Nella nostra esplorazione della tradizionale gastronomia toscana stiamo per affrontare l’utilizzo delle verdure e dei legumi, qui molto spesso ingredienti fondamentali delle zuppe. Parliamo della bietola, dei fagioli, del cavolo nero, della verza, del porro, dei ceci, della zucca, a cui si uniscono naturalmente patate, carote, zucchini e vari prodotti dell’orto. In inverno si accompagnano assai bene alle carni di maiale gli spinaci o le rape ripassate in padella con olio buono e aglio; da non sottovalutare la frittura, con o senza pastella. Da noi si dice che fritta è buona anche una ciabatta, ed è vero: zucchini, mazzetti di fagiolini già scottati, melanzane, cipolle, finocchi, carciofi, ciuffetti di cavolfiore. Ma forse non avete mai sentito parlare dei “fiori di cascia”! Si tratta in realtà dei bei fiori profumati della acacia, che sono commestibili e quindi si possono immergere in una pastella di farina, sale, acqua e uova, per essere poi fritti in abbondante olio.
Una verdura invernale parecchio utilizzata e versatile è il cardo (o cardone o gobbo) che ha bisogno del freddo, come le rape, per diventare bianco e perdere l’amarognolo. Per prima cosa si lessa a pezzi (magari con un goccio di aceto perché l’odore in cucina sia meno sgradevole), quindi si mette a bagno in acqua con fette di limone perché non annerisca. Poi si può friggere, rifare in umido, utilizzare per sformati e gratinature; a me piace anche in un modo semplice, che diventa un secondo piatto: si dispongono i pezzetti in una teglia da forno appena unta, si uniscono salsicce a tocchetti (anche sbucciate, volendo) e si versa del latte, poco sale e pepe. Il latte evaporando addolcisce il cardo e crea una bella unione con il gusto saporito delle salsicce. Addirittura ho trovato una ricetta tipica del Mugello in cui i cardi lessi si friggono, poi si mettono in una padella con aglio tritato, pomodori e sale; si fa ritirare il sughetto, quindi (alla faccia della cucina povera…) si versano uno o più uova sbattute per concludere con una strapazzata generale. Qualcosa di simile si fa nel Pratese con i sedani (o coste), che, una volta lessati brevemente, vengono imbottiti a due a due con un impasto simile a quello delle polpette di carne, poi fritti e quindi ripassati in umido.
Dopo questi intingoli assai complessi tanto da diventare “piatti unici” da abbinare a belle fette di pane sciocco, vorrei invece proporre due contorni tipicamente toscani, molto più facili, ma gustosi e di sicuro successo.

Il primo è la carciofata che si lega ai ricordi dell’antico mondo contadino, per cui occorrono pochi ingredienti: carciofi puliti e fatti a spicchi, tonno sott’olio, cipolla, vino bianco, aromi dell’orto (salvia, rosmarino) e, tocco decisivo, capperi sott’aceto e grappa. Si rosolano i carciofi in padella (6 per 4 persone), si sala e si pepa a piacere, si uniscono la cipolla e i capperi tritati (bastano 30 g. circa) e il tonno sbriciolato (circa 3-350 g.); bagnare via via con il vino bianco e unire gli aromi. Da ultimo versare un bicchierino scarso di grappa, alzare la fiamma e lasciare evaporare. Si può mangiare sia caldo che freddo; evidentemente le massaie lo preparavano in anticipo, prima di andare nell’orto o nel campo, così chiunque tornava dal lavoro trovava un piatto saporito, completo e nutriente. Badate che il risultato è davvero “molto” saporito e poco adatto a bambini e bambine.
Un contorno di cui mi ha parlato un’amica di Grosseto era cucinato in estate dalla sua mamma che aveva una bottega e, una volta rientrata a casa, aveva poco tempo, così preferiva trovare qualcosa di già pronto. Metteva delle larghe fette di pane raffermo, magari anche tostate e passate con l’aglio, in un vassoio piuttosto profondo e sopra versava i fagiolini lessi con un pochino della loro acqua di cottura, condiva bene con aglio e prezzemolo tritato e un giro di olio buono. Bastava poi cuocere un uovo, affettare del prosciutto o abbinare delle belle alici (o acciughe) sott’olio conservate con largo anticipo, e il desinare per la famiglia era in tavola.

Ho lasciato per ultimo un contorno speciale, che a casa mia va per la maggiore; purtroppo è un piatto caldo che si concilia male con la stagione estiva in cui crescono i fagiolini stringhe (o serpenti) da fare in umido, sconosciuti quasi del tutto fuori dalla Toscana, ma addirittura legati soprattutto alle province di Pistoia, Lucca, Firenze, Prato. Si tratta di fagiolini molto gustosi, lunghi più del doppio di quelli ben noti, che vengono venduti a mazzetti; vanno lavati e spuntati alle due estremità. Come sempre, ogni famiglia ha le sue ricette che perfeziona nel tempo, anche secondo il palato dei commensali; io li preparo da crudi nella pentola a pressione in una versione veloce e consolidata. Si mettono a freddo nella pentola con olio e tanta cipolla a fettine; per un mazzetto unisco un barattolo medio di pelati a pezzetti (oppure pomodori freschi ben maturi). Dovendo dare dei numeri, direi per 400 g. di fagiolini, 250 g. di pomodori. Possibilmente i fagiolini non vanno tagliati, anche se poi è un po’ scomodo mangiarli, rischiando a ogni boccone di macchiare vestiti e tovaglia! Si sala e si pepa secondo il gusto e si mescola il tutto. Io aggiungo anche del prezzemolo tritato. Si possono unire delle carote a pezzi grossolani, se piacciono. Se usate la pentola a pressione, dal fischio aspettate 20 minuti, altrimenti occorreranno 40-50 minuti (ma sarà bene assaggiare la consistenza e il sapore). Se avessero fatto del liquido in eccesso, non lo eliminate! Usatelo per arricchire un minestrone o per rifare i fagioli lessi o per inventare un rapido sughetto per la pasta. Altre ricette prevedono un soffritto con aglio, sedano, carota e cipolla, altre ancora uniscono dei funghi secchi e/o dello spezzatino di carne. Una tradizione pistoiese vede questo piatto abbinato con l’anatra muta, specie in concomitanza con la festa del patrono san Jacopo, il 25 luglio.
Se a questo punto non avete l’acquolina in bocca, allora per voi non c’è speranza…
In copertina: fiori di acacia fritti.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne