Narrazioni. L’ultimo racconto

Narrazioni

I racconti della Sezione T- Narrazioni, del Concorso nazionale Sulle vie della parità

Fin dalla scuola elementare…

Incipit n. 3

Alla fine mi è toccato guardarmi allo specchio. E giuro che non lo volevo fare. Avrei preferito girare un po’ su Instagram, vedere che c’è di nuovo, o al limite scendere di casa e fare una corsa al parco: sudare mi ha sempre fatto bene, fin da bambino. Però lo specchio mi dice che se riuscissi a raccontare tutto, fino in fondo, sarei per una volta dalle parti della verità. Fin dalla scuola elementare, il mio aspetto fisico e il colore della mia pelle sono stati motivo di derisione. Io però non mi sentivo diverso dagli altri e per questo motivo cercavo approvazione dalla mia maestra, Lucia. Allegra e sorridente, lei affrontò sempre la questione senza drammatizzare: rimproverava i compagni che mi escludevano, è vero, ma lasciava irrisolta di volta in volta la situazione. Passavo ogni intervallo seduto al mio banco, nessuno dei miei compagni voleva che io giocassi con loro. Il loro gioco preferito era immedesimarsi nei Power Rangers, ma io non potevo partecipare a causa del mio fisico: ero grasso. Sono sempre stato un appassionato di calcio (la mia squadra preferita è l’Inter) e ho sempre sognato di far parte di una squadra, ma i miei compagni mi hanno subito frenato dicendomi che se avessi iniziato calcio con loro, avrei fatto la palla. Allora capii che probabilmente il calcio non faceva per me. Ma il problema non era solo questo: ogni volta, nell’ora di educazione fisica, io ero sempre l’ultima scelta, ero considerato il più scarso della classe e questo mi faceva piangere molto. Arrivato alla fine della quinta elementare pensai che, una volta alle medie, sarebbe cambiato tutto. All’inizio fu così, in classe non conoscevo nessuno, per me era un mondo completamente nuovo. Nella mia nuova classe eravamo veramente tanti, ventisette alunni, esattamente quattordici femmine e tredici maschi. Ma i problemi non tardarono ad arrivare, dopo solo un mese ero il Ciccio Bombo della classe, nel mirino di tutti i miei compagni, che mi trovarono un soprannome per ogni giorno della settimana: il lunedì ero palla gonfiata, il martedì ero la boa in mezzo al mare, il mercoledì ero il Gabibbo e via dicendo. Tutto ciò non mi faceva stare per niente bene, passavo le notti intere a chiedermi dove avessi sbagliato o cosa avessi di diverso dagli altri, oltre a un po’ di ciccia in più. Lo capii quando mi innamorai della mia compagna di classe Maria, una bassina con i capelli castani e gli occhi verdi. Lei per me era davvero bellissima. Nascondevo una sua foto nella cover del mio telefono e su Instagram era al primo posto delle mie ricerche. Spiavo il suo profilo ogni giorno, ero interessato alle persone che frequentava e a quello che combinava quando usciva il pomeriggio; ma soprattutto, siccome era una brava pattinatrice, mi piaceva molto guardare i video in cui la si vedeva scivolare sul ghiaccio, leggera ed elegante. Era la mia compagna di banco e mi aiutava sempre con i compiti e con lo studio: una ragazza speciale. Non che io non fossi bravo a scuola, però spesso avevo bisogno di una mano. Venivo preso in giro anche per il mio andamento scolastico. Quando prendevo un brutto voto mi dicevano che avrei dovuto tornare al mio paese, dove usavano ancora il baratto e non conoscevano la matematica. Arrivò poi il giorno della gita scolastica: io ne avrei fatto volentieri a meno, ma mia mamma ci teneva molto e non volendo rattristarla, accettai di parteciparvi. Ma quella gita si rivelò per me una grandissima delusione. Vidi con i miei occhi il bacio tra Maria, la ragazza più bella della classe, e Luigi, il capo dei bulli nella mia scuola. Lui era veramente un ragazzino senza cuore, però era altissimo e snello, con i capelli rasati e gli occhi scuri. Nel mio paese girava con i ragazzi più grandi, e aveva sempre la sigaretta in bocca. Il suo modo di vestire era veramente rozzo e gli si vedevano sempre le mutande uscire dai pantaloni, mentre la maglietta era tutta strappata. Già all’età di tredici anni si era fatto fare due tatuaggi, probabilmente perché suo fratello era un tatuatore. E non parliamo dei piercing! Ne sfoggiava uno sul sopracciglio che faceva davvero impressione. Insomma, non sembrava proprio un ragazzino di terza media. Diciamo che le medie non sono state come mi aspettavo e sapevo già che anche le superiori sarebbero state un incubo, per questo chiesi a mia madre di non andare mai più a scuola; con quale risultato, è immaginabile. Il passaggio dalle medie alle superiori ti aiuta a crescere, ti forma, niente è più come alle elementari o alle medie, quando bastava un ovetto Kinder o un momento felice per dimenticare tutte le cose brutte. Alle superiori il peso del giudizio altrui continuava a farsi sentire, ma il grosso problema ero io: non mi piacevo più. Guardandomi allo specchio ripercorrevo tutti i brutti ricordi e ripensavo ai soprannomi che mi avevano affibbiato. Non ero più io, non ritrovavo più quella serenità di fondo che prima sentivo dentro di me anche nei momenti di sconforto. Alle superiori ricevetti la batosta più grande: durante un torneo scolastico di pallavolo, a cui fui costretto a partecipare, feci una figuraccia, e anche il professore di educazione fisica si permise di deridermi, umiliandomi davanti a tutta la scuola. Da quel giorno decisi che qualcosa sarebbe cambiato: dovevo modificare il mio aspetto, volevo a ogni costo essere apprezzato. Così iniziai, durante le vacanze estive, una dieta molto difficile, ma con la mia buona volontà si rivelò efficace, ed arrivai a perdere dieci chili. Non vedevo l’ora di rientrare a scuola per mostrare il mio cambiamento, ero entusiasta del fatto che i compagni avrebbero potuto considerarmi uno di loro. Però, anche questa volta, nessuno si accorse della mia presenza. Non avevo amici o qualcuno con cui stare, e tutti continuarono a ignorarmi, come se non esistessi. In quel momento capii che non si trattava solamente del mio aspetto fisico, ma c’erano altre cose che dovevo cambiare. Per questo iniziai a frequentare un corso di fotografia dopo la scuola, avevo bisogno di nuove esperienze, volevo far vedere a tutti che non ero più il Manuel che avevano conosciuto. Il corso di fotografia mi è piaciuto molto. Ho conosciuto tre ragazzi molto simpatici che frequentano la mia stessa scuola, ma che non avevo mai visto prima. Il più divertente è Giuseppe, molto alto e robusto, ma ciò non importa. È bravissimo in matematica ed è un vulcano di battute che mi fanno ridere a crepapelle. Poi c’è Luca, un ragazzo basso di statura, magrissimo, molto serio. Però quando è il momento di divertirsi lui non manca mai. Infine c’è Lorenzo: arriva dall’India proprio come me, abbiamo molte tradizioni in comune e spesso usciamo a cena con le nostre famiglie. Si è dimostrato una grande scoperta per me. Sono molto grato a queste persone perché mi hanno insegnato che anche io posso essere apprezzato per quello che sono. Non solo per il mio aspetto fisico o le mie capacità, ma per il mio carattere e i sentimenti che provo. Ho scoperto di poter essere un buon amico, di saper custodire dei segreti e di essere capace di ascoltare i problemi degli altri. Ora ho come l’impressione di aver perso del tempo cercando di nascondermi e di evitare i contatti con le persone a causa del mio aspetto fisico. I miei nuovi amici hanno saputo vedere oltre alla diversità fisica e culturale che c’è tra noi, per guardare più in profondità e scoprire i veri valori che sono in me.

Racconto di Claudia Rossi Mel, IV T, Istituto tecnico economico e tecnologico Agostino Bassi, Lodi

Commento – Lavoro semplice e lineare, che affronta con un linguaggio piano un tema importante, quello della crudeltà dei gruppi nei confronti di chi, per qualche motivo, sia o appaia “diverso”. Il finale, ottimistico, rivela un atteggiamento sostanzialmente positivo.

 

A cura di Loretta Junck

qvFhs-fCGià docente di lettere nei licei, fa parte del “Comitato dei lettori” del Premio letterario Italo Calvino ed è referente di Toponomastica femminile per il Piemonte. Nel 2014 ha organizzato il III Convegno di Toponomastica femminile. curandone gli atti. Ha collaborato alla stesura di Le Mille. I primati delle donne e scritto per diverse testate (L’Indice dei libri del mese, Noi Donne, Dol’s ecc.).

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