciarlo che Mussolini non sarebbe rimasto così a lungo», avrà modo di dire in un intervento.
Dal 1937 al 1950 la famiglia si trasferisce a Bagno a Ripoli, in provincia di Firenze, dove il padre, che sceglie di fare l’operaio, dopo il tradimento di un socio poco affidabile della società telefonica, è più volte minacciato di morte e perseguitato, costretto alla firma e arrestato preventivamente per un paio di giorni ogni volta che si profila una visita del Duce. In quella casa passeranno Natalia Ginzsburg, Piero Calamandrei, Ferruccio Parri, Giorgio La Pira, Carlo Levi, don Primo Mazzolari, Olivetti e molti altri antifascisti e personalità di spicco, con cui la mente fervida di Teresa avrà modo di confrontarsi molto presto. Lo sbocco naturale dei tanti discorsi con persone accomunate dall’opposizione ai regimi autoritari e dal desiderio di democrazia, sarà l’attività cospirativa di Teresa che, con il padre e i fratelli, scriverà e distribuirà per strada, nei luoghi pubblici e nelle cassette delle poste volantini antifascisti. «Più che una famiglia siamo sempre stati un clan e forse questa unione ci deriva dalle nostre origini ebraiche», ricorderà Teresita, raccontando le sue numerose azioni di boicottaggio.
A sedici anni è mandata a Nizza per portare ai fratelli Rosselli 400 mila lire, frutto di una colletta dei compagni, ma al ritorno è intercettata dalla polizia e arrestata. Riuscirà a tenere testa agli aguzzini fascisti e sperimenterà presto su di sé i loro metodi violenti e brutali. Sarà liberata su intervento del padre, che riuscirà a convincere la polizia di avere mandato sua figlia a Nizza per imparare il francese.
Ma il gesto per cui noi tutti e tutte dovremmo esserle grate a vita è quello che ci fa intuire la forza di questa piccola donna, che a scuola si era già fatta notare per il suo spirito indocile e critico verso il regime. Nel 1938 sono emanate le leggi razziali. Teresa vede sparire dalla sua classe, la seconda Liceo del Michelangelo, due sue compagne ebree, allontanate dalla scuola pubblica e poi finite nei campi di sterminio, Lascan e Uzielli, la prima con la sorellina e tutta la sua famiglia, la seconda ricordata da Mattei per la sua voce meravigliosa. Il professor Santarelli, docente di scienze, entra nella sua classe per fare propaganda razzista contro gli ebrei, sostenendo che gli italiani sono una razza ariana, superiore e privilegiata. Teresa, insofferente a tanta arroganza e ignoranza, ha il coraggio di alzarsi davanti a tutti e dire: «Io esco perché non posso assistere a queste vergogne».
Viene condotta immediatamente dal Preside e radiata da tutte le scuole del Regno, ma non si fa intimidire. Ascolta il consiglio del professore e avvocato Piero Calamandrei e sostiene l’Esame di maturità come privatista, opportunità non esclusa dalla legge. Anche il suo fratello più caro, Gianfranco, preferisce non frequentare e si presenta a scuola come privatista, raggiungendo risultati molto brillanti. A soli ventiquattro anni diviene assistente Universitario del professor Natta, che riceverà il Nobel per la Chimica, mentre Teresa, conseguita la maturità, potrà iscriversi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, dove conoscerà persone interessanti che presto entreranno a far parte della Resistenza.
Teresita, all’annuncio dell’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno del 1940 organizza una manifestazione in Piazza San Marco a Firenze contro la guerra, capeggiata da Aldo Braibanti.
Nel 1942 decide, con il fratello Gianfranco, di aderire al Partito Comunista. «Avevamo scelto questo partito perché ci sembrava che il Pci fosse l’unico in grado di opporre una resistenza al fascismo. La scelta della sinistra è stata per noi una scelta etica più che politica», dirà nel 2007 in un’intervista a Gianni Minà. Dopo la liberazione di Mussolini e la fondazione della Repubblica di Salò, Teresa sceglie come naturale sbocco della sua militanza antifascista la lotta armata nelle fila delle Brigate Garibaldi con il nome di “Chicchi”. Instancabilmente fa la staffetta partigiana, raccoglie indumenti e viveri, cura collegamenti, porta munizioni, armi, informazioni, documenti ed esplosivi, partecipa ad attentati ed entra nei Gap e nei Gruppi di Difesa della donna. «Le donne sono sempre concrete, hanno una mentalità orizzontale e anche in quelle circostanze gravi si tiravano su le maniche e facevano quello che si doveva fare», dirà, raccontando tutte le più piccole cose fatte dalla Resistenza femminile, spesso oscurata o sottovalutata ma tanto preziosa per sconfiggere il nazifascismo. «A me che ho fatto la partigiana e la gappista, non è che mi piacesse molto andare in giro a far saltare i treni o queste cose», che però si dovevano fare, anche se con molta meno gloria degli uomini.
È proprio durante la militanza partigiana e comunista che Teresa conosce il suo futuro marito, Bruno Sanguinetti, figlio di un ricco imprenditore filofascista, a capo della Arrigoni, fiorente industria alimentare.
Il giovane è un convinto marxista del Pci, che vuole rinunciare ai suoi privilegi e che in Teresa troverà una mente libera e una passione civile fuori del comune. Inizialmente l’attrazione reciproca non è dichiarata, anche se Teresa descriverà il primo appuntamento organizzato dal partito con il suo futuro marito con queste parole: «Aveva un grande cappello nero e dei meravigliosi occhi intensi. Assomigliava all’attore Orson Welles…Mi spiegò le norme clandestine». Teresa deve diventare il collegamento tra le formazioni partigiane e le e gli studenti dell’Università.
Intanto il fratello Gianfranco si è trasferito a Roma e si occupa di bombe ed esplosivi per attentati contro i nazifascisti. Dopo numerose azioni andate a buon fine, una spia lo tradisce per 5000 lire. Gianfranco è catturato dai fascisti, portato in Via Tasso e torturato. Per evitare di cedere alle sevizie e alle febbri procurategli affinché faccia i nomi dei compagni e riveli il luogo dove sono nascosti i genitori, il giovane partigiano si impicca lasciando uno scritto commovente per i suoi familiari. A nulla varranno gli inviti a Kappler da parte del cardinale Montini, interpellato da Teresa, a salvare la vita a Gianfranco. Kappler straccerà la lettera che contiene la supplica senza neppure aprirla e il corpo di Gianfranco non sarà mai restituito ai genitori, che riusciranno a ritrovarlo a Prima Porta a Roma solo il 18 agosto del 1945.
Durante un viaggio a Roma Chicchi è intercettata dai tedeschi, che l’arrestano, la picchiano, le rompono dei denti e un rene, la torturano e la violentano in cinque per tutta la notte. Riuscirà miracolosamente a salvarsi per l’intervento di un gerarca fascista. Teresa Mattei si convincerà a raccontare dello stupro solo in un’intervista del 2007 a Minà, in cui farà luce anche sulla sua partecipazione all’attentato a Gentile, deciso da Sanguinetti come forma di ritorsione per l’assassino di Gianfranco Mattei. La giovane studente Chicchi indicherà ai partigiani con un cenno la persona del filosofo autore della riforma della scuola e si renderà complice dell’assassinio.
Il 3 giugno 1944 Teresa è incaricata di far esplodere un convoglio tedesco carico di esplosivo. Per salvarsi dagli inseguitori, corre all’Università e si rivolge al prof. Eugenio Garin. Il professore testimonia che la signorina Mattei è lì per laurearsi, creandole un alibi perfetto e convincendo i tedeschi. Teresa Mattei si laureerà proprio quel giorno.
L’11 agosto 1944 partecipa alla cruenta battaglia di Firenze come staffetta nella formazione partigiana “Gianfranco Mattei”.
Alla fine della guerra il suo impegno è tutto per il diritto delle donne non solo a esercitare il voto, ma a essere elette. Nelle elezioni del 1946, già notata da Togliatti, che la corteggia, per la sua eloquenza e la sua passione, a un Congresso dell’Udi, la partigiana Chicchi è eletta alla Costituente (dove è la più giovane) e si spende, all’interno della Commissione dei 75 , di cui è segretaria, per l’elaborazione dell’articolo 3 della Costituzione, in cui riuscirà a far inserire due paroline fondamentali, al secondo comma, quello che riguarda il principio di uguaglianza sostanziale, le parole “di fatto”. Si batte per inserire il diritto delle donne a entrare in Magistratura, ma il maschilismo diffuso e trasversale a tutti i gruppi parlamentari in Costituente farà saltare la sua proposta. I suoi interventi alla Costituente hanno sempre uno sguardo di genere e ci piace ricordarne un passaggio significativo: «Perciò noi affermiamo oggi che, pur riconoscendo come grande conquista la dichiarazione costituzionale, questa non ci basta. Le donne italiane desiderano qualche cosa di più, qualche cosa di più esplicito e concreto che le aiuti a muovere i primi passi verso la parità di fatto, in ogni sfera, economica, politica e sociale, della vita nazionale. Non dimentichiamo che secoli e secoli di arretratezza, di oscurantismo, di superstizione, di tradizione reazionaria, pesano sulle spalle delle lavoratrici italiane; se la Repubblica vuole che più agevolmente queste donne collaborino alla costruzione di una società nuova e più giusta, è suo compito far sì che tutti gli ostacoli siano rimossi dal loro cammino, e che esse trovino al massimo facilitata ed aperta almeno la via solenne del diritto, perché molto ancora avranno da lottare per rimuovere e superare gli ostacoli creati dal costume, dalla tradizione, dalla mentalità corrente del nostro Paese».
Teresa Mattei è ricordata anche per avere proposto a Luigi Longo, come fiore per la Giornata internazionale della donna, la semplice mimosa, in luogo di fiori più sofisticati che erano stati suggeriti da altre compagne di partito.
Nel 1948 Teresa Mattei è incinta di Bruno Sanguinetti, il cui matrimonio è da moltissimo tempo in crisi. Quando lo dice a Togliatti, il Segretario del Partito Comunista la riprende severamente, l’addita come occasione di scandalo per il partito, la invita ad abortire. Teresa, che già ha avuto forti dissidi con la linea stalinista di Togliatti, gli risponde: «Le ragazze madri in Parlamento non sono rappresentate, dunque le rappresenterò io». Anche in quest’occasione Teresa si scontra con il maschilismo e il perbenismo ipocrita del Partito Comunista italiano, quello che si pone come lo strumento di liberazione degli esseri umani, quello apparentemente più “laico”. Ma quanto a “laicità” Togliatti in Costituente si è già rivelato come un pragmatico ante litteram, schierandosi a favore dell’inserimento in Costituzione dei Patti Lateranensi, nonostante l’opposizione di molti dei suoi, tra cui Mattei, e dei più radicali cattolici sociali. La coerenza e l’intransigenza della partigiana Chicchi cominciano a infastidire la Nomenclatura comunista, che spesso l’apostroferà come “anarchica”. Lei risponderà sempre: «La mia legge me la faccio da me», in ciò significando il suo bisogno di essere fedele ai valori di giustizia e libertà in cui si riconosce.
Togliatti, che sotto gli occhi della moglie e Costituente Rita Montagnana, si è innamorato di Nilde Iotti e, pur ostacolato dal partito, non ha nascosto del tutto la sua relazione, davanti a una situazione tanto simile alla sua tiene un comportamento intransigente, difficilmente spiegabile se non con un maschilismo ipocrita.
Con quale diritto Togliatti e il partito che rappresenta pretendono di decidere della vita del figlio che Teresa porta in grembo?
Iotti e Togliatti non si sposeranno mai, mentre Bruno e Teresa con un escamotage si faranno adottare da due famiglie di Budapest, otterranno la cittadinanza ungherese e si sposeranno nel luglio del 1948 a Budapest. Ancora una volta Teresita la ribelle farà di testa sua, e sarà coerente con i valori per cui si è tanto battuta rischiando anche la vita.
In Costituente le divergenze di visione tra Togliatti e Mattei emergono anche a proposito dell’articolo 1, in cui Togliatti vuole fondare la Repubblica sui lavoratori, mentre Mattei suggerisce, più realisticamente e meno velleitariamente, di fondarla sulla giustizia e sulla libertà. A Togliatti Mattei propone anche un esperimento bellissimo: portare ogni nuovo bambino appena nato nelle braccia del Sindaco per farlo «diventare cittadino». «Era una sorta di battesimo laico, in modo da rendere “sacro” ogni nuovo arrivo nella collettività senza doversene occupare esclusivamente la Chiesa», racconterà più tardi Teresa. Togliatti non riuscirà, purtroppo, ad apprezzare la forza di questa proposta.
Mattei svolgerà in Costituente il ruolo fondamentale di mediatrice con i deputati e le deputate della Democrazia cristiana, che con la sua mente libera e aperta si confronteranno volentieri.
Ben presto Teresita si schiererà contro la linea stalinista di Togliatti e per questo pagherà di persona, ribelle come sempre. Piano piano, quella bella donna dagli occhi neri e profondi e dalla conversazione colta e brillante che Togliatti aveva voluto a Roma sarà esautorata nel partito e definitivamente espulsa proprio nella sezione intitolata a Gianfranco Mattei nel 1955. Motivazione: «Indegnità politica e morale». Ecco le sue parole:
«Dopo che mi hanno espulsa dal Partito Comunista, sono tornata alla base. Sono andata a scuola dalle donne e ho imparato tantissimo perché ho perso tutta la teoria e ho imparato la pratica della vita. Mi sono sentita vicina ai problemi della “base” cioè del popolo ed è così che bisogna fare. È meglio unire a quello che si è studiato quello che si è capito con la pratica della vita, anche ascoltando gli altri. Da allora non ho preso più nessuna tessera». Nel recente docufilm su Iotti la relazione tra le due Costituenti è stata descritta come amichevole, ma le loro affinità erano solo apparenti. In comune avevano la famiglia antifascista di provenienza, la laurea in lettere, la Resistenza, i Gruppi di Difesa della donna e l’Udi.
Entrambe si erano innamorate di uomini sposati, molto più grandi di loro. Teresa scelse gli affetti familiari e protesse la sua gravidanza, cercando di regolarizzare un rapporto sgradito ai più, accantonando la vita politica. Nilde si accontentò di vivere la sua storia nella clandestinità e obbedì all’ordine di partito di non avere figli, anche se poi Togliatti trovò una soluzione di compromesso adottando una bambina di sette anni. Iotti restò nel Partito fino alla fine. Su una cosa concordavano entrambe: «in politica, come diceva Iotti, le donne erano strumentalizzate». Quanto attuale è ancora oggi questa affermazione…

La vita con Bruno Sanguinetti aveva portato Teresa a vivere a Milano in Via Filodrammatici, ma Bruno era stato molto impegnato nel Partito e l’aveva lasciata spesso sola. Dalla loro unione erano nati altri due figli e Bruno sarebbe morto troppo presto, stroncato da un infarto, nel 1950.
Nel 1951 la partigiana Chicchi avrebbe fondato con Rossana Rossanda e altre donne la Casa della Cultura di Milano, in uno scantinato di Via Borgogna, che ancora oggi è una fucina di incontri stimolanti sui temi della contemporaneità. Nel 1952 si sarebbe risposata con Jacopo Muzio, dirigente comunista, molto più giovane di lei, da lui avrebbe avuto altri figli per poi separarsene, dopo un rapporto travagliato, nel 1968.
Teresa si sarebbe avvicinata alla contestazione studentesca del 1968 e a Lotta Continua, schierandosi sempre.
Nel 1983 un altro grave lutto familiare l’avrebbe provata nuovamente: la figlia 33enne Antonella, avuta con Sanguinetti, si sarebbe tolta la vita, lasciando un biglietto durissimo alla madre: «Mi hai preparata per un mondo che non esiste». Anche Gianfranco, il figlio tanto voluto da Teresa, si sarebbe allontanato dalla madre per lungo tempo, andando a vivere a Praga. Come racconta la sorella, Chicchi era stata una madre rigorosa e severa e aveva spinto i figli a scegliere presto l’indipendenza. Quanto questo atteggiamento fosse stato capito dai primi due figli di Teresa rimane difficile da giudicare.
Teresa Mattei andò a passare gli ultimi anni della sua vita in Toscana in un casolare con la sorella, dove si sarebbe spenta, a 92 anni, nel 2013.
Nell’ultima parte della sua lunga esistenza si era dedicata a iniziative per i diritti dell’infanzia, elaborando nuovi metodi di educazione infantile, assecondando la sua vocazione di pedagogista, collaborando con Bruno Munari e Zavattini, aveva frequentato Ivan Illich in Messico, era diventata Presidente della Cooperativa di Monte Olimpino, aveva promosso l’iniziativa per la pace “Una treccia intorno al mondo”, era stata insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana, aveva fondato Radio Bambina, era stata testimone al processo Priebke e nel 2001 aveva partecipato alle giornate dell’anti G-8 di Genova denunciandone gli abusi da parte delle forze dell’ordine. Aveva preso posizione a favore del referendum costituzionale sulla riforma costituzionale voluto dal centrodestra del 2004 e partecipato a molte iniziative dell’Anpi.
Molte informazioni sulla sua attività di pedagogista innovativa e a difesa dell’infanzia si trovano nella bellissima tesi di laurea di Patrizia Pacini.
A lei e a suo fratello Gianfranco è intitolata la Residenza Universitaria Val di Rose dell’Università di Firenze, mentre il suo paese natale le ha dedicato una piazzetta. Una targa la ricorda insieme a Bianca Bianchi sulla soglia della Stanza della Memoria, nel palazzo della Provincia a Pistoia.
Uno spirito libero e ribelle come Tersa Mattei passò come una meteora nella storia costituzionale d’Italia, ma continuò a seminare le sue idee tra i bambini e le bambine, che sono il futuro del mondo, e a prendere parte ai movimenti più radicali del Novecento e degli inizi del nuovo secolo.
A Teresita Chicchi, partigiana per sempre, anarchica ardita come donna che ha pagato sulla sua pelle, più volte nella vita, le proprie scelte radicali e controcorrente, non saremo mai abbastanza grate. Spiace che la pubblicazione Italiane – a cura del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri – ne ignori inspiegabilmente la storia.

Articolo di Sara Marsico
Abilitata all’esercizio della professione forense dal 1990, è docente di discipline giuridiche ed economiche. Si è perfezionata per l’insegnamento delle relazioni e del diritto internazionale in modalità CLIL. È stata Presidente del Comitato Pertini per la difesa della Costituzione e dell’Osservatorio contro le mafie nel sud Milano. I suoi interessi sono la Costituzione, la storia delle mafie, il linguaggio sessuato, i diritti delle donne. È appassionata di corsa e montagna.