La “rivoluzione permanente” delle donne fra teoria e agire collettivo. Casi a confronto

L’illusione di una storia maschile, lineare e universale ha imprigionato, privato e rimosso i saperi e i luoghi di una soggettività femminile, rendendola “altro’’ e funzionale alle capacità maschili. Una soggettività femminile, tuttavia, capace, tra labirinti insidiosi e fili spinati, di irrompere e agitare il potere predatorio del patriarcato.
In questo senso, interrogarsi sulle esperienze, sulle genealogie e sui linguaggi di “soggetti imprevisti’’ che mettono in scena il simbolico, che ribaltano i canoni ideali di corpo, che si appropriano degli spazi di cittadinanza, serve per squarciare il privilegio patriarcale che vela le nostre biografie, i nostri desideri e i nostri linguaggi.
Da dove partire, allora, per costruire nuove narratologie discorsive che ricuciono le ferite di un passato “rimosso” e trasmettono nuovi saperi e simboli? Come guardare ad un passato mascherato e fabbricato da voci soltanto maschili? E che cos’è lo spazio se non un luogo simbolico di dissenso? Invertire i percorsi dal globale al locale, dal centro al margine e dall’universale al singolare, permette di rovesciare e decostruire le rappresentazioni livide, ideologiche e stereotipate di una storia al maschile per riconfigurare un tipo di agire che travalica i confini neutri dello spazio pubblico.
Iniziando da queste domande di ricerca, la mia tesi di laurea triennale La rivoluzione permanente delle donne fra teoria e agire collettivo. Casi a confronto parte dalla volontà di mettere in luce la storia, le idee e le azioni delle donne che si appropriano della loro capacità di agire sul piano simbolico, per ribaltare l’immaginario maschile che le vuole assenti, silenti e passive all’interno della società. Il desiderio, quindi, di decostruire l’idea delle donne come “un prodotto della storia” per inventare una genealogia femminile capace di sovvertire le strutture del privilegio patriarcale.
Pertanto, questo lavoro si compone di tre momenti. La prima parte, con il capitolo La storia come negazione del Soggetto Femminile, è dedicata a dimostrare l’analisi del rapporto in tensione tra la storia e le donne, e tra la storia e l’alterità, per generare una storia trasformativa dell’ordine maschile. Infatti, attraverso le analisi e le categorie interpretative di Michelle Perrot, Laura Pisano e Christiane Veauvy, il capitolo analizza il protagonismo delle donne come produttrici del processo storico, in Francia e in Italia, tra il 1700 e il 1800. Si assiste, in quel periodo, all’avvento di una “Expression pubblique des femmes” tramite la ri-definizione di una scrittura politica al femminile: Olympe De Gouges, in Francia, ed Eleonora Fonseca Pimentel, in Italia. Entrambe hanno dato luogo a una scrittura che ha sfidato l’ordine fallocentrico e i canoni estetici e stilistici “creati” secondo il desiderio maschile. Il riferimento a una scrittura “femminile” permette di riconoscere la capacità creatrice delle donne, che si sottraggono dal ruolo accessorio imposto dagli uomini. L’atto di scrivere e di fare della scrittura un simbolo di r-esistenza rappresenta un mettere in scena -un esibire- il proprio sé fuori dal sapere maschile, falsamente neutrale. Il capitolo, inoltre, presenta sia l’analisi della rappresentazione della donna in chiave mitologica, definita come “Altro indefinito” da Simone de Beauvoir, sia il contributo della storica Michelle Perrot sulla ri-affermazione delle donne nella “storia pubblica’’, attraverso una critica dei metodi di rappresentazione oggettiva della realtà. Perrot fa notare che il silenzio della storia nei confronti delle donne si è indirizzato a elevare la figura dell’uomo e delle sue conquiste nello scenario pubblico, a discapito della donna rappresentata come vittima dei mutamenti storici. La storia ha proposto la figura della donna al singolare, con immagini e narrazioni di donne eccezionali, negando i racconti di donne al plurale. Le analisi di Michelle Perrot mettono in luce l’invisibilizzazione del ruolo femminile nelle rappresentazioni pubbliche, invitando ad adottare un cambiamento di prospettiva che permetta alle donne di riappropriarsi del proprio corpo (politico) e di creare nuovi linguaggi rispetto alla costruzione oggettiva della realtà. Infine, il capitolo si conclude con la figura della socialista Anna Kuliscioff, che contribuisce a illuminare la condizione femminile incoraggiando un’emancipazione economica, politica e sociale. Le sue idee e soprattutto le sue azioni nella storia del socialismo hanno ricucito il rapporto tra la storia e le donne.
Il secondo capitolo I simboli e i linguaggi delle donne. Dalla rivoluzione femminista al ruolo della scrittura come pratica femminista è dedicato al pensiero di una grande filosofa: Françoise Collin. Il suo contributo al femminismo è stato di grande impatto lasciando dei segni profondi, non solo in Francia, ma anche in Italia. Molti suoi spunti sono stati ripresi da numerose ricercatrici e femministe, che hanno sottolineato l’originalità di un pensiero che attribuisce un valore importante alla “Praxis”. Françoise Collin riprende questo termine dalla filosofa Hannah Arendt, inteso come un agire fondato sulla pluralità. Infatti, alla base del suo pensiero, vi è il tentativo di rifondare il legame tra la teoria e la pratica attraverso l’azione collettiva e permanente, diretta a sovvertire e a trasformare la realtà stessa. Un messaggio che ha riscoperto rileggendo le opere di Arendt, la quale ha dato al femminismo un contributo importante. I concetti arendtiani di “Praxis”, “Agire plurale” e “Mondo comune” diventano le parole attraverso le quali le donne esprimono sé stesse e il loro rapporto con la società. Pertanto, Collin attribuisce alle donne di essere motrici di un cambiamento che deve sempre reinventare le proprie pratiche e azioni attraverso una rivoluzione simbolica, che operi una trasformazione all’interno delle istituzioni. Assegna anche un ruolo importante alla scrittura come dispositivo attraverso il quale le donne esprimono loro stesse e il loro vissuto, operando una trasformazione dei simboli e dei linguaggi maschili alla base della società. Il suo pensiero ha contribuito ad affermare un nuovo orizzonte teorico ed epistemologico che esorti a non emulare semplicemente i modelli e le categorie maschili. Invita a sperimentare nuovi linguaggi, che ridefiniscono la politica, i rapporti sociali e il complesso rapporto tra il privato e il pubblico, e a trovare uno spazio simbolico comune. Il femminismo non è un’ideologia, ma è una pratica che irrompe e sovverte i corpi, i saperi e la vita stessa e traccia nuove esperienze di esser-ci e stare con l’altro. La caratteristica principale del femminismo, rispetto ai fallimenti dei grandi movimenti della storia, quali il comunismo e il socialismo, è da attribuire alla potenza delle sue pratiche: “le partir de soi” e “la relation”. Le donne, le quali hanno vissuto in un mondo narrato per mezzo di linguaggi e codici maschili, devono creare dei propri simboli, attraverso “un dialogue pluriel”, che coinvolga tutte le soggettività vulnerabili per aprire nuovi scenari. Il linguaggio per Collin ha un’azione performativa, che si rivela soprattutto nella scrittura politica e letteraria. La scrittura non è semplicemente un prodotto del linguaggio, ma è esperienza del corpo e materia viva indirizzata a creare relazioni dialogiche con altre donne. Collin fu una delle prime in Francia a dare vita negli anni Settanta a una rivista di donne: “Le cahiers du Grif”, uno spazio di incontro e di riflessione in cui le donne manifestano attraverso e con la parola partendo da sé. Le “cahier” rappresentano una pratica di dialogo plurale di connessione tra il poetico e il politico e di relazione di diverse singolarità. La scrittura è esposizione del sé e metafora della soggettività femminile che prende corpo dalla propria subalternità storica. Anche in Italia nello stesso periodo si ha un’esperienza simile con la pubblicazione della rivista “Sottosopra” redatta da gruppi di rivolta femministi. La scrittura diventa, quindi, uno strumento di azione e posizionamento identitario da parte delle donne per raccontare e narrare loro stesse e le loro battaglie. In questo senso, la scrittura, intesa come disordine e forza distruttrice dell’ordine simbolico, affonda le sue radici nello stile di Virginia Woolf. In Una stanza tutta per sé, Virginia Woolf, rifiuta i codici letterari stabiliti dagli uomini e ritiene la scrittura un mezzo che scompagina le dicotomie che modellano il rapporto tra lo spazio pubblico e privato. Se il linguaggio opera a livello simbolico, lo scrivere opera a livello corporeo, come materia che estende pezzi della nostra soggettività. Non si tratta, semplicemente, di pensare a una scrittura al femminile, ma di sprigionare l’esperienza sessuata e femminile nella scrittura, mettendola in scena e in tensione rispetto all’ordine simbolico maschile. Riprendendo le parole di Francoise Collin la scrittura è «un atto di nascita» e forza creatrice di libertà, possibilità e pluralità.
Infine il terzo capitolo Manifester par la parole et par l’action. L’associazione Choisir come laboratorio di “praxis” si sofferma sul legame tra la teoria e la pratica attraverso il caso dell’associazione francese Choisir la cause des femmes, creata negli anni Settanta dall’avvocata Gisele Halimi. Le azioni di Choisir rappresentano un caso di critica pratica in quanto, da allora fino al 2000, hanno intrapreso una serie di iniziative, lotte, manifestazioni, con lo scopo di irrompere e ri-significare la società, la politica e lo spazio collettivo. Choisir ha messo in pratica un agire plurale di donne che violano, attraversano e abitano lo spazio pubblico gerarchizzato e si riappropriano della capacità di performare la realtà. L’idea di partire dal corpo collettivo e di rendere ciò che è necessario anche possibile ha influenzato diverse femministe italiane, come quelle italiane della Casa internazionale delle donne di Roma che hanno dato vita all’”Osservatorio Choisir, con lo scopo di creare una rete di sorellanza che travalichi i confini e i muri spazio-temporali. L’irrompere di spazi femministi nei luoghi fisici e patriarcali serve per smascherare la carezza velenosa dell’ordine simbolico maschile.

La tesi integrale è scaricabile dal nostro sito:
https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/65_Micalizzi.pdf

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Articolo di Ester Micalizzi

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Laureata in Sociologia, attualmente è dottoranda in Scienze Sociali presso il DISFOR, Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Genova. Si interessa di teoria femminista, genere, diritti riproduttivi e discriminazioni”

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