Avete mai pensato che i guai possano essere buoni e addirittura necessari? Questa era la filosofia di vita di John Lewis (Troy, Alabama, 21 febbraio 1940 – Atlanta, 17 luglio 2020), che diceva ad amici e familiari, colleghi e soprattutto giovani: «… quando vedi qualcosa che non va o non è giusto, devi fare qualcosa, devi parlare, devi metterti in mezzo.» Quando era un ragazzino a Troy, Lewis voleva diventare un ministro, un pastore battista, e faceva i sermoni ai polli nella fattoria di famiglia, rifiutandosi poi di mangiarli.
Sulla sua straordinaria vita e i suoi sessant’anni di attivismo per i Diritti umani proprio il mese scorso è uscito il documentario John Lewis: Good Trouble a cura della Apple che ha dichiarato di dare in beneficienza tutti i proventi.
Il 30 luglio, dunque, nella chiesa battista di Ebenezer, del grande pastore Martin Luther King Jr., è stato dato il penultimo saluto al deputato americano «la cui fede è stata messa alla prova ancora e ancora, ma tutto ciò ha prodotto un uomo di pura gioia e indistruttibile perseveranza» come affermato da Barack Obama nel suo discorso, proseguito con il racconto del percorso di Lewis come attivista per i diritti civili: «… membro dei Freedom Riders, capo dello Student Nonviolent Coordinating Committee, relatore più giovane alla marcia di Washington, leader della marcia da Selma a Montgomery, membro del Congresso per 33 anni e un mentore per i giovani. Fino all’ultimo giorno su questa terra, ha abbracciato le sue responsabilità e ha cercato di rendere l’America un posto migliore».
Lewis ha attraversato il famoso ponte fra Selma e Montgomery, in Alabama, anche nel 2015 tenendo per mano proprio Obama, il primo presidente afroamericano della storia che nel 2011 gli ha conferito l’alta onorificenza della Medaglia della libertà; entrato nel Congresso nel 1986 ne è diventato presto un’autorità morale: Nancy Pelosi, Presidente della Camera dei rappresentanti, lo considerava “la coscienza del Congresso”. Tanti i gesti simbolici compiuti in una vita di battaglie, come il discorso a sostegno dei Diritti LGBTQ contro il Doma (Defense of Marriage Act) che nel 1996 vietava i matrimoni egualitari e, tra gli ultimi, il boicottaggio della cerimonia d’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.
Prima dei funerali svolti in forma privata ad Atlanta (Georgia) con la presenza, tra le altre, degli ex Presidenti degli Usa Clinton e Bush, la bara di Lewis ha attraversato per l’ultima volta l’Edmund Pettus Bridge, dove durante il Bloody Sunday seguito alla marcia di Selma del 1965 fu picchiato dalla polizia riportando la frattura del cranio che, attraverso le immagini trasmesse in Tv, suscitò indignazione nel mondo intero. Otto giorni dopo il presidente Lyndon Johnson presentò il “Voting Right Act”, la storica legge che avrebbe garantito il diritto di voto a tutte le minoranze razziali.
«Mai e poi mai aver paura di fare un po’ di rumore e di mettersi nei guai, guai necessari». Dopo il caso Floyd, uno dei tanti che ancora si verificano, nonché i dati sconvolgenti relativi alla pandemia che evidenziano che le donne afroamericane abbiano, per esempio, il doppio delle possibilità di morire di parto rispetto alle donne bianche, la democrazia è attualmente sotto attacco e, come diceva Lewis, l’America dovrà difenderla con tutte le sue forze. E noi con lei!
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Articolo di Virginia Mariani

Docente di Lettere, unisce all’interesse per la sperimentazione educativo-didattica l’impegno per i temi della pace, della giustizia e dell’ambiente, collaborando con l’associazionismo e le amministrazioni locali. Scrive sul settimanale “Riforma”; è autrice delle considerazioni a latere “Il nostro libero stato d’incoscienza” nel testo Fanino Fanini. Martire della Fede nell’Italia del Cinquecento di Emanuele Casalino.