La mia tesi di Master dal titolo Salute, diritto e cultura: l’ostetrica legale e forense nell’approccio alle mutilazioni genitali femminili inizia con questa riflessione: «La prima volta in cui sono entrata in contatto con le mutilazioni genitali femminili (Mgf) ero una studente di Ostetricia al primo anno nel Reparto di Ginecologia. Sapevo che in una stanza si trovava una donna che avrebbe dovuto sottoporsi a un intervento di deinfibulazione con ricostruzione delle grandi e piccole labbra mediante chirurgia plastica. Per riuscire ad arrivare a un passo così importante era stata in cura da uno psichiatra per ben dieci anni. […]
L’anno dopo, invece, durante una visita ginecologica a un’ex prostituta proveniente dall’Africa Sub-Sahariana, ho notato che la nostra paziente aveva una strana cicatrice sul prepuzio e le mancava completamente il clitoride, perciò ho chiesto alla ginecologa se si fosse accorta dell’anomalia. A quel punto lei mi ha risposto che la nostra signora aveva subìto una mutilazione genitale di II tipo, quando era bambina, nel suo Paese d’origine.
Entrambi gli episodi sono stati per me molto significativi, in quanto sono entrata in contatto con un fenomeno che non avevo mai conosciuto così da vicino e soprattutto che non ero mai riuscita a comprendere fino in fondo».

Nel 2013 ho concluso il Master di Primo Livello in Infermieristica e ostetricia legale e forense presso l’Università degli Studi di Siena con una tesi compilativa in cui mi sono posta l’obiettivo di parlare del tema delle Mgf omettendo qualunque giudizio, cercando di approfondire la radice culturale del fenomeno e mettendolo in relazione ai diritti che ciascun individuo/a acquisisce al momento della nascita. Può una tradizione antichissima e tribale cancellare i diritti delle donne e delle bambine in tutto il mondo? Può un’usanza essere considerata un’attenuante anche dal punto di vista giuridico? Ho cercato di dare una risposta a queste e molte altre domande nel corso della stesura della mia tesi.
Il primo capitolo vuole dare a tutti/e un’infarinatura su come e quando sono nate le Mgf, in che Paesi vengono maggiormente eseguite e dissociarsi dall’idea che siano una pratica legata alla religione islamica. Con delle tavole anatomiche sono descritti i quattro tipi di mutilazioni, secondo la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Si analizzano anche le conseguenze sulla salute psico-fisica femminile che vanno dal rischio di emorragia e di infezioni alla morte per dissanguamento o setticemia.

Il secondo capitolo mette in relazione la cultura e i diritti umani: la cultura è definita come un insieme di conoscenze, credenze, costumi acquisiti da un individuo come membro di una società, mentre i diritti umani sono quei diritti di cui ogni persona è titolare dalla nascita per il solo fatto di appartenere alla specie umana e nessuna legislazione può metterli in discussione.
Quando si parla di Mgf, la cultura e i diritti umani sono in seria contrapposizione, poiché da una parte si trova una tradizione consolidata da moltissimi secoli e dall’altra una serie di diritti elementari che vengono negati a chi vi si sottopone. Tra questi rientrano il diritto alla vita, all’integrità psicofisica, al non subire trattamenti inumani e degradanti e all’istruzione, poiché molte bambine lasciano la scuola dopo essere state mutilate.
Si definisce reato culturalmente motivato quel crimine commesso da un soggetto appartenente a un gruppo culturale di minoranza che è considerato illecito dall’ordinamento del gruppo culturale di maggioranza. In parole povere, una persona immigrata in occidente da Paesi che praticano le Mgf pensa di rispettare la propria cultura, ma nel frattempo si macchia di un reato perseguibile penalmente.

Come agire in questi casi? Non esiste una risposta definitiva. Ci sono Paesi come la Francia, dove la cultura non ha alcuna rilevanza giuridica e l’imputato/a viene giudicata senza tener conto del suo gruppo sociale di appartenenza. In Inghilterra, invece, si riconosce un trattamento giuridico differenziato al fine di tutelare le minoranze e non cadere nella discriminazione.
In Italia era stata prospettata la possibilità di ricorrere a un rito alternativo per le bambine a rischio di subire una mutilazione genitale nel proprio Paese di origine. Sono stati due medici di Firenze, Abdulcadir Omar Hussen e Lucrezia Rita Catania, a suggerire di eseguire in ambulatorio una puntura del clitoride per far fuoriuscire delle gocce di sangue simboliche con l’utilizzo di una crema anestetica. Le critiche che si sono sollevate sono state moltissime e all’interno della mia tesi si possono trovare sia le motivazioni a favore che quelle contrarie a questa proposta, per consentire a chiunque di avere una visione completa e imparziale della diatriba.
Nel terzo capitolo si esaminano le legislazioni in merito alle Mgf sia europee che internazionali, con un approfondimento della nostra Legge n. 7 del 9 gennaio 2006 Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile.
L’articolo 1 definisce le mutilazioni genitali come violazioni dei diritti fondamentali dell’individuo/a e l’articolo 2 prevede il coordinamento di attività volte alla prevenzione, all’assistenza alle vittime e all’eliminazione delle pratiche di Mgf. L’articolo 3 predispone campagne informative e di sensibilizzazione da divulgare alle persone immigrate da paesi a tradizione escissoria. È proprio questa legge a inserire l’articolo 583-bis all’interno del codice penale, che punisce chiunque pratica una Mgf con la reclusione da quattro a dodici anni. L’articolo 583-ter, rivolto agli/alle esercenti una professione sanitaria, prevede la pena accessoria dell’interdizione dall’esercizio della professione da tre a dieci anni per chiunque esegua una mutilazione genitale.

Il quarto capitolo si concentra sul ruolo dell’ostetrica nell’assistenza alla donna vittima di Mgf. Il comportamento dell’ostetrica si fonda sul rispetto dei diritti umani e il suo obiettivo primario è proprio la tutela della salute femminile in ogni età. Sia l’Oms che il Ministero della Salute hanno pubblicato delle raccomandazioni per gli/le operatrici sanitarie che si occupano della salute delle donne e possono trovarsi di fronte a casi di mutilazione genitale.
Una corretta formazione del personale sanitario è fondamentale affinché la persona possa sentirsi al sicuro e non giudicata. Molte pazienti si rivolgono a strutture sanitarie per le gravi conseguenze della mutilazione sulla loro salute oppure quando sono in gravidanza. L’intervento di deinfibulazione è necessario per garantire il corretto espletamento del parto ed evitare sequele sia per la madre che per il nascituro/a.
In conclusione, ribadisco l’importanza del non-giudizio, dell’ascolto empatico, del rispetto dell’altro/a e della comunicazione. Solo in questo modo si potranno porre le basi per un cambiamento, per aiutare chi ha già subìto la mutilazione e per impedire che accada ad altre donne e ad altre bambine. Puntare il dito, giudicare, sentirsi superiori serve solo a costruire muri e barriere.

L’intento della mia tesi è proprio quello di entrare in un mondo a noi sconosciuto e non avere paura del “diverso”; solo se si comprende un fenomeno si può lottare insieme alle donne e agli uomini puntando alla sua eradicazione.
Qui il link alla tesi integrale: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/138_Uboldi.pdf
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Articolo di Elisabetta Uboldi

Laureata in Ostetricia, con un master in Ostetricia Legale e Forense, vive in provincia di Como. Ha collaborato per quattro anni con il Soccorso Violenza Sessuale e Domestica della Clinica Mangiagalli di Milano. Ora è una libera professionista, lavora in ambulatorio e presta servizio a domicilio. Ama gli animali e il suo hobby preferito è la pasticceria.
L’articolo è molto interessante, grazie. Sono scettico riguardo al relativismo culturale perché, pur nel rispetto delle altrui tradizioni, riteniamo per esempio che la democrazia dovrebbe essere esportata ovunque e la schiavitù abolita. Le mgf sono intollerabili ovunque, eppure tolleriamo nel nostro Paese la circoncisione maschile che, por non avendo neanche lontanamente le conseguenze della mgf, è comunque una violenza gratuita compiuta sul corpo di un neonato. Insomma: si tagliuzzano le persone perché “così vuole dio”: francamente mi pare paranoico.
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