L’altra “Grassiedda”. Grazia Sanna Serra, scrittrice di Iglesias

In Sardegna un’altra scrittrice chiamata affettuosamente “Grassiedda” ― oltre alla celebre Deledda ― meriterebbe di essere ricordata: si tratta di Grazia Sanna, i cui libri tuttavia non sono usciti dall’ambito locale e attendono da molto tempo di essere ristampati e diffusi.

In vita sono comparsi tre romanzi, mentre di un quarto ci rimangono la trama e gli appunti indirizzati a uno sconosciuto Giovanni a cui confida le sue perplessità sui luoghi, le vicende e le tematiche trattate. Anche alcune poesie sono state ritrovate dalla figlia Maria Carmen, insieme ad un carteggio, il cui studio è stato affrontato da un’altra donna importante in questa vicenda: Laura Aru Pintus, curatrice di una bella mostra a Iglesias, in occasione della Fiera del Libro (22-25 aprile 2016). Dieci anni prima la cittadina natale l’aveva celebrata con un convegno nell’Archivio storico comunale dal titolo “La città raccontata da una donna: Iglesias nelle pagine di Grazia Sanna Serra”; durante l’evento era nata l’idea di un concorso letterario in suo nome, che sembra però non abbia avuto seguito.

I suoi libri

Ma veniamo a Grazietta; era nata dunque nella nobile ed elegante Iglesias (Sud Sardegna) il 19 ottobre 1915 ed era la figlia minore di una famiglia di commercianti di idee aperte; il padre gestiva una frequentatissima tabaccheria, la madre, di origini nuoresi, era stata amica dell’altra Grazia scrittrice illustre. Vivevano in una dimora storica, Casa Rodriguez, ancora oggi visibile nel centro urbano; poi si trasferirono a ridosso delle antiche mura medievali, in una villa circondata da piante di agrumi, dove attualmente risiede la figlia. In piena epoca fascista, i genitori non si facevano troppo condizionare dal regime e la lasciavano crescere libera di studiare, leggere, ascoltare musica, libera di uscire e persino di indossare il due pezzi in spiaggia, quando ancora era un indumento assai raro, per non dire proibito. Era una ragazza graziosa, dai bei capelli neri, dai lineamenti fini, come mostrano alcune fotografie in età giovanile. Aveva un carattere inquieto tanto che prima studiò presso il liceo musicale a Cagliari, che aveva deciso lei stessa di frequentare per la grande passione verso la musica e il pianoforte, poi lasciò per iniziare con altrettanta passione il corso per diventare infermiera. «Volli fare l’infermiera pediatrica: curarmi di dare a quegli occhi innocenti che mi guardavano quello che mancava e che cercavano», così ha lasciato scritto in appunti inediti. Si diplomò e cominciò dunque a lavorare presso la clinica pediatrica del prof. Giuseppe Macciotta a Cagliari.

Riguardo alla vita sentimentale, si sa che aveva avuto un amore che però non si concretizzò con il matrimonio; a più di 30 anni conobbe un ufficiale dei carabinieri, Luigi Serra, che sposò nel 1950. Grazia allora smise di lavorare per dedicarsi alla famiglia e due anni dopo nacque la loro unica figlia, Maria Carmen. Intanto cominciava saltuariamente a mostrarsi qualche sintomo del “male oscuro” che la accompagnò tutta la vita, un “male di vivere” ― così lo definisce la figlia ― che emerse vistosamente una diecina di anni dopo e tuttavia fu linfa vitale per le sue opere. Grazia infatti scrive, scrive, con entusiasmo e impegno, “febbrilmente”, come afferma lei stessa. «Togliermi di mano la penna è come togliere di mano il rosario a un santo», confessa ancora nei suoi appunti. Così prende vita il primo romanzo: Il regno dei Pintadu, ambientato fra Nuoro e la fascia marina presso il golfo di Orosei, dove da bambina soggiornava in estate, ospite della zia; un paradiso perduto davvero perché la finzione ricalca dei fatti realmente accaduti, cioè la triste fine di alcuni terreni di proprietà della famiglia sommersi dalle acque della diga sul fiume Cedrino. Evento da lei particolarmente sofferto e ricordato sempre con immenso dolore. Tuttavia, scrive nel testo, «anche i luoghi possono morire, ma […] nessuno può rubarne l’immagine a quelli che li hanno amati». La pubblicazione del romanzo non fu semplice: aveva contattato l’unico editore cagliaritano di allora per posta e per telefono, ma era stata ignorata; non si perse d’animo e decise di andare personalmente a incontrarlo. Grazie alla cortesia della moglie, si fece ricevere e gli fece leggere qualche pagina dell’opera; l’editore si convinse immediatamente e la stampò. Nello stesso anno della pubblicazione (1966) la scrittrice partecipò al premio Deledda con un secondo romanzo inedito, al momento intitolato A ciascun giorno il suo affanno, che fu segnalato dalla giuria, ma rimase senza alcun riconoscimento perché il premio non ricevette finanziamenti e fu sospeso. Questa opera, più compiuta e matura della precedente, pubblicata nel 1973 con il nuovo titolo I sudditi del dio rosso, è ambientata nell’Iglesiente, nell’Ottocento, e descrive la comunità locale nelle sue contraddizioni sociali ed economiche. Quello di Sanna non è un bozzettismo di maniera e le descrizioni riportano efficacemente i tratti della realtà cittadina, anche con le sue paure e i suoi personaggi fantastici, come Mamone, il dio rosso, che veglia sulla popolazione locale, ora amichevole e benevolo, ora beffardo e malvagio. La memoria si dipana con grande finezza psicologica e svela l’anima di questa città, «il senso di costrizione che comporta il dovere vivere in Villa di Chiesa, dove ognuno deve rendere conto agli altri di quello che fa e che non fa […]. Questo doverci frugare a vicenda dentro le saccocce […], il non poter vivere ciascuno a modo proprio. Il dovere riscuotere la stima altrui per poter respirare». Si comprende da queste parole il senso più vero del romanzo; si comprendono gli amori, le storie narrate, i personaggi, i luoghi, il carattere degli abitanti osservati con acume e ironia. Grazia non disdegna i toni forti e qualche parola e situazione scabrosa, di cui non si scusa affatto con chi legge, anzi, nell’introduzione afferma di non essere bigotta e di non scrivere «per i bambini e nemmeno per gli imbecilli».

Continuava nel frattempo a dedicarsi anche alla poesia, tanto che alcuni suoi componimenti ricevettero il premio città di Firenze. Partecipò ad un altro concorso con una successiva stesura del secondo romanzo e lei stessa ricordava un aneddoto curioso: il concorso (intitolato alla poeta sarda Mercede Mundula) in realtà era per racconti e poesie, quindi si era sbagliata nel leggere il bando, tuttavia la sua opera piacque a tal punto che la giuria “inventò” sul momento un premio, assegnandole la medaglia d’argento.

Nel 1974 due eventi la segnarono profondamente: prima il matrimonio, e quindi l’inevitabile distacco, della amata figlia, poi la morte del marito; l’età avanzava e la salute non sempre la sosteneva, ma Grazia, pur avvertendo il senso di vuoto e la solitudine, continuò a dedicarsi alle sue passioni: la lettura, la scrittura, la musica. Nel 1987 uscì la sua terza fatica, l’autobiografia Tutto un mondo all’obiettivo in cui racconta della propria famiglia, di sé e del suo ambiente in maniera viva e spontanea, con uno stile volutamente “basso”, radicato nella tradizione orale, ma capace di sollecitare l’interesse e la partecipazione di chi legge; in seguito amava rivedere e rielaborare quanto già realizzato e che a lei, evidentemente, sembrava spesso non concluso.

La quarta opera era rimasta nel cassetto, forse perché non ne era convinta fino in fondo; la vicenda era ambientata a Cagliari, nella clinica pediatrica in cui aveva lavorato in gioventù; tuttavia, essendo passato parecchio tempo, non era più sicura delle cure e della condizione di malati e medici, ma non voleva commettere errori nel testo. Ci teneva a sottolineare ― nella lettera al signor Giovanni ― che le protagoniste Benedetta e Maria Passione non erano riferibili a lei stessa e la situazione narrata non era autobiografica, anche se incentrata su un mondo che aveva ben conosciuto e amato.

Grazia Sanna è venuta a mancare là dove aveva sempre vissuto il 9 febbraio 2000.

Pur essendo stata apprezzata e stimata, pur avendo ottenuto lusinghieri giudizi e premi di varia natura, è rimasta una scrittrice pressoché sconosciuta, anche alla stessa popolazione sarda; nel 2016 il secondo romanzo ha avuto una piccola riedizione a uso locale, ed è un vero peccato. Anche le biblioteche pubbliche sono per lo più sfornite delle sue opere, come abbiamo potuto verificare. Probabilmente quando era il momento giusto, Grazia non trovò chi le desse fiducia e la “lanciasse” come meritava nel mercato nazionale della carta stampata. Speriamo che qualche casa editrice sensibile e attenta decida di riscoprirla, anche per rievocare le affascinanti atmosfere della città natale.

In occasione della mostra del 2016, il comune di Iglesias (l’antica Villa di Chiesa) le ha intitolato la piazza del castello Salvaterra; tre anni dopo, il 16 novembre 2019 è stata ripristinata la targa commemorativa durante una cerimonia pubblica. Il 20 aprile 2017 è stato presentato un libro composto da testi poetici inediti e intitolato (come Grazia Sanna avrebbe voluto) Desiderio di poesia. Il 9 luglio 2020 le è stata dedicata la sala presentazioni della biblioteca comunale.

La biblioteca comunale di Iglesias

Una curiosità per le/i bibliofili appassionati: il primo romanzo, Il regno dei Pintadu, nell’edizione originale di Guido Fossataro, con prefazione di Marcello Serra (autore del ricco volume Sardegna, quasi un continente), oggi si trova in rari esemplari; volendo acquistarlo, in copia con dedica autografa della scrittrice, è reperibile sul mercato in internet.

«I miei occhi finiranno
come fa ogni cosa nel mondo,
ma i colori resteranno
perché non li ho amati
soltanto con gli occhi».
(Dalla poesia Se me ne devo andare)

***

Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

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