Questo antico e saggio proverbio è utilissimo per discutere di linguaggio non sessista, e in particolare di linguaggio che nomina il femminile. Discutere di linguaggio non sessista implica fare un discorso molto più ampio che include discutere di come le donne vengono per esempio nominate male nello sport, insultate nella politica, citate come oggetti nella pubblicità, derise da antichi proverbi e detti popolari, umiliate quando si parla di violenza sessuale, ignorate addirittura quando si parla di femminicidi (e invece al centro dell’attenzione si pone l’assassino). Quando parliamo di linguaggio che nomina il femminile ci riferiamo, invece, all’uso dei corretti femminili, insomma all’importanza di declinare ogni mestiere, professione, carica al femminile, e non soltanto quelli meno prestigiosi seppure di fondamentale importanza, che le donne hanno praticato da sempre, come contadina, operaia, maestra, infermiera. Preciso subito che entrambe le discussioni sono importanti anche perché già qui entrerebbe in gioco il famoso proverbio: Quale delle due cose è più importante? L’uso del linguaggio non sessista e rispettoso verso le donne contribuisce a far sì che le donne vengano poi riconosciute autorevoli e quindi nominate con la giusta carica al femminile. Oppure il nominare le cariche al femminile, contribuendo ad aumentare le tante donne che svolgono cariche importanti, accresce l’autorevolezza femminile, quindi fa sì che anche il linguaggio in generale diventi meno sessista, evitando, per esempio, di definire gallina (giusto per restare in tema) una politica o cicciottella una campionessa di atletica.
Ma ciò su cui volevo riflettere riguarda, invece, le definizioni di uomo e donna che ho letto sul dizionario Treccani dei sinonimi e contrari. La voce uomo è lunghissima e include una quantità enorme di espressioni che contengono la parola uomo: uomo d’affari, uomo d’armi, uomo delle caverne, uomo di chiesa, uomo di lettere, uomo di fatica, uomo di legge, uomo di mare, uomo di paglia, uomo di scienza, uomo di stato, uomo d’onore, uomo goal, uomo immagine, uomo nero, uomo pubblico, uomo radar, uomo ragno, uomo rana, uomo meccanico, uomo morto, uomo delle caverne, uomo di fatica, uomo di paglia, uomo d’onore, uomo nero, uomo radar, uomo ragno, uomo rana… La voce donna, invece, contiene: donna di casa, donna ragno, buona donna, donna da marciapiede (o di malaffare o di strada o di vita o di facili costumi) cui fanno seguito una trentina di sinonimi della buona donna molti dei quali estremamente volgari. Treccani poi precisa: «In numerose espressioni consolidate nell’uso si riflette un marchio misogino che, attraverso la lingua, una cultura plurisecolare maschilista, penetrata nel senso comune, ha impresso sulla concezione della donna. Il dizionario, registrando, a scopo di documentazione, anche tali forme ed espressioni, in quanto circolanti nella lingua parlata odierna o attestate nella tradizione letteraria, ne sottolinea sempre, congiuntamente, la caratterizzazione negativa o offensiva».
Insomma, Treccani registra l’uso della lingua, non propone modifiche. Però, siamo sicuri che nel nostro parlato non esistano altre espressioni in cui è presente la parola donna? Non diciamo frequentemente, giusto per fare qualche esempio: donna d’affari, donna di chiesa, donna di legge, donna di scienza e anche donna delle caverne? Viene il dubbio che non si tratti tanto di registrare il parlato ma di citare espressioni solo al maschile, associate alla parola uomo, perché il maschile viene considerato, erroneamente, inclusivo. Anche nel registrare l’uso della lingua c’è una componente di soggettività, di scelta. E qui torniamo all’uovo e alla gallina. Treccani registra il parlato, ma si sforza di registrare le modifiche al parlato visto che le espressioni donna di scienza o donna di legge sono fortunatamente oggi usatissime? E quanto a sua volta la lingua parlata può diventare meno misogina se Treccani e altri dizionari fossero più solerti a cogliere le modifiche e non si limitassero a ridondare come sinonimi di donna solo i sinonimi di prostituta?

L’Oxford Dictionary l’ha fatto e proprio grazie alle pressioni di una italiana, Maria Beatrice Giovanardi che, dopo una campagna basata sullo slogan I am not a bitch ha ottenuto che il prestigioso vocabolario di lingua inglese abbia aggiornato la definizione della parola woman e di altri termini sessisti. La donna, che oltre a essere umano adulto femminile, veniva definita come la moglie, la fidanzata, l’amante di un uomo e poi con tanti sinonimi di buona donna. Dopo le proteste è diminuita la ridondanza di sinonimi negativi ed è cambiata in termini inclusivi anche la definizione di uomo, che, come nel caso della donna, diventa oltretutto il partner di una persona (e non più solo di una donna) e si equiparano gli esempi, prima molto più numerosi per la parola uomo rispetto a quella donna, e decisamente meno sessisti.

Adesso Giovanardi dice che vuole svolgere pressioni simili anche verso i grandi dizionari italiani. Bene, siamo pronte a sostenerla perché crediamo che non è tanto importante chiedersi se venga prima l’uovo o la gallina, ma che le cose cambino!
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Articolo di Donatella Caione

Editrice, ama dare visibilità alle bambine, educare alle emozioni e all’identità; far conoscere la storia delle donne del passato e/o di culture diverse; contrastare gli stereotipi di genere e abituare all’uso del linguaggio sessuato. Svolge laboratori di educazione alla lettura nelle scuole, librerie, biblioteche. Si occupa inoltre di tematiche legate alla salute delle donne e alla prevenzione della violenza di genere.