L’incontro con Claudileia è stato subito amicizia. Abbiamo preso un caffè in via Merulana, la via dell’ingegnere Emilio Gadda e del suo Pasticciaccio. Si era appena trasferita da questa in un’altra zona della città e ancora non aveva finito di scrivere il suo penultimo romanzo, Anatomia del maschio invisibile (L’Erudita, 2015) su un marito “scoperto” nei suoi nascosti rapporti segreti con un trans. Oggi ha all’attivo un altro titolo emblematico Biografia non autorizzata di un marito narcisista (Youcanprint, 2019) che parla di nuovo di un marito risultato improvvisamente “sconosciuto” alla proprio moglie, dopo trenta anni di ignara convivenza. Storie di famiglia che sono sempre al centro delle opere di questa scrittrice scopertasi tale dopo aver vinto un concorso “per sole donne” e, soprattutto, quasi esclusivamente straniere: Lingua Madre, creato da un’altra donna, la giornalista Daniela Finocchi, e legato da sempre al salone del Libro di Torino. Un trampolino eccezionale.
A Claudileia la passione per il diritto le è scaturita dentro fin da piccola, appena si è resa conto dell’atrocità e delle ingiustizie che ogni giorno subivano i braccianti brasiliani, dei quali lei stessa era figlia, che per secoli si erano rotti la schiena nelle piantagioni di caffè o in quelli di canna da zucchero.
Poi Claudileia Lemes Dias, che è arrivata in Italia, nel 2005, e oggi è una scrittrice affermata, ha guardato dentro le altre ingiustizie che tagliano fuori chi le subisce, spesso senza possibilità di appello. Si è interessata ai problemi e ai diritti civili in senso più ampio, senza trascurare assolutamente quelli dei braccianti, cui tanto si era appassionata fin da ragazzina e che saranno argomento della sua tesi di laurea, all’Università cattolica di Paranà, nel sud del Brasile.
Claudileia ha poi toccato altre realtà emarginate, e non solo quelle del suo Paese. Ha cominciato, da giurista (ma anche prima della laurea), a guardare le ingiustizie nei confronti degli omosessuali, le realtà in cui vivono i transessuali, sia in Brasile sia fuori dalla loro terra, dove spesso vanno a prostituirsi. Proprio sulla prostituzione transessuale, sulla famiglia spezzata dal silenzio dell’inganno Claudileia, tanti anni dopo questo suo primo interessamento, incentrerà il tema di un romanzo Anatomia del maschio invisibile (L’Erudita 2016).
In Italia, con il master alla “Sapienza” sulla Mediazione familiare, Claudileia ha continuato la stessa strada e si è specializzata nell’aiuto nelle situazioni complesse e spesso psicotiche che nascono in seno alla famiglia quando, da luogo dell’amore, diventa malata e luogo della sofferenza.
S’impegnerà su questo versante e comincerà, una volta scoperta la sua vena artistica di scrittrice, a far entrare proprio questi temi nei suoi libri. Il successo le darà, volta per volta, ragione. Crea un blog, L’arte di salvarsi, che è tradotto anche in spagnolo, dove le questioni psicologiche e familiari si discutono insieme via internet.
Ma Claudileia Lemes Dias, classe 1979, non aveva cominciato le scuole in tempo come gli altri bambini e bambine. Nata a Rio Brilhante, al centro del Brasile, e abitava con la sua famiglia in una fattoria lontano dalla strada principale, quindi lontana dagli autobus per la scuola. Così Claudileia, come altri ragazzini nati lì, aveva dovuto aspettare il momento giusto, in cui poteva essere più autonoma. Aveva imparato a casa, dalle sorelle più grandi, a leggere e a scrivere. Quando finalmente aveva raggiunto l’età che poteva arrivare in modo autonomo a piedi fino all’autostrada, aveva iniziato e recuperato alla grande e in fretta tutti gli anni perduti.
Lo studio e la lettura, infatti, sono stati nella vita di Claudileia un punto di riferimento costante. Quando, appena sedicenne rimane incinta della sua prima figlia, oggi con lei in Italia, ed entra in conflitto con i suoi, va ad abitare a casa del marito e dei suoceri, nello Stato di Paranà, a ben 1.800 chilometri a sud del luogo dove era nata, ma riesce a concordare tante cose: cura la famiglia e la casa e non lascia mai di andare e a scuola e di studiare. Non solo continua il liceo, ma, finite le superiori, s’iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’università Pontificia di quello Stato e riesce, insomma, con disinvoltura ad essere madre e studentessa brillante.
Quando si laurea, nel 2004, Claudileia ha già imparato abbastanza bene l’italiano, frequentando fin dall’inizio il corso di lingua istituito presso l’università. Il diritto romano la affascina e desidera venire in Italia per vivere l’entusiasmo di trovarsi nei luoghi dove ha avuto origine. Vince una borsa di studio per un master, proprio a Roma, all’università “La Sapienza”. Claudileia sente esaudirsi per lei due sogni culturali: il diritto civile e lo studio della romanità e l’impatto straordinario con Roma.
Tra l’altro con la conclusione dell’università era finito anche il suo matrimonio, portato avanti sempre più a fatica, dopo dieci anni di vita insieme, fiaccata dalle menzogne e dai sotterfugi del marito. Neppure questo avvenimento la induce, però, a trascurare la figlia. Ormai è una ragazzina alle soglie dell’adolescenza, la porta sempre con sé e le fa intensamente assaporare la bellezza del suo mondo di cultura giuridica e l’abitua all’ascolto delle discussione intorno ai diritti civili che, giustamente, pensa siano dovuti a tutte e a tutti senza nessuna distinzione, non solo anagrafica, ma anche di genere e di scelte sessuali.
A cavallo del periodo della preparazione della tesi Claudileia fa anche altre cose che l’interessano e la coinvolgono molto come lo stage in cui partecipa attivamente, con un gruppo molto combattivo e ancora attivo in Brasile, sulla parità dei diritti degli omosessuali. È il 2003, il momento in cui nel parlamento brasiliano si sta discutendo una legge che contempli i diritti degli omosessuali: dalle unioni civili, alle adozioni, alla parità.
Ma l’Italia ormai l’aspettava! Claudileia crede che questo sarebbe stato un viaggio intenso, interessante, ma lungo tanto quanto la durata del master. Così è tranquilla e decide di lasciare la piccola Lisa a casa dei suoi genitori, con i quali si era ormai rappacificata.
Inizia, dopo qualche preparativo pieno di ansia e gioia, portando con sé anche un’immagine molto romantica dell’Italia. Ha in mente le parole delle canzoni, cantate spesso a memoria, dei suoi artisti preferiti: Laura Pausini e Eros Ramazzotti. I loro testi, com’è naturale, l’avevano aiutata anche in una più immediata acquisizione della lingua.
All’arrivo a Roma, il primo piccolo incidente, alla dogana dello scalo di Fiumicino, che però, dopo un momento di paura, supera brillantemente. Gli agenti addetti al controllo si erano messi in allarme per una serie di barattoli che avevano trovato nelle valigie di Claudileia e che erano sembrati, a prima vista, un po’ misteriosi e perciò avevano destato sospetto. Claudileia, con un po’ di pudore, aveva spiegato che i barattoli erano pieni di una crema che temeva di non trovare in Italia, indispensabile per tenere a bada la sua folta capigliatura, fatta di una miriade di ricci, molto brasiliani! Tutto si risolve, così, facilmente e in breve tempo.
Comincia il suo cammino nella capitale italiana, inconsapevole che qui troverà il suo destino: in un Paese e in una città dove sarà accolta e amata per la vita. Nei primi quindici giorni va ad abitare all’ostello studentesco di Ponte Milvio, poi trova una sistemazione più stabile in un appartamento sulla via Prenestina, non troppo lontano dal centro della città e dalla prima università di Roma.
Deve fare in fretta, come tutti gli stranieri, a mettere in ordine i documenti. Così il giorno dopo il suo arrivo a Roma va subito in questura. In fila cominciano le solite quattro chiacchiere con chi è ugualmente lì in attesa del proprio turno. In coda con lei c’è anche un ragazzo brasiliano che le racconta di essere da parecchio tempo in Italia e le dice che spesso va, con altri coetanei, italiani e stranieri, a offrire servizio di volontariato con la Caritas romana, per distribuire i panini ai poveri e ai clochard della stazione Termini. Il ragazzo invita Claudileia, che inizia, affascinata dal suo racconto, ad andare con lui già dalla sera successiva. Gli basta insistere un po’ e finisce per convincerla.
Claudileia proprio all’inizio della sua vita nella capitale italiana tanto sognata, si trova così a incontrare un folto gruppo di nuovi amici, tutti volontari della Caritas. Il ragazzo brasiliano conosciuto in questura la presenta a tutti e lei simpatizza con ciascuno di loro, ma le rimane impresso particolarmente un ragazzo, un ingegnere che per lavoro gira un po’ il mondo, un ragazzo che le appare un po’ timido, o almeno le sembra tale. La simpatia però è reciproca e Claudileia appena arrivata, ha già conosciuto (chiaramente senza ancora saperlo) il suo futuro marito, la persona che la accompagnerà sempre a ogni premio letterario, a ogni presentazione di un nuovo libro. Che la incoraggerà a ogni concorso da fare, che ascolterà sempre tutti i suoi dubbi facendosi primo lettore oltre che amico fidato.
Sarà stato il clima italiano, ma Claudileia da subito sente il bisogno di scrivere. Un bisogno nuovo per lei, con cui prima non si era mai confrontata, a parte la serie di articoli, esclusivamente di carattere giuridico, scritti in Brasile. Pubblica in poco tempo un libro di racconti sull’immigrazione: Storie di extracomunitaria follia.
I racconti certo non si discostano da ciò che ha sempre interessato Claudilea: parlano, uno a uno, di un’umanità “respinta e marchiata col ferro e col fuoco dello stereotipo”, dunque di un’umanità dolente che urla il suo diritto alla vita.
Claudileia vince moltissimi premi: Lingua Madre, il premio Sabaudia cultura, il Premio Internazionale europeo e ancora altri, ponendosi nella rosa dei finalisti con i suoi due successivi romanzi: Nessun requiem per mia madre, una storia stridente, narrata in prima persona dal terzo dei figli della protagonista, iniziata a raccontarsi nel giorno della morte di questa madre arida e dispotica. Una donna, questa sua protagonista che si racconta dal giorno della sua scomparsa, dispotica verso i tre figli maschi che annulla, fino però a incontrare l’opposizione, appunto, della voce narrante, del terzo figlio che le porterà in casa una ragazza brasiliana. Sarà la messa in discussione del suo, fino allora, illimitato potere.
Torna nella scrittura di Claudileia la sua testimonianza, atavica, di figlia di braccianti senza diritti della terra brasiliana, che descrive l’esistenza, sconosciuta, degli uomini e delle donne senza nome che non sanno neppure chiedere aiuto e hanno bisogno di un’alleanza. L’alleanza che Claudileia ha sempre offerto prima con il cuore di ragazza, poi dalla sua ottica di giurista e quindi attraverso il forte mezzo della scrittura.
«Se bastasse una bella canzone a far piovere amore si potrebbe cantare un milione, un milione di volte basterebbe già…Se bastasse una vera canzone per convincere gli altri basterebbe cantarla più forte visto che sono in tanti. Fosse così!».
Davvero: fosse così e avessero ragione le parole di Ramazzotti, il cantante che si era portato nel cuore dal Brasile, Claudileia Lemes Dias scriverebbe che il mondo è finalmente ormai cambiato.
Articolo di Giusi Sammartino
Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.