«Ila, cosa stiamo aspettando?» Non lo sapeva. Un segno forse, un volo d’uccelli, l’alzarsi improvviso del vento o un grido che annunciasse la fine della battaglia ancor prima che avesse inizio. Il sole era ancora basso all’orizzonte, se sole si poteva chiamare la palla oblunga di colore viola le cui radiazioni erano una minaccia per ogni forma di vita. Bisognava fare presto, o sarebbero morti. «Ila, siamo pronte» ripeté Dena. Osservò l’amica. Era preparata a tutto, come le migliaia di compagne alle sue spalle, attente, salde, in attesa di un gesto. Sulla collina di fronte, l’esercito composto di uomini, simile per numero, attendeva immobile. Davanti a tutti stava Milo, il fratello gemello. Avevano iniziato a parlare nello stesso momento e mosso i primi passi insieme. Inseparabili, amici, complici, fino al giorno in cui erano stati costretti a lasciare la Terra e cercare vita altrove. La legge voleva che fosse solo uno a regnare, ma quale? Con le parole, i ragionamenti non erano arrivati a nulla e, senza rendersene conto, si erano ritrovati a capo di due eserciti opposti.
(Incipit di Simona Baldelli)
Entrambi gli eserciti sentivano sulla loro pelle, nonostante il sole stesse per sorgere, il freddo della notte. Un silenzio tombale gravava sulle colline. Il vento, silenzioso, scompigliava i capelli delle donne e degli uomini che presto si sarebbero scontrati. Nel cielo un ammasso informe di nuvole si tingevano dei colori tenui dell’alba, uno spettacolo che toglieva il respiro. Nessuno voleva fare la guerra, ma tutti erano costretti a combattere. L’odio per il sesso opposto e i pregiudizi che si diffondevano con una velocità portentosa rischiavano di causare solo rovina e sofferenza. Ila, giovane donna dal cuor di leone, scese molto lentamente dalla collina dove le sue compagne erano stanziate, dirigendosi verso l’opposta altura. Sul capo le ondeggiavano i capelli raccolti a coda di cavallo; in mano teneva la sua spada, forgiata con un metallo estratto dalle miniere di quel pianeta, paragonabile al diamante per durezza e compattezza. Alle dita portava numerosi anelli provenienti dalla Terra e al collo una luccicante collana d’argento. Milo, il suo vecchio fedele compagno di avventure, nonché suo gemello, fece lo stesso, dirigendosi a metà strada tra le due colline, ma anche lui molto lentamente, forse con l’obiettivo di guadagnare un po’ di tempo, come se qualche potere divino avesse la forza di fermare lo scempio che si stava profilando. I due, dopo un paio di minuti, si ritrovarono faccia a faccia, l’uno davanti all’altra. I loro occhi si incrociarono e il tuffo nel passato che ne seguì provocò una forte emozione in entrambi. Le labbra di lui si allungarono in un leggero e timido sorriso, mentre su quelle di lei si poté leggere un che di malinconico, ma anche una dolce nota di speranza che tutto potesse tornare come prima e che quella guerra in realtà fosse una finzione, solo un brutto scherzo o il frutto dell’immaginazione della sua mente turbata dall’odio. Ma in cuor suo sapeva che non era così, sapeva che quello che stava osservando, colui che aveva davanti agli occhi, non era più il suo compagno, non era più il suo gemello, ma un viscido e spregevole uomo che provava rancore e disprezzo verso il suo sesso. «Eccoci qui, Milo». «Non pensavo che una donna sapesse sollevare una spada con tanta facilità» iniziò lui. «Non pensavo che uomo riuscisse a raggiungere un tale livello di bassezza intellettuale», rispose lei. «Siete voi che pensate che noi uomini siamo stupidi e incapaci di fare qualunque cosa senza il vostro aiuto». «Vorresti affermare il contrario?» chiese lei. «Certo! Noi uomini siamo capaci tanto quanto voi a compiere qualsiasi tipo di azione». «Menti a te stesso, sai anche tu che voi uomini non siete nulla senza di noi, solo bestie feroci e selvagge che urlano e schiamazzano al sorgere del sole e allo spuntare della luna». «Parli come se a voi donne non importasse nulla di noi», rispose lui. «Perché non è così?» chiese prontamente lei. I due eserciti sulle due colline non capivano cosa stesse succedendo, cosa i due si stessero dicendo, entrambi annegavano nell’oceano di ansia e paura che si stava facendo spazio nelle loro menti. «No che non è così» continuò lui. «Illuminami allora tu, sangue del mio sangue, sapresti darmi una spiegazione? Sapresti dirmi perché voi uomini continuate a calpestare e schiacciare senza pietà, senza esitazione, senza alcuna dignità e senso di umanità noi donne? I nostri diritti, i nostri piaceri, le nostre passioni, tutto quanto! Sminuite ogni nostra azione, ogni nostro pensiero, negate il valore di ogni singolo frammento della nostra vita, di ogni singolo pezzo di questo grande puzzle che noi siamo!». «Parli come se voi donne foste delle sante, voi siete perfide e spregevoli tanto quanto affermi che lo siamo noi, e non puoi negarlo». «Ti faccio pochi, piccoli, semplici esempi, in modo tale che il tuo cervello da primate possa arrivarci senza sforzo mentale. Ti sembra tanto frequente il caso di una donna che violenta un uomo? Hai mai provato sulla tua pelle la sensazione di disgusto che ti procura un licenziamento da lavoro solo perché sei uomo? No, vero? Beh, noi sì, noi tutte sappiamo cosa vuol dire essere discriminate, sappiamo cosa vuol dire cavarsela da sole senza aiuto. Il nostro è un percorso ad ostacoli, mentre la vostra è solo una passeggiata al parco». «Ferma, ferma, ferma! Noi tutti sappiamo quanto sia sbagliato violentare una donna, o quanto sia ingiusto il fatto che vi licenzino dal lavoro a causa del vostro sesso. Penso che su ciò non dovremmo discutere. Noi uomini vi serviamo, come voi servite a noi. Non possiamo riprovarci? Vivere la nostra vita insieme, senza più discriminazioni o altro?» chiese lui. «Allora che senso ha tutta questa battaglia? Qual è la logica di tutto ciò? Possiamo smettere di fare le bestie che si combattono tra di loro per la supremazia del territorio e iniziare a comportarci come esseri umani? Donne e uomini, uomini e donne, uniti, finalmente in pace!» rispose stupefatta lei. «Ebbene sì, possiamo proclamare il termine di questo conflitto e l’inizio di un nuovo capitolo». I due si presero per mano, come quando erano bambini, come quando la loro mente non era corrotta dai pregiudizi e dall’odio che la società inietta nel sangue di tutti noi. Tutti possiamo tornare ad essere bambini, nessuno escluso.
Racconto di Micelli Enrico, Runfola Francesca, Tirinzi Giulia, Cosenza Astrid
4L Liceo delle Scienze Umane, I.I.S. V. Benini – Melegnano (MI)
A cura di Loretta Junck
Già docente di lettere nei licei, fa parte del “Comitato dei lettori” del Premio letterario Italo Calvino ed è referente di Toponomastica femminile per il Piemonte. Nel 2014 ha organizzato il III Convegno di Toponomastica femminile. curandone gli atti. Ha collaborato alla stesura di Le Mille. I primati delle donne e scritto per diverse testate (L’Indice dei libri del mese, Noi Donne, Dol’s ecc.).