La quarantena offre al mondo scolastico l’opportunità di evolversi in meglio, riflettere sulla nostra condizione attuale, soffermarci su un momento particolare. Scattare una foto significativa: ecco le indicazioni di ‘Incorona Momenti’. un progetto didattico-formativo di giornalismo, di fotografia sociale e narrativa, che mira a promuove la consapevolezza e la condivisione creativa dell’esperienza personale in questo periodo di quarantena. Lo considero un compito autentico perché ha l’obiettivo di promuovere consapevolezza, condivisione e resilienza sociale. In un momento storico così difficile è necessario condividere il dolore, la solitudine, la sofferenza, ma anche la gioia e la gratitudine di momenti che prima passavano inosservati e ai quali non veniva dato il giusto valore. Normalmente siamo alle prese con una vita frenetica, immersi nel più denso mare di individualismo. Ora nessuno può permettersi di essere solo, ecco perché è fondamentale condividere i momenti di questa quotidianità ribaltata. Pensiamo di vivere una vita scollegata da tutti e tutte solo perché non vediamo le altre persone, invece siamo accomunati e accomunate dalla nostra umanità, ora più che mai. Solitamente esprimiamo agli altri solo la nostra felicità, invece è importante (specialmente adesso), respirare a fondo, riflettere e condividere: ecco come essere cittadine e cittadini attivi. Cosa è cambiato nella mia vita? Quale momento della giornata assume un valore inaspettato? Quale fotografia sceglierei per raccontare la mia quotidianità? Io ci ho provato: ho chiuso gli occhi e ho scritto la mia verità. Anche le mie compagne lo hanno fatto e di seguito ci sono i nostri momenti incoronati.
Questo il mio: La sera

La sera fa da eco alla mia solitudine e la notte non porta consiglio, ma esprime e rivela il mio stato d’animo. Perché di sera? Forse perché tutti stanno cenando e non sono più connessi, perciò non ho più contatto con il mondo fuori da casa mia. E poi la sera è di per sé malinconica: tutto è calmo, l’aria è tiepida. Normalmente la sera avrebbe accompagnato un senso di stanchezza e una velata soddisfazione per la giornata appena trascorsa. La produttività era la costante delle mie giornate ed era garante di un sonno profondo e ininterrotto. La notte era un rifugio e dopo una giornata frenetica, non desideravo altro. Normalmente. Ma ora non c’è nulla di normale. A partire dall’anno scorso i miei genitori storcevano il naso per le mie continue uscite: mi era concesso ma lasciava loro l’amaro in bocca. Scommetto che ora, invece, farebbero di tutto per non avermi a cena con loro. Sembro un agnellino sofferente, non parlo se non sono costretta, mangio velocemente, mi alzo, sparecchio e mi allontano. Nel mio silenzio sono infastidita dalle loro parole scontate e dall’argomento ripetitivo, dalle falsità di tanti media di cui si fanno portavoce. Nonostante il mio essere un’ingestibile adolescente alle prese con la sua solitudine interiore, sono grata di essere con la mia famiglia. Era da molto tempo che non passavamo del tempo insieme: in questi giorni abbiamo giocato a palla insieme, ci siamo sfidati a suon di salti con la corda. Però è inutile descrivere un quadretto idilliaco, sarebbe falso. Vorrei scrivere come un poeta epicureo, trovare la felicità dentro di me e perseguire il ‘giusto mezzo’ oraziano. Invece non è così. Mi sento in gabbia. Vorrei poter apprezzare le piccole cose, riflettere e dare valore alla quotidianità. Eppure prevale in me il senso di prigionia… Condivido il dolore delle persone care e sento sulla mia guancia lo schiaffo che hanno ricevuto loro. Soffro per la paura degli altri di perdere qualcuno. A volte è soffocante. Un’altalena continua tra giornate insipide, di solitudine egoista e tedio maledetto e giornate con il magone in gola per quello che accade intorno, per chi piange nel buio della notte. Così le sere passano, insipide o dolorose, e io sono impotente. Le parole non consolano più di un abbraccio, ma ci si deve accontentare dei mezzi disponibili. Ricorderò la sera di questa quarantena come momento rappresentativo e spero di farlo come quando ci si ricorda di un brutto momento passato, ormai lontano. Mentre sono davanti al computer e studio, alzo lo sguardo: una margherita è incastrata nella tapparella. Da quando è iniziata la quarantena, nonostante la forte pioggia e i colpi di vento, lei è lì, intrappolata. Non vorrei che si liberasse e volasse via, in un certo modo mi conforta (egoisticamente), che anche lei sia bloccata, in balia del vento. Sullo sfondo c’è il panorama che mi accompagna da più di un mese: il vicinato. Chi si allena in giardino, chi prende il sole, chi lava qualsiasi cosa e stende al balcone, chi fa grigliate… Loro come noi, come me. Abito qui da settembre e non conosco nessuno. Eppure, guardare la loro vita è come guardare la mia.
Questo lo ha scritto Erica Calabretta: Una passione riscoperta

In questo periodo di quarantena ho iniziato a leggere libri che avevo cominciato e lasciato a metà, oppure libri che erano rimasti nella libreria dopo averli acquistati. Con le giornate soleggiate amo stare sul balcone e immergermi nella lettura, come dimostra la mia foto. Durante i giorni di scuola leggevo i libri che ci assegnavano le professore, la cui trama non sempre si avvicinava a ciò che piace a me. Sto cercando di sfruttare al meglio queste giornate; organizzo bene i tempi con lo studio e mi dedico, appunto, alla lettura. Avevo dimenticato la bellezza di lasciarsi trasportare e immergere nei personaggi e nelle vicende che i libri narrano. Ho letto questi libri in pochissimo tempo e ho già una lista di letture da acquistare online! Si stanno rivelando un mezzo di evasione mentale, grazie ai quali riesco a pensare meno riguardo questa delicata situazione che stiamo affrontando e che mai avrei immaginato potesse durare così a lungo.
Elena Galleani: Pensieri incastrati

Cos’è cambiato della mia quotidianità? Non vorrei esagerare ma direi quasi tutto! Dalla sveglia, che ora non suona più di prima mattina, alle interrogazioni e verifiche online, dalle videochiamate per vedere amici e parenti, all’allenamento attraverso Youtube, dal festeggiare i compleanni su Skype, al non poter uscire di casa. È cambiata quella che ormai era diventata una routine e che iniziava quasi a diventare pesante, ma ora (ripensandoci) ritornerei volentieri alla mia noiosissima quotidianità. Oltre a stravolgere le abitudini, è cambiato anche il modo di guardare la realtà; avendo a disposizione più tempo per riflettere mi sono accorta che ho dato per scontato tante cose, persone e addirittura emozioni. Prima mi sembrava normale prendere il pullman e andare a scuola, vedere i miei genitori che andavano al lavoro, uscire con i miei amici e amiche e andare in discoteca, al cinema o a mangiare una pizza, andare a messa, pranzare con i parenti, abbracciare e baciare gli altri, ma ora che questo non è più possibile mi rendo conto del valore di queste azioni che prima mi sembravano banali. Ora è cambiata la “normalità”: oggi è normale uscire solo in caso di necessità, tenere la distanza di sicurezza con le persone che incontriamo, non vedere amiche e parenti e indossare mascherina e guanti. Da quando è arrivato, ciò che consideravamo normale non lo è più ed è proprio questo che ci riesce a insegnare il Covid-19: apprezzare le piccole cose e i gesti quotidiani. In queste settimane ci stiamo riscoprendo, questo virus ci sta mettendo a nudo con le nostre debolezze e le nostre paure, ci sta mettendo alla prova. Speriamo che i suoi insegnamenti non siano vani e che questo ci faccia capire il valore della vita. Questa foto rappresenta esattamente quello che vedono i miei occhi al di là di quello che mi sta attorno in questo momento, come la mia vicina che prende il sole, l’altra che innaffia le piante e l’altra ancora che è al telefono. Guardo questi rami che stanno fiorendo e mi accorgo che fuori è già primavera, ma dentro? Dentro siamo in pieno inverno, mi sembra di sentire quel freddo che mi paralizza, il vento fastidioso che sfiora le guance e fa gocciolare il naso e riesco a sentire anche qualche goccia di pioggia che mi scivola addosso. Tutto questo mi confonde e mi blocca. Penso. Questa è la mia parte preferita della giornata perché dedico del tempo a pensare, non c’è mai stata la giusta atmosfera e abbastanza tempo per farlo, ora sì e me lo godo fino in fondo. È un momento difficile perché più penso più mi sento confusa, mi sembra tutto così incerto e io mi sento così piccola e impotente.
Annamaria Cigala: In famiglia tutto è più bello

Questa foto rappresenta un momento della mia quotidianità che in quarantena ha assunto un significato speciale per me. Questa è la colazione preparata ogni mattina da mio padre. Il tavolo con la tovaglia bianca su cui spiccano le brioche ancora calde. Alle 7.30 del mattino si inizia già a sentire il profumo che arriva dalla cucina e si propaga per tutte le stanze, ed è una gioia per i nostri sensi. Appena sento il profumo capisco che è mattina e che la mia famiglia si sta alzando. Con il sole, il cielo sereno e gli uccellini che cantano, mi dirigo verso la cucina e vedo le deliziose brioche lì ad aspettarmi. Nel frattempo, so che inizieranno ad arrivare gli altri e la cucina si riempirà: tutti insieme a gustarci la colazione e a chiacchierare allegramente con le facce ancora un po’ assonnate. È un momento che mi trasmette tranquillità in un periodo in cui siamo costantemente bombardati da paure e ansie. La colazione è diventata un momento di allegria, profumi e serenità, invece prima volenti o nolenti non riuscivamo a goderci a pieno, per la fretta di andare al lavoro, a scuola. In quarantena la quotidianità e la calma hanno preso il posto della vita frenetica di prima.
Stefania Ventua: Il ritorno alla quotidianità

La quotidianità è ciò che si è portata via la quarantena. Per superare al meglio questo tragico momento ognuno di noi dovrebbe trovare una nuova quotidianità e riuscire a conviverci. La vita inevitabilmente è cambiata, quella di alcuni/e di più, quella di altri/e di meno. Lo sforzo maggiore che ho dovuto fare in queste settimane è stato quello di trovare una quotidianità senza mio papà a casa. Questa foto rappresenta il suo ritorno a casa dall’ospedale: la fine di un pezzo di quotidianità che avevo necessariamente trovato. Questo momento mi ha fatto capire che la mia più grande difficoltà è stata affrontare la lontananza di mio papà e adesso che è tornato a casa tutto il resto mi sembrano inutili lamentele e non riuscire a trovare una quotidianità è un capriccio perché molte quotidianità sono state stravolte più di altre. Cosa è cambiato da quando è arrivato il Covid-19? Che effetto ha avuto su di me? Il telegiornale è il mio nuovo film drammatico preferito, il pianto giornaliero e l’angoscia che trasmette riempiono le mie giornate. Il virus si sta espandendo sempre meno ma la mia paura aumenta sempre di più, fa paura il domani e i momenti vuoti della giornata danno spazio alle mie paure. Qualcosa di positivo, però, sta succedendo: le mie emozioni sono amplificate e percepisco l’importanza di gesti che un tempo ritenevo privi di significato. Da anni non dicevo “ti voglio bene” a mio papà e a una sua semplice risposta “anche io” ho versato tante di quelle lacrime che non avrei mai pensato di poter versare per un semplice: ‘anche io’. Il Covid-19 mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto scoprire che ci vuole poco per aiutare le persone e il piacere che questo gesto dà è immenso.
Giulia Dolera: Anzitempo

Sono a casa con la mia famiglia (non al completo perché mio papà lavorando nel settore alimentare, va a lavorare normalmente e torna a casa all’ora di cena); ho la sensazione che la decisione di chiudere tutto per arginare l’avanzata del virus sia stata presa un po’ in ritardo. Certo non era facile, del resto siamo di fronte a una situazione nuova, senza precedenti, per cui le attenuanti vanno concesse. Però si è perso del tempo. L’importante ora è stare a casa. Vivo questo momento con la consapevolezza che questo vada fatto, che sia necessario adeguarci tutti e tutte, perché quando potremo finalmente ripartire sono sicura che ci riprenderemo. Questo è un difficile momento, non solo per l’Italia ma per tutto il mondo, io nel mio piccolo lo sto vivendo molto male. Sto sempre in casa e le notizie che arrivano dai telegiornali non sono del tutto incoraggianti e mi angosciano ogni giorno di più. Mi chiedo spesso quanto questo nemico invisibile condizionerà le nostre vite anche in futuro. Quando mi affaccio dal balcone percepisco per la strada una grandissima tensione. Da parte mia cerco di tenermi occupata, facendo ginnastica a casa, guardando film, serie tv e leggendo tanto, ma le giornate sono comunque molto lunghe. Se penso alla situazione attuale, mi sembra quasi di far parte di un film apocalittico. Con queste belle giornate, rimanere in casa diventa claustrofobico. Le giornate sono monotone. Mi sento veramente oppressa. Svolgere attività che un tempo consideravo rilassanti e piacevoli, ma per un tempo prolungato, ho scoperto che sono stancanti. La vita, però, è un non accontentarsi mai e forse mi sto lamentando troppo. A rifletterci bene ho molto tempo da dedicare a me stessa, ho anche avuto il tempo di coltivare diverse attività che prima avevo solo sognato di fare, insomma ho tutte le comodità di cui necessito, ma è come essere in una prigione di lusso, la sostanza non cambia. Ecco, sono caduta di nuovo nel pessimismo.Tutto ciò mi sembra devastante, anche se i dati in questi giorni parlano di un lieve miglioramento della situazione. Il fatto è che in alcune città, ci si attiene alle regole il più possibile, mentre in altre ci si comporta come niente fosse. Quindi mi chiedo: come possiamo uscirne se continuiamo a non rispettare le regole? Ora mancano le piccole cose – un caffè dai nonni, una chiacchierata, una passeggiata, un semplice abbraccio – ma la mia grande preoccupazione, quando tutto questo finirà, è che non saremo più gli stessi e le stesse: gireremo sempre con le mascherine, avendo paura gli uni degli altri. E nonostante l’amore, la nostalgia e il piacere di rivedere le persone che ci sono mancate, rimarremo comunque a distanza. Mi ricorderò di questo brutto momento per tutta la mia vita, mi ricorderò l’odore della candeggina, dell’alcol, del disinfettante che mia mamma mi fa usare tutti i giorni. Il coronavirus ha cambiato il modo di vivere delle persone. Spero che tutto questo finirà presto, che tutte le persone possano sentire il sole sulla pelle. Irrilevante. Irrilevante era questo posto che ho fotografato prima dello stravolgimento che il Covid-19 ha portato nella vita di tutti. Mi recavo in balcone solo per portare i sacchi della spazzatura, per innaffiare le piante e per prendere le scorte di spugne e detersivi. Oggi per me questo piccolo angolo di balcone è diventato molto importante e significativo. È uno dei pochi luoghi che ho per poter vedere e ascoltare la natura e la realtà esterna che oggi fa molta paura. Se prima sul balcone ci andavo una volta al giorno, ora sono più fuori che dentro casa. Stare all’aria aperta, avere il sole che mi acceca e allo stesso tempo mi scalda le spalle mi manca tantissimo. Quando mi affaccio fuori dal balcone mi vengono in mente le parole di una canzone uscita poche settimane fa che recita: “anche se ci hanno spezzato le ali, cammineremo sopra queste nuvole. Passeranno questi temporali, anche se sarà difficile. Sarà un giorno migliore domani”. Queste parole mi infondono sempre tanta speranza che serve per non cadere nel solito pessimismo giornaliero, anche se non è facile perché affacciarsi, sentire il suono continuo delle ambulanze e vedere i paramedici completamente coperti da camice, calzari, guanti, mascherina e visiera passare sotto il cancello di casa per cercare di salvare un’altra vita, non è rassicurante. Questi episodi di vita, che riesco a intravedere dal balcone, mi permettono di stare con i piedi per terra e comprendere concretamente la vera realtà che c’è al di fuori dalle quattro mura di casa. Il balcone è diventato anche il luogo dove tra vicini di casa ci si confronta e si parla delle piccole cose, si scherza e si cerca di strappare un sorriso. Questa banale prospettiva porta con sé molti sentimenti come la paura, l’angoscia, il timore, l’incredulità, la rabbia, la tristezza ma soprattutto l’impotenza. È proprio con l’anagramma di quest’ultima parola che ho intitolato la mia foto. Forse tutta questa situazione ci ha colpiti prima del previsto, anzitempo, togliendoci la capacità di riorganizzare la vita di un intero Paese.
Incorona Momenti è un progetto ideato dalla psicoterapeuta lodigiana Laura Belloni Sonzogni e sostenuto dal Csv Lombardia Sud – Centro Servizi per il Volontariato di Cremona-Lodi-Mantova-Pavia. Le partecipazioni che inizialmente erano locali, hanno poi coinvolto molte regioni d’Italia con richieste anche dall’Inghilterra. Il progetto vede l’appoggio di molte associazioni e realtà attive nel campo della psicologia dell’emergenza, tra cui Esprì e Sostegno Virale In Cantiere, ma anche di società e associazioni scientifiche come l’Ordine degli Psicologi della Lombardia. Anche nella mia scuola (Liceo delle scienze umane Maffeo Vegio di Lodi) ha preso piede il progetto in questione, grazie al docente referente per il Volontariato Antonio Aceti, che lo ha condiviso con la dirigente Laura Fiorini. Quest’ultima ha trasmesso alle docenti e ai docenti le indicazioni necessarie per parteciparvi e la prof Danila Baldo, docente di scienze umane e filosofia, ha colto l’occasione per proporre alla mia classe (5E) l’esecuzione di un compito ‘autentico’ di fotogiornalismo.
Copertina e illustrazioni interne di Rosalina Collu
Articolo di Roberta Rosca
Ho 18 anni, vivo a Massalengo (LO) e frequento l’ultimo anno di liceo. Il mio percorso è appena iniziato: osservo, ragiono e mi pongo domande sulla complessa realtà che mi circonda. È un lungo viaggio conoscitivo e sono felice di poter condividere le mie riflessioni con altre menti. Amo leggere, scrivere, ballare… In una parola: vivere!
Cara Roberta Rosca, è molto bello il progetto cui avete aderito e di cui hai condiviso l’esperienza tua e delle tue coetanee, trovo le vostre riflessioni molto mature, certo sconforto e impotenza si alternano nei giovani come te, vere tigri in gabbia, a cui non sfugge pero’ per assurdo, l’opportunità’ che questa crisi comune ha offerto a molti di noi di riscoprire affetti, gesti quotidiani di Solidarieta’, dal cestino passato dal balcone con un aiuto materiale a un vicino, allo scambio di parole , al desiderio di comunicare, ascoltare, interloquire con il nostro prossimo, disconnettendoci dall’uso passivo dei nostri smartphone per passare in ogni modalita’, reale o virtuale, per tramutare il nostro messaggio in una azione costruttiva.
La solitudine ci ha offerto anche la possibilità di una maggiore introspezione, l’opportunità di dedicarsi alla lettura , di coltivare ed esprimere aspetti della nostra interiorità’, trovare nuovi spazi per noi è riconsiderare il nostro rapporto col mondo e con le persone in un’ottica di rete. Sono certa che, superato questo momento critico e drammatico, la tua generazione troverà la grinta e la forza per liberare tutta la sua creatività’ e costruire un futuro migliore. Un saluto affettuoso e un abbraccio a tutte voi! Rosalina Collu
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Bellissimo articolo 😉
Passa nel mio blog se ti va
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