Efthymia Kanner, professoressa di Cultura e Società turca del Dipartimento di Studi della Turchia e Cultura e Società dell’Asia moderna dell’Università di Atene, è l’autrice del libro, uscito nel 2012, Gender-based Social Demands: From the Ottoman Empire to Greece and Turkey. The World of a Greek-Orthodox Female Teacher (Richieste sociali basate sul genere: dall’Impero Ottomano alla Grecia e alla Turchia. Il mondo di una Maestra greco-ortodossa).
Kanner è l’ospite del terzo incontro su Life Narratives and Gender: Voices of Women in the Near East and Eastern Mediterranean (Narrazioni di vita e genere: voci di donne nel vicino Oriente e nel Mediterraneo orientale), tenutosi ad Ankara, Turchia, il 26 maggio di questo anno (2021). Tale incontro, che comprende un arco temporale dall’ultimo quarto del XIX secolo fino al periodo interbellico tra le due Grandi Guerre, ha messo luce la soggettività di genere all’interno della classe media, in Grecia come nel “Vecchio Malato d’Europa”, l’Impero Ottomano, poi trasformatosi nella neo Repubblica di Turchia, sotto il governo di Mustafa Kemal Ataturk, padre della Turchia moderna. Tale periodo coincide con l’ascesa del culto modernista nell’Impero Ottomano e del Nazionalismo balcanico, ideologie che hanno successivamente portato alla dissoluzione dell’Impero, alla creazione degli Stati Nazione e alla progressiva occidentalizzazione della società, con l’integrazione del mercato internazionale e il consolidamento di burocrazie statali, fondate sul modello occidentale. Contemporaneamente si è assistito all’emergere e poi al successivo predominio del sistema dei valori della classe media, come l’ascesa sociale, le nuove forme di mercato, l’istruzione.
Queste trasformazioni socioculturali, da un lato portarono alla rottura della tradizionale rete di solidarietà e dunque vennero considerate un trauma per la maggior parte dei gruppi sociali, dall’altro favorirono la creazione di nuovi settori lavorativi, sia per gli uomini che per le donne, sostenendo così una maggior fluidità sociale ma anche un incremento della diffusione di donne “professioniste”, con la conseguente conformazione di nuovi movimenti sociali e politici.
Ed è proprio sulle donne e sui loro scritti che l’indagine della professoressa Efthymia Kanner si è fondata, analizzando le figure di Sotiria Kleomenous-Aliberti, Fatma Aliye, Halide Edib Adıvar e Nezihe Muhittin, con l’intento di dimostrare il nesso tra la soggettività e l’emergere del pensiero femminista nel Medio Oriente ed esplorando questioni metodologiche della soggettività della classe media, mettendola in relazione all’Illuminismo e al Romanticismo.
Nonostante le molteplici differenze tra queste quattro donne, per quanto concerne le origini sociali, le loro appartenenze politiche, le percezioni e idee riguardanti i diritti delle donne, esse sono caratterizzate da un substrato intellettuale comune, percepibile nei discorsi da loro formulati (tratti comuni rinvenibili nell’Illuminismo e nel Romanticismo). Accomunate anche dall’esperienza di essere donne in un contesto culturale, che, se pur si stava spingendo verso l’occidentalizzazione, continuava a condannare le scelte “personali” delle donne, mettendo in discussione la loro integrità morale. Ed è proprio il superamento di questi ostacoli posti dalla società, chiarisce la professoressa Efthymia Kanner, che presupponeva un forte senso di individualità e fede nell’intelligenza e nell’azione dell’essere umano, elementi cardine dell’epoca dei lumi, ed un conseguente e necessario controllo delle emozioni, considerato il modo più efficace per ottenere il superamento delle imposizioni poste dalla società.
Efthymia Kanner sottolinea come, nello stesso arco temporale, i circoli intellettuali dell’Impero Ottomano e dei Balcani avevano già familiarità con il Romanticismo, dove la percezione dominante del Sé veniva intesa come una sorta di controllo, rivelandosi il terreno ideale per l’espressione della propria individualità ma anche di idee alternative a quelle predominanti. L’amore romantico veniva dunque considerato come luogo di espressione di idee e sentimenti, come ad esempio relazioni spirituali, ma anche mezzo per esternare l’essenza nascosta del Sé, assieme a pensieri e sentimenti ritenuti proibiti, permettendo così alle scrittrici e agli scrittori di trovare un rifugio dalla realtà circostante.
Da questi concetti fuoriusciti dal Romanticismo e dall’Illuminismo, dall’idea del Sé e dell’importanza della propria individualità, assieme alla modernità nascente e al modello del “self made-man”, si sono andate a formare le femministe, proponendo l’idea di una donna self made, ritagliandosi un nuovo spazio nella sfera pubblica come in quella privata, producendo modelli innovativi di femminilità, richiamando all’educazione delle donne e incoraggiando il loro ingresso nel mondo del lavoro e un posto nel mondo intellettuale. A contribuire alla creazione di queste nuove figure femministe, un ruolo decisamente importante lo hanno avuto le auto-narrazioni delle donne, come quelle delle quattro donne analizzate da Efthymia Kanner, le quali hanno fornito un senso di identità femminista coerente e unico, che ha creato l’immagine di un Sé coeso.
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Articolo di Chiara Celeste Ryan

Nata a Roma, ha origini neozelandesi. Laureata in Scienze Storiche del Territorio e per la Cooperazione Internazionale all’Università di Roma Tre, frequenta il corso magistrale in Storia e Società. È appassionata di politica internazionale, storia e ambiente.