
Il Sudafrica è indipendente dal dominio inglese dal 1902, ma soltanto nel 1914 è stato formalmente riconosciuto e inserito nel Commonwealth britannico. Anche dopo la decolonizzazione, è rimasto forte il razzismo delle famiglie bianche e afrikaaner, discendenti dai coloni europei, nei confronti della popolazione nera originaria dell’Africa prima della conquista. Dopo la Seconda guerra mondiale, il National Party, partito al governo dal 1948 che rappresenta gli interessi degli afrikaaner, instaura un sistema segregazionista noto come apartheid: la popolazione nera è separata da quella bianca, privata delle proprie terre e e di ogni diritto civile e politico, chiusa in ghetti o riserve; le scuole sono distinte a seconda del colore della pelle; alla gente nera è impedita qualsiasi forma di partecipazione politica e tutti i partiti neri sono fuori legge. Qualsiasi opposizione e protesta contro l’apartheid è vietata e repressa in quanto tacciata di comunismo. Proprio con questa accusa nel 1962 viene incarcerato Nelson Mandela, un uomo internazionalista e di idee socialiste a capo del principale partito nero antisegregazionista, l’African National Congress (ANC).

Nel 1973 l’ONU dichiara l’apartheid «crimine contro l’umanità». Il governo razzista sudafricano è costretto a cedere e dimettersi. Nel 1990 arriva al governo Frederik Willem De Klerk. Immediatamente De Klerk interrompe la repressione verso i movimenti antisegregazionisti, legalizza i partiti neri e libera Nelson Mandela dal carcere di Robben Island, dove era rinchiuso da quasi trent’anni.

La tensione è forte e spesso la popolazione nera si ribella all’apartheid. Il razzismo finisce per danneggiare la reputazione del Sudafrica e isolarlo sul piano internazionale, fino all’espulsione dal Commonwealth.
Solo nel 1990 le donne nere ottengono il diritto di voto, mentre quelle bianche ne godevano già dal 1934. Il Premio Nobel per la pace del 1993 va proprio a De Klerk e Mandela per il lavoro di riconciliazione etnica che stanno portando avanti in Sudafrica. Con le elezioni del 1994, le prime svolte a suffragio universale maschile e femminile e senza distinzioni razziali, Nelson Mandela diventa presidente della Repubblica Sudafricana e De Klerk vicepresidente. Il nuovo governo sudafricano stringe rapporti diplomatici con Cuba e supporta il partito repubblicano irlandese Sinn Fein durante le difficili trattative con il governo di Londra sull’indipendenza dell’Irlanda. Nel 1999 Nelson Mandela ormai anziano lascia la presidenza.

La sua ultima battaglia è quella contro le multinazionali farmaceutiche e il loro monopolio sulla salute, per la quale ricompare sulla scena pubblica anche dopo il ritiro dall’attività politica. In Africa circa una persona ogni sei è affetta da AIDS, e milioni di queste persone non si possono permettere le cure necessarie: la pubblicità e i copyright posti dalle aziende fanno lievitare il prezzo dei prodotti medici, rendendoli quindi inaccessibili alla popolazione povera. L’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization, WTO) ha inoltre regalato all’industria farmaceutica il monopolio dei brevetti sui medicinali, ovvero ha stabilito il divieto per vent’anni di riprodurre il farmaco senza il logo della casa produttrice, stratagemma che ne abbasserebbe il prezzo. Questa regola ha fatto sì che il numero di decessi per AIDS dimezzasse negli Stati Uniti ricchi e quasi raddoppiasse in Africa. Il governo di Nelson Mandela non riconosce la regola posta dal WTO e nel 1997 vara il Medical Act, una legge che permette l’importazione e la produzione di farmaci generici contro l’AIDS (ovvero identici a quelli venduti dalle multinazionali ma senza il brevetto dell’azienda). Le multinazionali avviano una causa contro il governo sudafricano. Nel 2001, dopo un lungo processo cui hanno preso parte decina di organizzazioni non governative, le aziende si ritirano dalla causa e rinunciano al monopolio, e il Medical Act entra in vigore a tutti gli effetti: con la vittoria nel processo i farmaci in Sudafrica costeranno un terzo di prima. Nel frattempo, Brasile e Tailandia iniziano a seguire l’esempio sudafricano e a sfidare i divieti del WTO.

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Articolo di Andrea Zennaro

Andrea Zennaro, laureato in Filosofia politica e appassionato di Storia, è attualmente fotografo e artista di strada. Scrive per passione e pubblica con frequenza su testate giornalistiche online legate al mondo femminista e anticapitalista.