Olympe De Gouges, la pioniera

La Dichiarazione

«Uomo, sei capace d’essere giusto? È una donna che ti pone la domanda; tu non la priverai almeno di questo diritto. Dimmi: chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso? La tua forza? Il tuo ingegno? Osserva il creatore nella sua saggezza; scorri la natura in tutta la sua grandezza, di cui tu sembri volerti raffrontare, e dammi, se hai il coraggio, l’esempio di questo tirannico potere. Risali agli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, getta infine uno sguardo su tutte le modificazioni della materia organizzata; e rendi a te l’evidenza quando te ne offro i mezzi; cerca, indaga e distingui, se puoi, i sessi nell’amministrazione della natura. Dappertutto tu li troverai confusi, dappertutto essi cooperano in un insieme armonioso a questo capolavoro immortale. Solo l’uomo s’è affastellato un principio di questa eccezione. Bizzarro, cieco, gonfio di scienza e degenerato, in questo secolo illuminato e di sagacia, nell’ignoranza più stupida, vuole comandare da despota su un sesso che ha ricevuto tutte le facoltà intellettuali; pretende di godere della rivoluzione, e reclama i suoi diritti all’uguaglianza, per non dire niente di più». Una riflessione quanto mai attuale. Eppure era il 1791 e la donna interrogante era Marie Gouze, nota ai più, o meglio ancora a pochi, come Olympe de Gouges. Figura di statura eccezionale per senso di giustizia, equità e libertà che nella Francia di fine Settecento ha militato a favore delle minoranze, ma anche e soprattutto delle donne, è passata alla storia per aver redatto la Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne (Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina) nel 1791, in risposta alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789), documento realizzato per ordinare il nuovo assetto societario dopo la rivoluzione francese. Questo primo atto di guerra civile, animato non solo dal popolo, poverissimo, ma anche e soprattutto da quel ceto medio costituito da professionisti e commercianti che guidò, in testa le donne, le barricate e l’assalto alla Bastiglia, si proponeva di decostruire l’assetto feudale, aristocratico e gerarchico di una società profondamente iniqua dal punto di vista della distribuzione della ricchezza. Nell’immaginario collettivo il motto «Libertà, uguaglianza, fratellanza» rappresenta, ancora oggi, il più alto esempio di democrazia: libertà, perché nessun essere umano appartenga ad altri che a se stesso; uguaglianza, intesa come fine delle gerarchie e dei privilegi per nascita; fratellanza, come rispetto di ciascun essere umano. Qui risiede il motivo della doppia dicitura in relazione alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino: alla radice giace l’idea che tutti gli esseri umani abbiano pari diritti in termini di libertà di pensiero, parola, tutela personale. Questo nuovo testo, tuttavia, se per un verso ebbe il merito di porre al centro l’essere umano in quanto tale, pensando l’uguaglianza in base ai diritti, per un altro ebbe la pretesa di rappresentare tutto il genere umano. Da subito, infatti, emersero delle contraddizioni: nelle assemblee ci si interrogò in relazione alla possibilità di estendere gli stessi principi anche agli abitanti di colore delle colonie francesi oltreoceano, eppure si decise di non conferire loro il diritto di voto, perché erano considerati “meno uguali” dei loro fratelli francesi. Allo stesso modo le donne ‒ combattenti, giornaliste, pamphlettiste ‒ che si prodigarono in prima linea per la causa, furono ben presto eliminate dal discorso politico. Un fatto ricorrente, a ben vedere, nella storia: in caso di rivoluzioni e guerre alle donne è concesso di spogliarsi degli strettissimi abiti di “angelo del focolare”, moglie e madre che la società patriarcale ha cucito loro addosso, per dedicarsi al lavoro, in assenza dei mariti, alla lotta, alla riflessione politica, quasi sempre apportando il loro contributo attraverso visioni differenti della società, per vedersi poi negare quello stesso spazio non appena il nuovo ordine si sia stabilizzato. Anche in questo caso, a fronte della possibilità di esercitare il diritto di voto attivo o passivo, ossia di eleggere o essere elette come rappresentanti dell’assemblea, le donne non ottennero nulla.

La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina

Sull’onda dei principi rivoluzionari di libertà di parola e di espressione, anche l’editoria francese aveva risentito positivamente del rinnovato clima: sorsero numerosi giornali volti a tenere alta l’attenzione sul fermento politico del momento. In questa prospettiva si inserisce l’operato di Olympe de Gouges. Nata Marie Gouze nel 1748 a Montauban, in Occitania, da Anne-Olympe Mouisset, che aveva sposato Pierre Gouze, un commerciante da cui Marie prese il cognome ‒ anche se il padre naturale era il poeta Jean-Jacques Le Franc de Pompignan ‒ fu data in sposa sedicenne, ebbe un figlio e ben presto restò vedova. Nel 1778 si trasferì a Parigi ove modificò il suo nome, celebrando quello della madre, aggiungendo la particella “de” a una forma più poetica del suo cognome. Nei salotti dell’aristocrazia francese, per la maggior parte sostenuti da donne, entrò a contatto con le idee illuministe che invocavano la necessità di costruire una nuova società basata sui principi di libertà e democrazia. In questo clima formò il suo intelletto e il suo spirito. Ispirandosi ai fermenti culturali che di lì a poco avrebbero animato la rivoluzione, fondò il Cercle social, un’associazione volta alla tutela dei diritti delle donne. Nel corso della sua esistenza scrisse circa ventinove romanzi, settantuno pièce teatrali, settanta pamphlet, fra tutti: L’Esclavage des Noirs, commedia rappresentata alla Comédie-Française con il titolo Zamore e Mirza; Le Marché des Noirs e Riflessioni sugli uomini neri, dedicati alla tutela dei diritti degli schiavi neri delle colonie, testi che le consentiranno di entrare nel circolo degli abolizionisti. Quella dei poveri, degli schiavi delle colonie, delle donne, insomma delle minoranze, diventerà la causa prima di Olympe de Gouges. A questo proposito, denunciò il fatto che i diritti di cui si parlava nella Dichiarazione dell’uomo e del cittadino fossero dell’uomo, appunto, e non delle donne. La pretesa di universalità di quel termine, l’individu absolu concepito dai rivoluzionari, altri non era che quello maschile, e si configurava, al contrario, secondo il paradigma della restrizione: uomo significava maschio, ma anche bianco, e a ben vedere anche occidentale, borghese e ricco. Quel testo giuridico che predicava diritti sacri e inalienabili era in realtà rivolto a un solo soggetto, mentre lei fa irrompere sulla scena del mondo il soggetto femminile. Dedicata alla figura femminile più controversa e dibattuta dell’epoca, la regina Maria Antonietta, La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina rivendica nel Preambolo la possibilità per le donne di ricoprire ruoli professionali nel neonato Stato: «Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione, chiedono di potersi costituire in Assemblea nazionale. Considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le cause delle disgrazie pubbliche e della corruzione dei governi, hanno deciso di esporre, in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi loro senza sosta i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo essere paragonati ad ogni istante con gli scopi di ogni istituzione politica, siano più rispettati, affinché le proteste dei cittadini, fondate ormai su principi semplici e incontestabili, si rivolgano sempre al mantenimento della Costituzione, dei buoni costumi, e alla felicità di tutti. In conseguenza, il sesso superiore sia in bellezza che in coraggio, nelle sofferenze della maternità, riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’essere supremo, i seguenti Diritti della Donna e della Cittadina».

dichiarazione-diritti-donna

La Dichiarazione è costituita da diciassette articoli che riguardano vari temi e battaglie di natura giuridica e sociale: dal principio di libertà, uguaglianza, cittadinanza, alla proprietà privata, alla sovranità nazionale, al diritto di partecipazione alla vita politica pubblica e di rappresentanza. Invoca l’abolizione delle leggi che subordinavano la donna al marito, l’accesso all’istruzione, specialmente quella universitaria, cui le donne non avevano ancora accesso. Propone una serie di forme di supporto sociale, riforme per il divorzio, per tutelare le madri, per tassare i ricchi possidenti, ribadisce il diritto dei figli di essere riconosciuti e di scegliere fra il cognome del padre o della madre. La struttura ricalca quella della Dichiarazione del 1789 ma scandisce articolo per articolo, modificando la struttura di alcuni, mentre per altri cambia solo la desinenza maschile in femminile e utilizza un linguaggio marcato. L’articolo I recita che «La donna nasce libera e resta uguale agli uomini nei diritti […]». Un’affermazione apparentemente semplice ma che in realtà cela in sé una visione complessa e senza precedenti nella storia perché mette in risalto la natura contraddittoria del concetto di uguaglianza che implica il complemento di relazione. L’idea di uguaglianza è infatti già pensata all’interno di un rapporto di potere: essere uguale a qualcuno/a o qualcosa. Anche oggi i gruppi sociali discriminati, in particolare nelle democrazie liberali che funzionano secondo il principio dell’inclusione, richiedono uguali diritti a chi già possiede questi diritti. Le comunità gay, nere, ebraiche rivendicano i diritti che la comunità “accogliente” già ha. Lo stesso vale anche per le donne, che ancora oggi chiedono di lavorare ed essere retribuite come gli uomini. Nonostante questo testo di straordinaria modernità e finezza intellettuale, senza contare il contributo teorico e pratico che le donne avevano dato alla Rivoluzione, nell’aprile del 1793 verrà negato loro lo statuto di cittadine. Eppure Olympe de Gouges aveva scritto che se «La donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere anche quello di salire sulla tribuna». Sul patibolo, lei ci salì veramente. Anziché rinnegare i suoi valori, durante il periodo di repressione giacobina continuò a battersi per i diritti delle donne e delle minoranze, a manifestare il dissenso attraverso i suoi scritti politici, anche quando fu arrestata per aver abbracciato gli ideali dei girondini ed essersi dichiarata contraria all’esecuzione di Luigi XVI. La mattina del 3 novembre 1793 fu ghigliottinata «per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso». Il lavoro di Olympe de Gouges sarà ripreso da Mary Wollstonecraft ‒ anch’ella antesignana del femminismo e autrice de A Vindication of the rights of woman (1792) ‒ ma soprattutto apre la strada alla riflessione che negli anni Settanta porterà il femminismo della liberazione a criticare il concetto di uguaglianza come «un asservimento della donna ai più alti livelli», per citare Carla Lonzi, in riferimento all’uso del cosiddetto “maschile neutro” o “plurale inclusivo”, che occulta non solo la presenza ma anche l’assenza delle donne dal discorso culturale, e a rivendicare la differenza sessuale come madre e matrice di tutte le differenze. Se oggi le donne hanno la possibilità di accedere alle cariche dello Stato è anche grazie all’opera di Olympe de Gouges. Ancora oggi, tuttavia, la sua figura non è stata restituita alla memoria storica così come meriterebbe. Dal 1989, note personalità come la storica Catherine Marand-Fouquet e Ségolène Royal hanno richiesto la panthéonisation di Olympe de Gouges, senza successo. L’augurio è che il suo monito «Donna svegliati, la campana della ragione si fa sentire in tutto l’universo, riconosci i tuoi diritti» possa risuonare un giorno tra le pareti del Pantheon, a significare che quella sovranità universale costituita da uguali diritti “tra” uomo e donna, da lei tanto auspicata, sia a fondamento di una società più equa e giusta.

Tratto da un pannello della mostra Le Giuste. La presentazione della mostra in Prezi è visibile al link: https://www.giovani.toponomasticafemminile.com/index.php/it/progettitpg/percorsi-digitali/

SITOGRAFIA

http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/marie-gouze/

http://www.iaphitalia.org/secondo-incontro-audio-relazione-di-federica-giardini-su-uguaglianza/

file:///C:/Users/OEM/Downloads/Dichiarazione%20dei%20diritti%20della%20donna,1791.pdf

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Articolo di Eleonora Camilli

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Eleonora Camilli è nata a Terni e vive ad Amelia. Nel 2015 consegue la Laurea Magistrale in Italianistica presso l’Università Roma Tre, con una tesi in Letteratura Italiana dedicata a Grazia Deledda. Dedita allo studio della letteratura e della critica a firma di donne, sommelière e degustatrice AIS Associazione Italiana Sommelier ‒ conduce anche ricerche e progetti volti a coniugare i due settori.

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