Carissime lettrici e carissimi lettori,
Bis, dal latino «due volte». Il vocabolario solitamente la usa come «un’esclamazione con cui in spettacoli, concerti o simili si chiede la ripetizione di un numero, di un’esecuzione, o anche una nuova esibizione dell’artista». Si concede un bis, si chiede un bis. L’avverbio si estende anche ad un uso più familiare, quotidiano che indica il fare una cosa per una seconda volta. Allora diciamo di voler fare il bis di un buon piatto a tavola, di una ulteriore fetta di torta, di un primo di una pasta ben condita che ha colpito piacevolmente il nostro palato!
Poi bis ha la«funzione attributiva, di cosa che si ripete, uguale o analoga alla prima, o che si fa per la seconda volta; spesso anche aggiunto a un numerale, per indicare un’unità che si inserisce tra due successive ripetendo il numero della prima: a pagina 48 bis; l’articolo 4 bis (o 4° bis) del regolamento. In particolare – aggiunge e chiarisce il vocabolario – nei trasporti ferroviari, treno bis, treno supplementare che in giorni di grande affollamento viene fatto viaggiare a breve intervallo di tempo da quello normale, con la stessa percorrenza; analogamente per altri servizî di trasporto: corsa bis». (Treccani)
Da otto giorni il bis lo abbiamo sentito e risentito riguardo alla politica. Unito al nome dell’istituzione più alta della nostra Repubblica. Sergio Mattarella, anzi Mattarella bis, è stato eletto sabato scorso dopo una serie di votazioni a vuoto (più o meno concordate, ma sicuramente frutto di una discordia di base) e nonostante le ripetute raccomandazioni dell’ex Presidente (poi diventato bis) di non duplicare il suo mandato. «Sono vecchio – aveva pubblicamente confidato a una scolaresca, forse unica che pensava capace di veicolare il suo messaggio – e voglio riposarmi». Un no di Mattarella voluto anche per ragioni costituzionali perché più volte il Presidente ha insistito sulla non rieleggibilità al Colle. Seppure, bisogna dirlo per onestà, Mattarella stesso propose la seconda elezione di Luigi Scalfaro, poi non ripetuta.
Invece la realtà, come nell’adagio famoso, ha superato la fantasia, i progetti.
Giovedì hanno suonato le campane di Montecitorio, dopo aver taciuto per i sette anni di rito, sul monte citatorio che non fa parte dei famosi sette Colli di Roma. Gli antichi romani secondo alcuni tenevano qui le assemblee elettorali da cui il nome mons citatorius, per altri, invece, sembra sia stato formato dallo scarico dei materiali di risulta della bonifica del Campo Marzio (mons acceptorius). Poi è arrivata la macchina del Presidente, bis di sé stesso, suo malgrado, ma consenziente per dovere di Patria. Il Presidente ha giurato davanti alle Camere riunite: 38 minuti di un discorso alto, partecipato intervallato da 52 interruzioni di applausi, l’ultimo lungo ben 4 minuti. Ha parlato soprattutto di dignità del Paese toccando argomenti importanti, imprescindibili. Dalla Giustizia al rilancio dell’economia, alla sanità, alla protezione dell’ambiente. Ma soprattutto Mattarella ha parlato della dignità di un Paese se questo elimina le disuguaglianze, protegge le minoranze, elimina la violenza contro le donne, dà la possibilità di lavoro alle donne che scelgono di avere figli, rinnova il sistema carcerario, fa leggi eque sull’immigrazione, è contro la tratta degli esseri umani e dei nuovi schiavi, favorisce il diritto allo studio dei giovani, protegge e non lascia sole le persone anziane. Per tutto questo ci sentiamo di ringraziare il Presidente Mattarella!
In effetti questa non è la prima volta che un presidente viene rieletto. C ’è stato già un Napolitano bis, ma era tutta un’altra storia. Il Presidente Sergio Mattarella – come è stato giustamente osservato – è stato voluto la seconda volta dal basso, dal popolo, dalla gente, che lo ha percepito come una sicurezza nell’insicurezza evidenziata dai partiti.
Si parlava di una donna al Colle. «Non una donna qualunque», diceva qualcuno. Però, l’eventuale donna al Quirinale, si è poco materializzata e giorno dopo giorno l’idea ha sembrato dar ragione alla scrittrice e comica Serena Dandini che, semi-seria, tempi addietro aveva detto: «viene presentata così la serie dei nomi: Berlusconi, Draghi o una donna, come dire Berlusconi, Draghi o …un dromedario». «Mi indigna questa cosa» diceva Dandini nel suo intervento, perché è vero, sapeva “di donna a caso”, un’alternativa che apparterrebbe al bisogno generico di quote rosa e non ha un’esigenza paritaria tra persone valide a salire a un luogo apice delle istituzioni!
La professoressa Amalia Ercoli Finzi, martedì sera interpellata sulla “sconfessione” delle due Elisabette, Casellati e Belloni, a questo proposito ha letteralmente esploso il suo disappunto: «è stata una cosa terribile – ha detto – perché queste povere donne sono state mandate allo sbaraglio. Io dico la verità: mi sono vergognata, ho sentito veramente la presenza di un assurto maschilismo latente, ma sovrano, che assolutamente prendeva le donne come oggetto e le buttava lì in maniera che tutti si rendessero conto che non erano all’altezza e quindi venivano eliminate e io dico alle altre donne, alle mie sorelle, perché noi donne siamo tutte sorelle, state attente alle prossime votazioni che saranno di qui a breve. Fra non più di un anno avremo le votazioni, allora potremo decidere chi mandare in Parlamento, chi mandare a rappresentarci tenendo conto di quelle che sono state le dichiarazioni avvenute in questo momento». Una donna di tutto rispetto la professoressa Ercolini Finzi (classe 1937) che è di esempio e incoraggiamento per tante ragazze che volessero intraprendere gli studi per le cosiddette professioni Stem. É stata la prima donna a laurearsi in Ingegneria aeronautica in Italia ed è professoressa emerita al Politecnico di Milano, dove è stata la prima donna nella storia ad inaugurarne l’anno accademico. Ha diretto la missione Rosetta che, nel 2014, ha portato una trivella, progettata da lei, su una cometa a 500 milioni di chilometri dalla Terra e, da quando è andata in pensione, è consulente per Esa e Nasa. É stata definita“un gigante della scienza e della tecnologia spaziale” e per questo le hanno intitolato da poco uno dei due Rover europei che fanno parte diExoMars 2022. Ad un’altra donna, a Rosalind Franklin, chimica inglese che per prima fotografò la struttura a doppia elica del Dna, è stato intitolato l’altro Rover: «È una notizia bellissima, che mi onora e che spero possa incoraggiare le giovani scienziate – ha dichiarato ai giornalisti Ercoli Finzi e a noi fa molto piacere riportarlo -. È davvero molto bello che i due Rover siano stati intitolati a due donne. Io resterò a Terra ad aiutare quella che sarà su Marte, una donna vittima dei suoi colleghi e che non ha avuto il riconoscimento che meritava». Davvero esemplare e decisa, a favore della parità di genere.
Mentre prepariamo questo editoriale un’altra donna, invece, ci lascia per sempre, allungando la triste lista delle tante che in questi mesi hanno impoverito il nostro mondo culturale, da Carla Fracci a Milva all’indimenticabile Piera Degli Esposti, alla sua carissima amica Lina Wertmuller, a Franca Valeri e a Raffaella Carrà. Si chiamava Maria Luisa Ceciarelli, classe 1931, ma conosciuta universalmente come Monica Vitti, un’attrice che ha dato lustro all’Italia in tutto il mondo tanto che il giornale Libération le ha dedicato un’intera pagina di apertura e altre cinque pagine a seguire. Ha recitato con registi del calibro di Michelangelo Antonioni, del quale era stata compagna di vita, e vincendo i premi più belli che un’attrice potesse desiderare, dai David (ben cinque) al Leone d’oro alla carriera. Di lei si è detto che ha rappresentato la crisi della donna moderna: «un personaggio unico che ha cambiato il modo di essere donna sullo schermo. Prima di lei le attrici si misuravano con le forme, erano le maggiorate. Dopo di lei è cambiato tutto perché Vitti è stata capace di dare una forma precisa all’irrequietezza delle donne, all’infelicità che in qualche modo le donne si portavano dentro, all’incomunicabilità. Ma la cosa straordinaria che Vitti ha saputo mantenere è questa specie di insoddisfazione sottopelle che dava forza ai suoi personaggi, al cambiamento dell’Italia di allora, quella degli anni sessanta e settanta, anni di grande mutamento e anche di cambiamenti delle donne».
Poi ci sono gli altri, tristi discorsi, che riguardano le donne, di tutte le età. Parlano ininterrottamente di violenza: di stupri e di femminicidi. Non c’è anno che inizi che ponga un punto di chiusura a situazioni così brutte. Un giornale ha pubblicato un triste bollettino. Riguarda i femminicidi accaduti nel nuovo anno. I numeri ci dicono che a morire ammazzate da un uomo sono sempre di più donne adulte (seppure l’ultima aveva appena 24 anni). Ma leggendo una statistica di queste uccisioni durante il 2021 risulta che ben 34 donne erano superiori ai 65 anni, ventotto erano nella fascia d’età tra i 45 e i 65 anni, ben 27 erano al di sotto dei 45 anni e solo 9 erano quelle giovanissime. Da fine dicembre a questo primo mese del 2022 gli uomini hanno ucciso donne tutte intorno ai 70 anni!
Abbiamo parlato la volta scorsa delle indagini, lunghe già un anno, su quello che è successo nel Capodanno della festa proibita di Primavalle. Tanti ragazzi e ragazze, tutti/e giovanissime/i e di provenienza sociale molto diversa (ma con un modo identico di uso del linguaggio) soggiogati da alcool, droghe e altro ancora, probabilmente (dobbiamo dirlo per correttezza) abusano di una ragazza non lucida e quindi non consenziente. Ma la cronaca di oggi duplica il fatto di ieri. Un altro gruppo di adolescenti qualche giorno fa si allontana (nel senso non solo fisico) dalla scuola e si ritrova a perpetuare il rito dell’eccessiva confidenza dell’alcool e consumano sesso, imposto e non fonte di conoscenza tra loro.
Di questo abbandono bisognerebbe parlare. Si è detto che questi ragazzi e ragazze sono soli/e privi e prive di adulti di riferimento che indichino loro le regole, il rispetto per queste, l’educazione all’osservanza della legge. Che si tratti di lockdown o di mascherine da indossare o di non abbandonare la scuola, per non parlare, ad un’età così giovanile, dell’abuso di alcool e droghe.
Con la latitanza della famiglia, potrà essere forse la scuola ad indicare una strada, valida, può educare alla bellezza. Ma ne continueremo a parlare.
Per la poesia di oggi vi propongo una delle tante bellissime del mio professore di lingua e letteratura russa Angelo Maria Ripellino (1923-1978), per me indimenticabile. Autore di splendidi saggi di letteratura e di poesia, critico teatrale raffinato, docente a tutto tondo, trasmettitore di cultura, interdisciplinare per eccellenza. Ripellino è stato anche un poeta o, sarebbe meglio dire, era un poeta. Lo era in tutti i suoi scritti, dal suo Praga Magica città che ci fa amare come un viatico da turista colto e innamorato, alla lettura teatrale di Majakovskij e il teatro russo d’avanguardia per finire ad arrampicarsi sulla bellezza di un altro suo testo che possiamo ed è realmente stato giudicato teatrale, Il trucco e l’anima: “Quasi respirando odor di tinta/vi siete cancellato per il trucco/il nome di questo trucco è l’anima”. (B.L.Pasternak)
Questa sua poesia, tratta dalla raccolta Notizie dal diluvio (Einaudi 1968) mi è apparsa positiva, ottimista e tenera
Vorrei…
Vorrei che tu fossi felice, cipollina, vorrei
che tu non conoscessi il cane nero della sventura,
quando sarai uscito dal blu dell’infanzia.
Vorrei che tu non debba portare bazooka,
che non debba tremare nel folto di un bombardamento
che tu non debba pagare per le mie colpe
né vergognarti di me, del mio cicaleccio
e dei miei vani versi e della mia professura.
Vorrei che tu non fossi mai gramo o malato
o maldestro come Scardanelli,
vorrei vivere nella tua voce, nei tuoi gesti, nei tuoi occhi
anche quando mi avrai dimenticato.
(da Notizie dal diluvio)
Non ti abbiamo dimenticato Professore! Buona lettura a tutte e a tutti
Presentiamo ora la rivista. Françoise d’Eaubonne, pioniera francese dell’ecofemminismo, pensatrice cui si deve il temine “fallocrazia”, è la prima donna di Calendaria che presentiamo questa settimana. La seconda è la bulgara Dora Gabe, poeta, traduttrice, scrittrice, autrice di testi per l’infanzia. Lasciamo la Bulgaria per l’Italia e per la prossima capitale della cultura: «Se si dovesse scegliere una personificazione di Procida da poter presentare a chi ancora non l’ha visitata, Concetta Grasso Barra ne sarebbe l’esempio più adatto: minuta e asciutta ma con una variopinta espressività». Così inizia l’articolo Una donna è un’isola: omaggio a Concetta Barra, che ci fa conoscere questa cantatrice ed attrice eccezionale.
Da questo numero iniziamo una nuova serie, La donna nell’antico Giappone. Imperatrici, scrittrici, guerriere, con la bellissima scoperta che vede la società giapponese più antica come una società tribale matriarcale, in cui la successione avviene per linea femminile con molte donne alla guida dei loro clan.
Per la serie Viaggiatrici del Grande Nord in Léonie d’Aunet, una parigina al Polo accompagniamo nel suo viaggio verso le isole Svalbard la curiosa francese che abbiamo imparato a conoscere nel numero scorso della nostra rivista, tra aurore boreali, incanti, ignoto perturbante e scomode traversate di mare e di terra.
Abbiamo da poco ricordato la giornata della memoria, ma l’orrore del nazifascismo non si deve mai dimenticare. Per la Sezione Le Storie Andata e ritorno dall’inferno: Piera Sonnino ci racconta la vicenda di un’intera famiglia sterminata nel lager di Auschwitz, attraverso la testimonianza dell’unica sopravvissuta.
Gli anniversari di questo numero sono raccontati in due articoli: La nascita del romanzo sociale inglese: Charles Dickens, che ci guida a ripercorrere le tappe della vita e della produzione letteraria di un autore fondamentale della letteratura inglese, di cui ricorrono 210 anni dalla nascita. L’11 febbraio è stato dichiarato Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza dall’Assemblea generale dell’Onu. Tra le tante donne che hanno dato grandi contributi in questo campo c’è Marie-Anne Paulze Lavoisier, chimica, di cui ricorre in questa settimana l’anniversario della morte e che è riconosciuta e ricordata in tutta Europa come la divulgatrice della nuova chimica.
Ad alcune donne è toccata la sorte di essere primatiste ma questa volta per eventi tragici, come leggerete nell’articolo I tristi primati delle donne, figure femminili la cui storia deve essere raccontata, perché sia resa loro giustizia.
C’è una tacita conventio ad excludendas mulieres nella nostra società. Cambiamo discorso. Intervista a Marina Turchetti riferisce di una serie di incontri online iniziati nel 2020 e proseguiti nel 2021 con cadenza mensile, organizzati dall’associazione Reti culturali, che cerca di opporvisi con l’invito a cambiare lo sguardo, l’approccio, il modo di considerare la realtà, assumendo un punto di vista rispettoso delle donne.
Di spazio e di uomini e donne nello spazio parlano due articoli di questo numero, anche se con sguardi molto diversi tra loro: L’ultimo numero del 2021 di Limes – Lo spazio serve a farci la guerra, che tratta di geopolitica dello spazio e del sovraffollamento dei detriti e dei satelliti e Yoga e vimana: uomini e donne nello spazio che descrive vari tipi di vimana, oggetti o carri volanti di diverse forme e dimensioni, capaci di volare nell’aria, nello spazio e nell’acqua.
Il libro che recensiamo è Accordi strani. Intrecci tra letteratura e musica, di Caterina Valchera, che l’autrice di La musica delle parole individua nella produzione di alcuni romanzieri del Novecento, per cui la musica è una sorta di amore non esaudito, di nostalgia, «di cui imitano e riproducono le sonorità nella scrittura e di cui si “vendicano”, facendone il medium di sentimenti negativi».
La mostra Toccare la bellezza. Maria Montessori Bruno Munari, attraverso l’esperienza manuale, unisce visitatori e visitatrici di ogni età nella scoperta o ri-scoperta di tutti gli oggetti esposti: libri, strumenti, opere a parete.
Si può imparare la Costituzione in modo creativo e divertente attraverso lo studio di figure femminili che hanno cercato di mettere in pratica nella loro vita quotidiana i principi e i diritti in essa contenuti. Vie enigmistiche. Educazione civica in ottica di genere racconta il percorso dell’Istituto comprensivo Santa Caterina di Cagliari, premiato all’VIII edizione del concorso Sulle vie della parità, indetto dall’associazione Toponomastica femminile.
Non può mancare in questo numero l’appuntamento con Il gennaio di Toponomastica femminile, con tutte le iniziative realizzate dalla nostra associazione, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia.
Chiudiamo come sempre con una ricetta semplice, ma originalissima e gustosa: Chips. Si, ma con le bucce!
***
Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.