Partendo da immagini presenti su riviste di larga diffusione e dal fenomeno dei concorsi di bellezza per bambine, l’articolo, scritto da studenti del Liceo di Scienze umane “Maffeo Vegio” di Lodi, intende presentare il pericolo di un’adultizzazione dell’infanzia, che strumentalizza giovanissime bambine o bambini per scopi commerciali o di gratificazione di genitori inconsapevoli o disinteressati a una crescita sana e adeguata delle proprie figlie o figli. L’articolo, abbinato al video https://youtu.be/RCiRJyTV8Ww, ha partecipato al concorso Ultimaora dell’Osservatorio Permanente Giovani Editori.
La foto è stata scattata per un servizio fotografico di un’importante rivista di moda: Vogue France. La bambina, al centro dell’immagine, siede su un’enorme poltrona; il sottile corpo della piccola ne occupa soltanto uno spazio esiguo. Lo sguardo è fisso sulla telecamera. Sul volto, pesantemente truccato, si dipinge un’espressione accattivante. Il corpo è stato sistemato in una posa sensuale. Ogni cosa in lei sembra dire “guardami”. Il suo viso è incorniciato da un’elaborata acconciatura, insolita per una bambina. Sul braccio destro è in bella mostra un grosso bracciale: il polso pare essere troppo minuto per indossarlo. Il lungo vestito di seta, color bianco e rosa perlato, ricade lungo il fianco sinistro della poltrona. Le gambe affusolate sfoggiano un décolleté nero dagli imponenti tacchi a spillo, arricchito da un cinturino brillantinato chiaramente troppo largo per le caviglie della piccola; ricorda un po’ quando le bambine si divertono a indossare le scarpe delle proprie madri e a giocare a “fare le donne”. Solo che stavolta non è più un gioco.
In psicologia, l’imitazione e l’identificazione sono due processi fondamentali nello sviluppo delle bambine/i: essi permettono l’acquisizione di valori, norme di comportamento e modelli positivi per la formazione dell’individuo. Se distorti essi portano però al plagio e alla strumentalizzazione dell’infanzia, che viene “adultizzata”.
Dietro le quinte di questa foto infatti, si cela un mondo. Un mondo illusorio, nel quale il canone di bellezza che domina nel regno pubblicitario viene stampato sui più piccoli. Un mondo in cui l’apparire belli costituisce un valore fondamentale e il piacere agli altri diventa il solo obiettivo da raggiungere. Un mondo quasi surreale, in cui la competizione, la tensione e la fame di popolarità, caratteristiche della moda adulta, diventano il veleno di anime giovani e innocenti, costrette così precocemente a mettere piede nel circolo vizioso della ricerca costante della perfezione. Questo è il mondo in cui una bambina viene introdotta col suo primo casting, col suo primo book fotografico, con la sua prima sfilata, come afferma nel suo documentato libro “Bellissime. Baby Miss, giovani modelli e aspiranti lolite” la giornalista d’inchiesta Flavia Piccinni.
Questa è una realtà più vicina a noi di quanto sembri: decine e decine di casting in cui bambine e bambini vengono selezionati per recitare in pubblicità televisive, per esibirsi in sfilate di moda… basta digitare “baby modelle” su internet per trovarsi di fronte a immagini di cinquenni dallo sguardo provocatorio e sistemate in pose accattivanti studiate per conquistare il vasto pubblico.
Ad affiancare il mondo della moda per l’infanzia, in quello che sembrerebbe un vero e proprio processo di adultizzazione “di massa”, troviamo il mondo dei celebri concorsi di bellezza per “baby-miss”. I più conosciuti sono sicuramente quelli americani; negli Stati Uniti questi eventi possono raggiungere livelli di competizione esagerati: da una tinta per capelli biondo platino e un trucco decisamente poco adatto a una bimba di 6 anni, alcune madri possono arrivare, nei casi più estremi, a imporre alle figlie di indossare bustini che assicurino loro un corpo dalla tanto amata “forma a clessidra”.
Il processo di adultizzazione è una vera e propria violazione dell’infanzia: costringere una bambina ad assumere gli atteggiamenti di una donna matura e, per di più, accentuando quelle pose ed espressioni del viso caratteristiche della seduzione, significa catapultarla in un mondo adulto al quale non appartiene e al quale, inevitabilmente, non sarà pronta. In queste condizioni la piccola si sviluppa prima del tempo, bruciando tappe fondamentali per la sana crescita della persona e rischiando così di creare disagi destinati a ripresentarsi col passare degli anni. I bambini vengono inoltre privati di una parte importante della loro fascia di età: il gioco. Spesso svalutato, il gioco rende possibile lo sviluppo della capacità creativa, inventiva, di simulazione e di differenziazione di ciò che è reale e ciò che non lo è.
Dietro alle bambine c’è sempre l’orma di figure più grandi, spesso le madri, che sviluppano come una dipendenza nei confronti delle figlie, spinte dal desiderio di farle vincere e apparire più belle delle altre. In loro cresce un senso di soddisfazione, la vittoria della figlia diventa la loro rivincita. Si tratta spesso di donne incomplete, che vedono la vita delle figlie come un prolungamento della propria e sfruttano l’opportunità di portare avanti attraverso di esse, quello che loro non sono riuscite a raggiungere. Madri che vedono nelle loro figlie una seconda possibilità, una rivincita personale. Esse proiettano sulle proprie bambine un desiderio inespresso, che priva però le piccole della possibilità di formare la loro personale identità, le condiziona nelle scelte, nello sviluppo e nella loro autonomia. È infatti importante per i genitori, che non si faccia confusione tra i propri sogni e i bisogni dei bambini/e. Diversamente verrebbe infatti completamente svalutata la persona in sé per assecondare i desideri di mamma e papà, facendo vivere alle bimbe/i una profonda sofferenza psichica e una superficialità relazionale.
Inoltre, poiché nell’infanzia non si è ancora in grado di elaborare con chiarezza ciò che ci circonda, la bambina o il bambino che si muove così precocemente in un ambiente come quello della moda, nel quale aleggia il culto dell’apparenza, va incontro al pericolo di interpretare la bellezza estetica come valore assoluto e, di conseguenza, cominciare a considerare il compiacere gli altri come unico mezzo per essere felice.
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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, coordina il gruppo diade e tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa Femminista Europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane sino al settembre 2020.